Napoli, con il suo spirito ribelle e la sua storia millenaria, ospiterà fino al prossimo 16 febbraio una delle esposizioni più affascinanti e prestigiose degli ultimi anni: “Andy Warhol. Triple Elvis”. Non è semplicemente un’esposizione, ma un’occasione, un viaggio imperdibile nel cuore pulsante della cultura Pop che ha caratterizzato l’America del secolo scorso. La mostra, curata da Luca Massimo Barbero, si presenta come un dossier, una ricerca dell’anima artistica di Warhol a partire da una delle sue opere più iconiche: il celeberrimo “Triple Elvis” del 1963. Andy Warhol è un’artista artista poliedrico, il principe indiscusso della Pop Art: nacque nel 1928 in una famiglia di immigrati cecoslovacchi, e la sua infanzia è stata segnata da difficoltà economiche e della perdita prematura del padre.
Evento, quest’ultimo, che lo avrebbe fortemente segnato, con il tema della morte che è il più ricorrente nella sua arte
Nonostante tali indigenze, la determinazione di Warhol lo portò a proseguire gli studi artistici e a emergere come una delle figure più influenti dell’arte contemporanea. Negli anni Sessanta, Warhol intraprende quel periodo di formazione e sperimentazione artistica che lo renderà unico e inimitabile. Sperimenta sulla ripetizione dell’immagine producendo immagini in serie che ritraggono oggetti e volti di personaggi famosi, simbolo della sua epoca.
Un viaggio tra icone e contrasti
La mostra si articola attraverso tre importanti cicli grafici legati tra loro, ognuno significativo a modo suo. Da un lato c’è la serie di 10 serigrafie di Electric Chairs in cui Wharol trasforma la sedia elettrica non solo in un’icona politica, ma anche in uno strumento di riflessione sulla natura umana e sulle sue sorti; dall’altro lato troviamo la serie, sempre di 10 serigrafie, dedicata a Mao Tse-Tung, realizzata nel 1972. Proseguendo, l’atmosfera si distende e si passa dal clima politico al pop hollywoodiano, giungendo infine al famoso Triple Elvis del 1963. Qui, Warhol utilizza tre figure di Elvis stampate su vernice argentata all’alluminio, che avvolgono lo spettatore conducendolo in un viaggio psichedelico.
La tela non viene tagliata, creando un gioco di riflessi simile a una galleria degli specchi, dove Elvis è rappresentato come una divinità scintillante. L’uso dell’argento, che richiama gli ornamenti religiosi bizantini, conferisce un’aura sacrale alla figura di Elvis, mentre la pistola che impugna ricorda le armi dei santi guerrieri. La mostra include anche la serie dedicata a Marylin Monroe, del 1967, dove Warhol ha usato diverse tonalità di colori a evocare la vivace personalità della diva, ma allo stesso tempo ne esaltano l’artificio e la sofferenza che si cela sovente dietro la fama.
Il tributo a Napoli: arte, colore e Vesuvio
A chiudere l’esposizione, due opere dedicate a Napoli: i Vesuvius della collezione di Intesa Sanpaolo, un omaggio alla città partenopea che Warhol considerava una versione italiana di New York. “Napoli, come New York, è una città che cade a pezzi, ma la gente è felice”, disse Warhol. Questa città vibrante e caotica lo affascinò, tanto da ispirarlo a realizzare opere che celebrano la sua energia travolgente. Il Vesuvio di Warhol è una rappresentazione Pop del vulcano in eruzione, dipinto con colori vivaci e audaci. Warhol, dopo vent’anni di sperimentazione con la serigrafia, riprende la pittura a mano, conferendo all’opera una spontaneità che riflette il carattere esplosivo del Vesuvio e, metaforicamente, della città stessa.
L’artista manipola l’immagine del vulcano con 18 versioni dai colori differenti,
evocando il momento taumaturgico l’eruzione in diverse fasi. Un mix di potenza naturale e intensità artistica che non lascia indifferenti. Questo tributo finale non solo sottolinea il legame di Warhol con Napoli, ma mette in evidenza due temi centrali nella sua opera: l’eredità della storia dell’arte e l’onnipotenza della morte. Il Vesuvio, simbolo ricorrente nell’arte di grandi maestri del passato come JMW Turner e Joseph Wright of Derby, diventa, nelle mani di Warhol, un emblema della modernità, un’opera che segna la trasformazione dell’arte stessa. E mentre il Vesuvio esplode sulla tela, risuona l’ossessione di Warhol per la morte e la sua rappresentazione, un tema che attraversa gran parte della sua produzione, dalle sedie elettriche alle immagini di disastri e suicidi. La mostra è un’occasione unica per scoprire l’arte di uno degli artisti più influenti del Novecento, in un dialogo perfetto con il cuore pulsante di Napoli.