Il prêt-à-porter Autunno Inverno 2024 2025 proposto alla sfilata Schiaparelli inizia nella maniera più reale e contemporanea. Il brand fa sfilare quella che Daniel Roseberry definisce “la sorella della couture”, la collezione ready to wear. Un guardaroba ricco di varianti di blazer, pantaloni, completi spezzati e abiti da sera di grande effetto. Capi in cui sia le iconografie amate dalla fondatrice sia i simboli cari a Roseberry fanno la loro comparsa.
Minigonne in pelle o in velluto, accostate a giacche quadrettate o cappotti talmente strutturati in grado di vestire. Poi, sul finale, sfilano le proposte più idonee alla sera: abiti lineari ma per nulla ordinari, corti o lunghi, ciascuno con la sua personalità tra pepli, fattore glitter, spacchi, pelle nuda sotto al blazer e giochi di yin e yang.
Che cos’è l’Esprit de Schiap?
Un guardaroba che accontenta ogni gusto femminile, da chi ama sentirsi più confortevole quanto da chi predilige l’inaspettato. Ogni capo non perde lo yin e yang del brand dove le iconografie amate dalla fondatrice, dal metro al buco della serratura, abbracciano accessori cari a Roseberry, come frange, fibbie e jeans. Appaiono senza mai scomparire, e definiscono lo spirito Schiaparelli in ogni singolo dettaglio.
L’accessorio anche sul look più comfy
Posto d’onore, nella collezione, agli accessori, dove l’Esprit de Schiap si manifesta con forza. Dettagli dorati, bottoni che escono dagli abiti, cravatte simili a capelli a treccia, nuovi stivali da cowboy e gli occhiali, definiscono la collezione con veri e propri pezzi vintage ben riconducibili alla Maison. Clutch e borsette a mano, bijoux scultorei e decisamente statement ornano i polsi, mani e colli e vestono di un tocco “psico-chic”.
Il desiderio del Direttore Creativo?
I dettagli devono sollevare la fatidica domanda: «scusi… dove l’ha acquistato?» Se invece la collezione – forse la meno teatrale e costumistica fatta ad oggi dal creativo texano – potrà essere etichettata come “future vintage”, come si chiede uno speranzoso Roseberry nella nota stampa, è tutto da vedere ma di fatto c’è che la conversione riduzionista ha prodotto il prêt-à-porter più riuscito del suo mandato.