Le prime avvisaglie c’erano state durante la fase più acuta della pandemia, ora la tendenza è sotto gli occhi di tutti, appassionati di musica e non: in Italia il rap old school è tornato. Le sonorità anni ’90, reinterpretate in chiave contemporanea, riempiono i palazzetti e fanno schizzare alle stelle i numeri di Spotify e delle altre piattaforme di streaming. L’ultimo esempio in ordine di tempo è il tour sold out dei Club Dogo, annunciato con tanto di partecipazione del sindaco di Milano Beppe Sala al trailer di presentazione della reunion del gruppo.
E mentre la trap, esplosa a metà anni ’10, continua ad essere il genere di riferimento dei ragazzi più giovani insieme alla variante drill, il pubblico over 25 decreta il successo rinnovato di artisti che hanno fatto la storia dell’hip hop nel Belpaese. Non solo, il recupero del boom bap sta influenzando sempre più le produzioni di molti brani pop pensati per una platea il più possibile ampia.
Game changers
L’input del ritorno alle origini è arrivato principalmente dalla scena milanese e in particolare da alcuni mostri sacri del rap, tra cui proprio i due mc dei Dogo, Jake la Furia e Guè. Il primo, nel settembre 2020, insieme ad Emis Killa, ha pubblicato “17” un disco dal sound marcatamente classico, che, dalla traccia d’apertura, “Broken language”, esterna una certa insofferenza nei confronti dell’immaginario trap dominante: “Tu sappi che qua non si trappa / Dò calci nella faccia con Nike da 7K / il finto G scappa“. Guè, con il disco “Madreperla”, uscito a gennaio 2023, ha deciso di andare fino in fondo regalando ai fan un progetto prodotto quasi interamente da Bassi Maestro, leggenda dell’underground, il quale da buon sarto dell’old school ha cucito un tappeto sonoro decisamente 90’s alle tracce.
Back to the roots
Gli scratch, una ritrovata attitudine non frivola nelle rime e la valorizzazione degli aspetti sociali del movimento hip hop caratterizzano diversi album degli ultimi anni, in opposizione alle tematiche esageratamente crude e alle basi minimali tipiche della wave trap. Ne sono esempi “House party” di Deda, ex producer Sangue Misto, “Brava gente” dell’accoppiata Ensi-Nerone ma anche la rinnovata popolarità mainstream di artisti attivi da tre decenni come i CorVeleno e i Sottotono, rientrati nel rap game nel 2021 con “Originali”, un lavoro che ripesca contenuti e flow direttamente dalla fine dello scorso millennio.
Il ruolo di Sanremo
Anche Sanremo, palcoscenico storicamente poco avvezzo alla valorizzazione del rap se non nella sua versione più smaccatamente pop, ha aperto le porte alle esibizioni di artisti che legano il proprio nome alla musica di strada. In questo senso Amadeus ha giocato un ruolo fondamentale, riuscendo negli anni a far digerire ad un pubblico decisamente generalista l’attitudine street di Achille Lauro, Dargen D’Amico (che nascono rapper), Geolier e persino di Luchè e Guè, seppur questi ultimi due in veste di ospiti nella serata cover di quest’anno. Persino gli Articoli 31 del poliedrico J-Ax hanno scelto l’Ariston per sancire la loro reunion – a dire il vero musicalmente poco rilevante – ma comunque sintomo di una ritrovata volontà dell’industria discografica di riproporre ciò che pochi decenni fa aveva scombussolato i gusti popolari in fatto di canzoni.
Inversione di tendenza
Ciò che si sta delineando in maniera chiara è il graduale ridimensionamento del fenomeno trap, che sembra aver già toccato il proprio punto più alto, in favore di una graduale riaffermazione dell’hip classico, seppur reinterpretato in chiave contemporanea. Del resto – lo sanno bene gli storici della musica – processi simili hanno interessato la maggior parte dei generi: una variante può esplodere e dominare il mercato per un lasso di tempo limitato, ma in seguito è quasi sempre inevitabile la riaffermazione del sound originale in versione riveduta e corretta.
È quindi comprensibile che il rap old school attuale risenta delle influenze sonore minimaliste e spesso scanzonate della trap, così come sta nell’ordine delle cose che sia già in rampa di lancio la nuova moda, la drill, che incontra il gusto degli ascoltatori giovani e giovanissimi. Il dato di fatto però resta: la vecchia scuola non ha mai smesso di esistere e di piacere, soprattutto a chi oggi ha oltre trent’anni. Ad avvalorare questa tesi è il pioniere di maggior successo della trap italiana, Sfera Ebbasta, che nel suo ultimo album, “X2VR”, fa sfoggio di virtuosismi al microfono tipici di quel rap a cui fino a pochi anni fa aveva rubato la scena.