Di belli e dannati è ricca la storia della musica e del cinema. Ma sfogliando le pagine della moda si incontra una delle donne più belle e maledette: il suo nome è Gia Carangi ed è nota per essere stata, nella New York degli anni ’80, la prima top model della storia. Un viso indimenticabile, occhi neri e profondi, velato da un’infelicità che neanche nell’essere desiderata da stilisti e fotografi di tutto il mondo ha trovato una via di salvezza.

storia gia carangi | Life&People MagazineCon i suoi capelli scuri, Gia si discostava dall’ideale di modella dalla chioma bionda in voga quegli anni. E fu proprio questa diversità, incarnata da una bellezza mediterranea dal sapore italiano – suo padre era, infatti, figlio di immigrati – ad attirare l’attenzione di molti addetti ai lavori.

Scoperta da un fotografo all’età di sedici anni

Primo fra tutti il fotografo Maurice Tannenbaum che, vedendola in un locale di Filadelfia, paese d’origine di Gia, ne rimane folgorato. Lei all’epoca ha appena sedici anni, ascolta musica di David Bowie, ed è già maledettamente bella ma altrettanto ‘indomabile’. Sin da adolescente è vittima di una vita logorata da diverse droghe nelle quali si rifugia per sfuggire da un’infanzia difficile.

storia gia carangi | Life&People MagazineIl padre di Gia ha un negozio di panini e lei si annoia mentre trascorre le giornate a lavorare in quel luogo. Quando Tannenbaum mostra delle foto della giovane Carangi a Wilhelmina Cooper, fondatrice di un’importante agenzia di modelle, la buona sorte sembra girare a favore di questa ragazza infelice.

Una vita logorata dalla tossicodipendenza

In breve tempo, approdata a New York, scatta il suo primo servizio per Yves Saint Laurent e Calvin Klein e nel giro di due anni diventa la modella più ricercata del mondo. Versace, Armani, Dior fanno a gara per averla e questo la bella e dannata Gia lo sa bene. Nonostante ciò, non sembra apprezzare la fortuna che la vita le ha riservato e si lascia travolgere e consumare da un’esistenza sregolata.

storia gia carangi | Life&People MagazineVittima di una tossicodipendenza che rende difficile lavorare insieme a lei, la giovane Carangi non risponde alle telefonate, scappa dai set per procurarsi droga ed è totalmente inaffidabile. Suoi angeli custodi sono il fotografo Francesco Scavullo e la stessa Wilhelmina Cooper che per Gia è una seconda madre. Entrambi riescono a farla lavorare ottenendo successi sia in passerella che in copertina.

Francesco Scavullo la aiuta a trovare lavoro

Tuttavia, proprio quando le cose sembrano andare per il meglio la Cooper, a soli quarant’anni, muore per un tumore ai polmoni. L’indomita e già fragile top model non regge il colpo e, perdendo uno dei suoi principali punti di riferimento trova, ancora una volta, consolazione nell’eroina.

Life&People MagazineLe sue braccia sono talmente segnate dagli aghi delle siringhe che fanno scalpore quando posa in un servizio in costume da bagno ritratta da Richard Avedon. Gia ha appena ventidue anni e la sua carriera sembra quasi giungere al capolinea se non fosse per Scavullo. Mentore e amico della modella americana, riesce a procurarle un contratto con l’agenzia Elite Models.

Muore a causa del virus HIV

Ma, destinata ad essere una cometa, quell’inquieta ragazza, dopo un servizio per Versace nell’82, torna a martoriare le sue braccia facendosi licenziare una seconda volta. Appena ventitreenne, Gia pone così termine alla sua carriera di top model tornando a casa da sua madre a Filadelfia. Qui sembra aver preso la decisione di disintossicarsi dalle droghe ed inizia una nuova vita come commessa in un negozio di jeans e poi cassiera al supermercato.

Life&People MagazineSi tratta, però, di una breve parentesi di serenità. Improvvisamente, abbandonata la riabilitazione, fugge ad Atlantic City ancora alla ricerca di ciò che l’ha distrutta: la droga. Sarà il virus dell’Hiv, il 18 novembre 1986, a porre fine alla breve e tormentata vita di Gia Carangi. Bella, omosessuale, dannata, libera e indipendente. Un’adolescente che dalla vetta del successo è sprofondata nell’abisso di una crudele dipendenza.

Condividi sui social