Madrid è parte essenziale della biografia di Pedro Almodóvar e della sua traiettoria creativa. Fu la capitale spagnola negli anni 70’ e ‘80 – gli anni della lunga e incontenibile euforia per l’uscita dagli anni poveri, grigi e oscuri del franchismo che sfociò nella leggendaria movida madrileña – a ispirarlo e a fornirgli il contesto culturale ideale per sviluppare il suo inconfondibile stile registico e narrativo. Proprio al legame viscerale tra la città e l’artista è dedicata la mostra Madrid, chica Almodóvar, – in corso fino al prossimo 20 ottobre al Centro Cultural Conde Duque – che analizza l’evoluzione di Madrid e della società attraverso il cinema di Almodóvar, e viceversa, grazie al dialogo costante tra la capitale e il regista.
La mostra Madrid, chica Almodóvar
Nei suoi film, l’autore spagnolo non ha catturato solo centinaia di scene della città, ma anche la sua anima, traendo ispirazione dalle persone e dalle storie che lì ha incontrato e vissuto. Fin da Pepi, Luci, Bom e altre ragazze del gruppo, del 1980, fino al recente vincitore del Leone d’oro 2024, The room next door, Madrid è sempre presente, a volte come protagonista, altre come presenza immanente, a volte come semplice anelito o ricordo. La mostra presenta, tra le altre opere, più di duecento fotografie tratte dai film di Almodóvar. Immagini iconiche ed evocative, attraverso le quali è possibile esplorare vari luoghi e monumenti della città con gli occhi del regista manchego, ritrovandosi immersi nelle ambientazioni e le location più iconiche di Madrid nei 23 film del regista. Un viaggio nell’immaginario, ma anche nella vita di Almódovar. Un’esperienza umana straordinaria che merita di essere raccontata.
Le origini
Pedro Almodóvar Caballero è nato il 25 settembre 1949, a Calzada de Calatrava, una piccola città nella provincia di Ciudad Real, nel centro della Penisola Iberica, un arido e bigotto ambiente rurale della Spagna franchista. Un contesto che avrebbe segnato il suo immaginario cinematografico in molti modi. La sua famiglia era umile, e il regista ha spesso raccontato di come sua madre, Francisca Caballero, sia una fonte d’ispirazione per molti dei personaggi femminili presenti nei suoi film. All’età di otto anni, la famiglia si trasferì a Cáceres, in Estremadura, dove Pedro frequentò una scuola cattolica. L’educazione religiosa che ricevette fu soffocante, alimentando il suo desiderio di ribellione e di esplorare temi come la sessualità, la libertà e l’emancipazione femminile, che sarebbero diventati centrali nella sua filmografia.
La storia d’amore con Madrid
Nel 1967, il giovane Pedro si trasferisce a Madrid, ancora in piena era franchista, con l’intenzione di studiare cinema. Tuttavia, il dittatore Franco aveva chiuso la Scuola Nazionale di Cinema, così Pedro si adattò, trovando lavoro in una compagnia telefonica. Il pur esiguo stipendio gli permise di acquistare una cinepresa Super-8 e per girare cortometraggi in autonomia. Questa fase rappresentò un punto di svolta: il regista sviluppò il suo stile e la sua voce artistica, ispirato dal cinema sperimentale, dall’underground e dall’effervescenza culturale della movida madrileña, una rinascita culturale che emerse potentemente alla fine della dittatura, nel 1976.
Gli esordi cinematografici
Dopo aver sperimentato con cortometraggi autoprodotti negli anni ’70, Almodóvar riuscì a realizzare il suo primo lungometraggio, il già citato Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio, nel 1980. Il film è un esempio puro della trasgressiva energia della movida madrileña, una commedia punk irriverente che esplora il femminismo, la sessualità e l’amicizia. Anche se il film non ebbe grande successo commerciale, riuscì a catturare l’attenzione della critica e di un pubblico alternativo, gettando le basi per quello che sarebbe diventato lo stile Almodóvar.
I favolosi anni Ottanta
Negli anni ’80, Pedro Almodóvar continuò a realizzare film che esploravano la vita urbana spagnola post-franchista con un occhio all’eccesso, al dramma e alla commedia. Film come Labirinto di passioni (1982) e Che ho fatto io per meritare questo? (1984) iniziarono a costruire la sua reputazione di autore singolare e ribelle. Ma fu con La legge del desiderio (1987) che ottenne il suo primo grande successo internazionale. Il film racconta una storia di amore omosessuale e desiderio distruttivo, e fu uno dei primi film spagnoli a trattare apertamente temi LGBTQ+, un argomento che sarebbe stato centrale in molte delle sue opere successive.
Il successo internazionale
Il vero punto di svolta nella carriera di Almodóvar arrivò nel 1988 con Donne sull’orlo di una crisi di nervi, una commedia brillante con un grande cast che mescola toni farseschi con temi di abbandono e follia amorosa. Il film fu un grande successo commerciale e di critica, ottenendo una nomination all’Oscar per il miglior film straniero e consacrando Almodóvar come figura di spicco nel cinema internazionale. Negli anni ’90, continuò a produrre film di successo, spingendosi sempre oltre nell’esplorazione dei rapporti umani, della sessualità e delle dinamiche di potere. Film come Tacchi a spillo (1991), Il fiore del mio segreto (1995), e Carne tremula (1997) sono le prove generali per l’ingresso di Pedro nell’olimpo del cinema.Una consacrazione che arriva nel 1999, con uno dei capolavori di Almodóvar: Tutto su mia madre. Il film, che racconta la storia di una madre in lutto e le sue relazioni con un gruppo eterogeneo di personaggi, vince finalmente l’Oscar per il miglior film straniero suffragando definitivamente Almodóvar come una delle voci più potenti e sensibili del cinema mondiale.
Almodóvar oggi
Pedro Almodóvar continua a evolversi come artista e narratore, esplorando sempre nuovi territori emotivi e sociali. Nel 2002, esce Parla con lei, probabilmente uno dei suoi film più commoventi e originali, una meditazione sulla solitudine, la comunicazione e la moralità che vince l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale. Seguì La mala educación (2004), un film semi-autobiografico che esplora temi di abuso, religione e identità sessuale, e Volver (2006), una celebrazione della forza femminile che riunì Almodóvar con una delle sue muse, Penélope Cruz, che guadagna una nomination agli Oscar per l’interpretazione.Negli ultimi anni, Pedro Almodóvar ha continuato a creare film che esplorano la società, il desiderio, il trauma e l’identità con profondità e complessità ma anche con ironia. La pelle che abito (2011) segna un ritorno al genere del thriller, con un tono oscuro e inquietante, mentre Julieta (2016) è un dramma intimo che affronta il rimorso e la perdita. Dolor y gloria (2019), un’opera profondamente personale, è stata considerata il suo testamento cinematografico, con Antonio Banderas che interpreta un alter ego dello stesso Almodóvar. Fino ad arrivare a Madres Paralelas, di nuovo con la Cruz.
The room Next Door
L’ultima opera in ordine di tempo racconta una storia di amicizia, malattia, rancori e fine vita. Girato tra New York, il New England e, ovviamente, Madrid, il film è stato santificato dall’incredibile performance interpretativa di Tilda Swift e Julianne Moore, protagoniste eccelse della narrazione potente e toccante del regista spagnolo. Una combinazione che è valsa il meritatissimo Leone d’oro 2024 come miglior film in concorso.