Sempre più spesso incendi, terremoti, alluvioni e tempeste mettono a dura prova l’integrità degli edifici urbani, rendendo via via concreta la necessità di costruire case che possano garantire sicurezza a chi vi risiede. In un presente caratterizzato da cambiamenti climatici improvvisi e catastrofi naturali sempre più frequenti, l’architettura resiliente assume un ruolo centrale nel rivalutare il rapporto dell’essere umano con gli spazi abitativi. Concepita per resistere e adattarsi ad eventi estremi, questo tipo di soluzione progettuale nasce come risposta alle sfide del nostro tempo, creando un ponte verso un futuro all’avanguardia e, soprattutto, più sostenibile.
Che cosa si intende per “architettura resiliente”?
Il termine “resilienza” trova la sua origine in diversi ambiti e/o discipline: in psicologia, ad esempio, sta ad indicare la capacità di saper rispondere in modo adattivo a difficoltà, rotture o traumi, tornando ad uno stato di equilibrio mentale; in biologia, un organismo si definisce resiliente quando è in grado di recuperare la forma iniziale dopo un urto; e ancora, in ambito ecologico definisce l’abilità di un ecosistema a resistere o ad adattarsi a particolari perturbazioni, senza subire danni permanenti. Di recente, questa parola ha fatto la sua apparizione anche nel campo urbano e architettonico, traducendosi nella progettazione di edifici che garantiscono efficienza energetica e sostenibilità.
Non stiamo parlando solo del bisogno di trovare una risposta ai repentini shock climatici, ma di ridurre l’impatto ambientale attraverso la costruzione di architetture capaci di amalgamarsi con il contesto circostante, diventando quasi un tutt’uno con esso. Si tratta di un approccio volto a preservare la sicurezza dell’essere umano e a ridurre i danni al nostro pianeta, creando un legame più solido tra uomo e natura. Così facendo, gli ambienti diventano più ospitali, favorendo il benessere psico-fisico di chi li vive, e le metropoli meno sensibili alle calamità naturali.
Un modello di sostenibilità e innovazione
Alla base della costruzione di edifici resilienti ci sono vari principi cardine. Prima di tutto, la scelta dei materiali è fondamentale per una buona resa. Come si suol dire: “prevenire è meglio che curare” e l’architettura resiliente, oltre a saperlo, lo mette in pratica. L’impiego di materiali locali, elastici, leggeri ma resistenti permette di risolvere il problema alla radice, riducendo i danni e facilitando le riparazioni. Inoltre, il legno e la pietra conferiscono una maggiore capacità di integrazione con l’ambiente naturale.
Altro elemento imprescindibile di questo rimedio progettuale è l’adozione di soluzioni bioclimatiche che riducono il consumo energetico e ottimizzano il comfort termico, sfruttando le qualità naturali del luogo. Per dire NO alla dipendenza dai sistemi meccanici di climatizzazione bisogna attuare diverse strategie: orientare correttamente l’edificio, prediligere un sistema di ventilazione naturale e utilizzare schermature solari. Non mancano infrastrutture verdi che favoriscono la gestione dell’acqua piovana, migliorano la qualità dell’aria e assorbono le onde di calore. Tetti, pareti vegetali, giardini pensili e aree naturali donano un tocco di familiarità e bellezza estetica alla struttura, oltre ad integrarla con la natura circostante.
Esempi nel mondo da togliere il fiato
Insieme alla praticità e alla sostenibilità, questa tipologia edilizia costituisce un autentico capolavoro di architettura moderna. Uno degli esempi più sorprendenti di progettazione resiliente arriva direttamente dagli Stati Uniti e prende il nome di Babcock Ranch, l’unica città ad essere rimasta integra a seguito dell’uragano Ian del 2022. Sì, avete capito bene, si tratta di un’intera metropoli a prova di calamità naturali ed energicamente autonoma, poiché alimentata esclusivamente dall’energia solare.
Tornando in Italia, Core House è il progetto di una casa resiliente presentato dalla squadra del Politecnico di Torino al concorso internazionale Resilient Homes Design Challenge. Questo meraviglioso edificio ha un punto di forza: la sua imbattibile indole di resistere alle inondazioni grazie all’adozione di un valido sistema di galleggianti. Attraverso la lavorazione e l’utilizzo del bambù è nata una casa non solo esteticamente piacevole e perfettamente integrata con l’ambiente naturale, ma in grado di sopravvivere anche ai fenomeni meteorologici più estremi.
Ma l’esempio più sbalorditivo di architettura resiliente è a Seoul, in Corea del Sud, ed è stato pensato e reso tangibile da Vincent Callebaut. Manta Ray è il nome della foresta urbana galleggiante sul fiume Han, chiamata così per la sua forma singolare che ricorda una razza manta enorme fluttuante. I sistemi di irrigazione naturale sono il focus di questa imponente struttura, che somiglia ad una foresta urbana colma di vegetazione rigogliosa e biodiversità.
Un futuro possibile
Sebbene questo nuovo espediente progettuale sia ancora poco diffuso, il volto delle città è in fase di cambiamento. Le nuove generazioni di architetti, ingegneri e urbanisti sono già al lavoro per studiare e dare vita a soluzioni abitative più innovative, in grado di tutelare i cittadini anche nelle situazioni più ardue. Il futuro è fatto di architetture intelligenti e in armonia con la natura, che possano garantire sostenibilità e sicurezza senza rinunciare alla qualità della vita, nella speranza che l’essere umano e la natura trovino un’unione ed un equilibrio duraturi.