Nel cuore di Roma, la sfilata Dior Cruise 2026 ha preso vita come un sogno rarefatto, incastonato nella sontuosità di Villa Albani Torlonia. In un’epoca in cui la moda corre dietro al rumore, Maria Grazia Chiuri ha scelto il silenzio nobile dell’arte e della memoria per costruire una narrazione visiva di struggente eleganza. Il risultato? Una collezione che è molto più di un esercizio di stile: è un’evocazione teatrale della bellezza classica, dell’heritage italiano e della forza creativa femminile.

Immagini dal film di Garrone: I Fantasmi della Moda
Un “bal blanc” tra memoria e immaginazione
Una sfilata che si è nutrita della figura ispiratrice di Mimi Pecci Blunt, nobile romana e mecenate, che nel Novecento animò salotti e balli a tema, tra cui il celebre “Bal Blanc”, dove gli ospiti indossavano solo bianco. Chiuri, con la sua consueta sensibilità filologica, non ha semplicemente citato un nome, ma ha riattivato un immaginario. Villa Albani diventa così uno spazio teatrale sospeso tra passato e presente, dove la moda ha dialogato con il marmo, la pittura, le colonne, le muse. Il dress code chiaro: bianco per le donne, nero per gli uomini. Un codice binario che rafforza la dicotomia visiva tra il giorno e la notte, la luce e l’ombra, la forma e la sua assenza.
La collezione: un’alchimia di storie, silhouette e simboli
Maria Grazia Chiuri orchestra una collezione in cui il bianco non è mai semplice né neutrale. Ogni abito è pensato come un frammento narrativo, una riflessione sul corpo, sulla storia, sull’identità. Il bianco, in tutte le sue declinazioni – ottico, crema, avorio, ghiaccio -, interrotto soltanto dal rosso e dal nero, diventa materia e linguaggio. Dall’organza più trasparente al lino grezzo, dalla seta goffrata al cotone ricamato, i tessuti raccontano l’arte del dettaglio, della stratificazione, del gesto sartoriale.
Sfilano cappotti strutturati con rever scultorei, tuniche drappeggiate ispirate al classicismo romano, corsetti rigidi indossati su gonne vaporose che sembrano fluttuare. Il tailoring si fonde con l’etereo, il gotico incontra l’antico. C’è qualcosa di mistico e moderno insieme in questi look, come se ogni uscita fosse una visione che unisce passato e futuro.
Alcuni riferimenti sono espliciti: gli abiti in broccato e velluto con tagli ecclesiastici sembrano eco di cardinali romani; le cinture in cuoio a evidenziare la vita ricordano le corazze delle vestali. Altrove, la moda diventa scultura morbida: i volumi si aprono come fiori, le pieghe cadono come colonne corinzie. Le maschere barocche indossate da alcune modelle, e gli accessori silver lucenti, evocano un immaginario tra teatro e sogno, dove la bellezza è rituale, ma mai didascalica.
Connessioni e contaminazioni: l’anima ibrida della Cruise
La collezione che Maria Grazia Chiuri presenta, quasi in coincidenza con il compimento dei nove anni alla direzione creativa della linea prêt-à-porter femminile e dell’haute couture della maison, è profondamente significativa. Non solo per la sua carica estetica, ma per ciò che rappresenta: una riconnessione personale con le sue radici italiane, mostrata attraverso il linguaggio stilistico di una maison che è cuore pulsante dell’eleganza parigina.
La parola chiave, è connessione. E proprio dalle molteplici connessioni — culturali, emotive, storiche — che emergono leggerezza e armonia. Perché la Cruise non ha una categoria netta: non è prêt-à-porter né haute couture, ma qualcosa che fonde entrambi, ibrido e sperimentale: una sinfonia tra l’artigianato e l’innovazione. Chiuri racconta nel backstage di come ami dare alle persone che lavorano con lei la stessa possibilità che ha avuto lei di imparare e sperimentare. Lo fa grazie a collaborazioni con eccellenze italiane come la sartoria Tirelli, l’artista Pietro Ruffo e il regista Matteo Garrone. Quest’ultimo ha firmato I Fantasmi della Moda, cortometraggio proiettato come parte integrante della scenografia della sfilata. Un racconto visivo che amplifica il messaggio onirico e teatrale dell’evento.
Il riferimento a Mimì Pecci-Blunt non è solo dedica formale, ma un atto di recupero culturale. La mecenate romana, tornata in Italia dopo l’esilio statunitense causato dalle leggi razziali, aveva animato la scena artistica romana aprendo la Galleria e il Teatro della Cometa — quest’ultimo oggi restaurato e riaperto dalla stessa Chiuri e dalla sua famiglia, in un progetto privato a sostegno della cultura.
Una sfilata che diviene installazione
A sublimare ulteriormente il racconto, la presenza del cortometraggio di Matteo Garrone, ambientato in un cinema abbandonato popolato da presenze femminili spettrali, rafforza la dimensione sospesa della collezione: un’installazione vivente, più che una classica sfilata. Il front row — Natalie Portman e Rosamund Pike a Beatrice Borromeo, fino alla nuova generazione di muse Dior — partecipa come parte integrante della visione. Ogni ospite, un tassello nel mosaico narrativo di una serata che ha sfumato i confini tra realtà e finzione.

Beatrice Borromeo
Tra Roma e Parigi
In un’epoca in cui tutto tende alla spettacolarizzazione fine a sé stessa, Maria Grazia Chiuri continua a difendere un approccio intellettuale, femminista e filologico alla moda. Sceglie Roma, la sua città, per costruire uno degli eventi più emozionanti e intensi dell’intera stagione, riconfermando il valore del radicamento come leva per l’innovazione.