C’è qualcosa di ipnotico nella ciclicità del ritorno delle tendenze, come se la moda fosse un uroboro avvolto da un’aura nostalgica il boho-chic, nato dall’aspirazione alla libertà e dal rifiuto delle convenzioni, torna a sedurci, evocando immagini di spiriti ribelli e un’estetica che vuole sembrare casuale e disinvolta. È un ciclo di tendenze che sembrano morire con il solo scopo di rinascere, reinterpretate e mai davvero dimenticate. Così, quell’etereo connubio di spensieratezza e ricercatezza, che promette ribellione e libertà, si ripresenta sulle passerelle più iconiche, dopo essersi fatto manifesto visivo della cultura hippie degli anni ’70 ed aver segnato gli anni Duemila. Oggi, dopo quasi due decenni, quello stesso spirito si riaffaccia con forza, riportato in auge dalla nuova collezione di Chemena Kamali per Chloé, una vera ode al passato glorioso del marchio.
I capi evocano un ritorno ad una semplicità quasi artigianale: frange, tessuti leggeri e una palette di colori terrosi riportano alla mente un’immagine di evasione e atarassia. La sfilata esprime un potente flashback, riportando gli appassionati all’epoca in cui il boho-chic prendeva forma, definendo una generazione. Correva l’anno 2004 quando Sienna Miller passeggiava con disinvoltura in un abito bianco a balze, lasciando indelebili impronte con i suoi stivali slouchy sul suolo delle strade di Notting Hill. Contemporaneamente un’iconica Kate Moss, tra il fango e la musica assordante del festival di Glastonbury, lanciava nell’olimpo della moda il boho-chic, sfoggiando un gilet sdrucito, shorts e una cintura borchiata vintage. Indipendenti e anticonformisti, i look che univano audacia e raffinatezza stavano tracciando un’identità stilistica immortale.
Cosa rende il boho-chic così irresistibile ed affascinante oggi?
Il suo richiamo ineludibile deriva dai simbolismi evocativi, che risvegliano nei consumatori sensazioni distanti dalla contemporaneità. Il ritorno del boho-chic non è solo una riscoperta nostalgica del. passato, ma una reazione ad una modernità che brama ardentemente attimi di autenticità e connessione con il mondo naturale. Con la sua celebrazione della lentezza e dei materiali naturali, si erge come antidoto ad un mondo dominato dalla rapidità e dalla digitalizzazione.
Le vibes sprigionate dal boho-chic rappresentano uno stato d’animo, un aspetto che evoca indipendenza, spontaneità e un’apparente noncuranza. Ma questa noncuranza è tutt’altro che ingenua ed effortless: il boho-chic è intimamente radicato nel lusso. Oggi, marchi storici e nuovi arrivati riprendono il boho-chic con interpretazioni che riflettono una crescente esigenza di connessione con la natura e di pausa dalla frenesia tecnologica. Isabel Marant fa della reinterpretazione il carattere distintivo del suo brand; una combinazione di gonne e vestiti a balze dai tessuti leggeri, esaltata da bluse destrutturate con maniche e spalle in primo piano. I suoi maglioni lavorati, comodi e avvolgenti, si affiancano a pantaloni a vita alta, spesso in pelle, creando un contrasto tra volumi oversize e forme attillate.
Marant celebra una fluidità sofisticata che trasmette emancipazione ed originalità,
offrendo un rifugio visivo dalla rigidità del quotidiano. Nel panorama della moda odierna, il boho-chic si distacca chiaramente da alcune tendenze prevalenti. Roberto Cavalli, con le sue stampe selvagge e i dettagli esotici, rompe con la freddezza e l’omogeneità del minimalismo e del “quiet luxury”, che hanno dominato le passerelle degli ultimi anni. Cavalli riporta la moda ad una esuberanza sensoriale, celebrando l’individualità e il lusso attraverso capi audaci che si allontanano dalla sobrietà e dall’asetticità delle tendenze più recenti. Dior, sotto la direzione di Maria Grazia Chiuri, si sottrae al minimalismo e all’ascetismo che caratterizzano molti dei recenti trend di moda. Chiuri utilizza tessuti ricercati e dettagli sofisticati per esplorare una femminilità più strutturata e meno standardizzata, reinventando il boho-chic con un tocco di eleganza opulenta. I suoi capi raccontano eloquentemente storie femminili di autodeterminazione, straripanti di personalità ed espressione individuale.
Tuttavia, il boho-chic, pur incarnando uno spirito diametralmente opposto alla superficialità
del fast fashion, è tra gli stili più brutalmente cannibalizzati da questa industria. La stessa estetica che ci invita a riscoprire la bellezza del tempo e della manualità è stata velocemente ridotta ad un’imitazione superficiale, a capi di una stagione, o peggio, una giornata di Coachella e via. Zara, H&M e Shein hanno “democratizzato” il boho-chic con costi sociali ed ambientali tutt’altro che democratici, riducendo l’estetica che un tempo rappresentava la fuga dagli schemi a semplici prodotti in serie, fabbricati in condizioni di sfruttamento. Nel contesto attuale, il boho-chic è la concretizzazione di un paradosso: uno stile che rappresenta un ritorno alla libertà, alla sostenibilità e all’incontaminazione ma che, nel suo passaggio dalla nicchia al mainstream, si è fatto emblema di una società consumistica e frivola.
Il ritorno di questa tendenza non è altro che un tentativo di rivivere il fascino delle origini,
ora ammantato di controversie e contraddizioni. L’idea di riscoprire un’epoca più essenziale e pura è stata compromessa dalla sua commercializzazione sfrenata e dallo sfruttamento, lasciandoci con un revival che è tanto seducente quanto vuoto ed inconsistente. In un mondo dominato dal fast fashion, la nostalgia per l’artigianalità ed il rispetto per l’inesorabile scorrere del tempo è stata ridotta ad un’illusione venduta a caro prezzo, o addirittura ad un prezzo stracciato che nasconde il costo reale pagato da chi lavora dietro le quinte. Forse, questa volta, dovremmo guardare al boho-chic con occhi più critici per riconquistare l’autenticità senza cadere nella trappola del fast fashion, sarà imperativo rivolgersi al vintage: cacciare capi pre-loved anni Settanta e Duemila, mixare jeans sfrangiati con borse a bisaccia e chiffon decorato. Abbracciare il second hand è il vero atto di ribellione contro la superficialità della moda usa e getta.