Nel vocabolario della moda contemporanea, pochi accessori raccontano lo spirito del tempo come il cappello in estate. Dopo anni, relegato a ruolo di comparsa, torna a imporsi come oggetto di culto, simbolo di stile, capace di definire un look prima ancora degli abiti. I cappelli non sono più scudi anti-UV: sono dichiarazioni estetiche, status symbol rilassati, elementi che mescolano ironia e savoir-faire. Dalle passerelle all’urbanwear, il messaggio è chiaro: il nuovo lusso si indossa in testa.

MSGM in spugna
I nuovi codici del cappello
Dimentichiamo l’idea del cappello come semplice vezzo balneare. Oggi l’headwear diventa protagonista del guardaroba estivo, come dimostra Jacquemus, Dior, Chanel, Loewe, Etro e Max Mara. I volumi si moltiplicano, i materiali si sperimentano: cotone cerato, organza, rafia modellata, spugna bouclé. Il cappello si allunga, si allarga, si arriccia, assumendo forme teatrali o minimaliste, ma sempre capaci di attrarre l’attenzione. La testa è di nuovo luogo dove si gioca, si crea, si racconta qualcosa.
Tre modelli, un’estetica: panama, bucket e floppy
A dominare la scena sono tre protagonisti: il panama couture, il bucket hat materico e il floppy hat da barca. Il panama, pur restando fedele alle sue radici sudamericane, viene reinventato con tagli geometrici, oversize, intrecci a mano e dettagli preziosi. Borsalino, Maison Michel, Sensi Studio e l’italiana Grevi firmano versioni che parlano di heritage e innovazione.

Grevi modello Audrey
Il bucket hat, dopo un decennio streetwear, trova nuova linfa in materiali inaspettati: spugna effetto spa, crochet, velluto di lino, seta lucida. Le proposte di Fendi, Miu Miu, Ganni, Paloma Wool e Coperni lo trasformano in oggetto del desiderio da fashion editorial.
Il floppy, infine, cambia geografia. Sbarca in città con modelli destrutturati in paglia giapponese, organza plissé, cotone tecnico. Le versioni firmate Acne Studios, Jil Sander, Totême e Issey Miyake giocano con l’equilibrio tra protezione e scena.
Icone passate, muse presenti: come si costruisce un’icona
Se nel passato i cappelli erano tratto distintivo di Brigitte Bardot a Saint-Tropez, di Audrey Hepburn in “Breakfast at Tiffany’s” o di Maria Callas in crociera, oggi sono le muse digitali a ridisegnarne l’immaginario. Dua Lipa li colleziona, Jeanne Damas li indossa con disinvoltura da matinée parigino, Kendall Jenner li sdrammatizza con tailoring nude. E poi ci sono Camille Rowe, Alix Earle, Chiara Ferragni: ognuna con il proprio “hat moment”, amplificato sui social fino a diventare microtrend.
La nuova mappa Made in Italy
Dietro al boom, l’artigianato italiano resta un punto fermo. Lavorazioni lente, materiali nobili, visione contemporanea: marchi come SuperDuper Hats, Panizza 1879, Grevi, Reinhard Plank, Doria 1905 traducono il cappello in oggetto da collezione. Si lavora la paglia fiorentina con torchi ottocenteschi, si modella la rafia siciliana come tessuto couture, si sperimenta con fibre vegetali e tessuti rigenerati. Il risultato è un cappello che parla una lingua universale, ma conserva il cuore delle botteghe.
Un’estetica da indossare e da condividere
I cappelli dell’estate sono visivi, fotografabili, portatori sani di stile nei feed Instagram o nelle ricerche Pinterest; accessori che raccontano chi li indossa, spesso prima che la persona parli.

Bottega Veneta Bucket Hat in pelle
Una testa ampia su un abito sottile racconta una femminilità retro; un bucket in spugna color lavanda trasmette ironia e leggerezza; un panama nero con banda tono su tono grida silenziosamente eleganza. In un’epoca in cui la personalizzazione è tutto, il cappello si fa manifesto personale.

Elie Saab bucket safari
Testa alta, sguardo avanti: il cappello manifesto di stile
Coprirsi per farsi notare: questo il cortocircuito estetico su cui si fonda il ritorno del cappello. In un’estate dominata dal visibile, l’atto di incorniciare il volto diventa scelta sofisticata, quasi sovversiva. Che si scelga un modello couture, da mercato artigianale o un pezzo vintage d’archivio, l’importante è che dica qualcosa. E oggi, più che mai, un cappello ben scelto vale quanto un manifesto di stile.