“La capacità di mettersi nei panni dell’altro” è questa la descrizione di empatia più popolare tra le ricerche su Google; ma cosa c’entra con la moda? E perché, oggi più che mai, sentiamo il bisogno di rivisitare il nesso che unisce questi due mondi così interconnessi eppure così apparentemente opposti?
La moda a nudo: l’empatia come essenza del fenomeno fashion
Dietro le sculture sartoriali, dietro le rouche romantiche e le luci abbaglianti che dominano passerelle di tutto il globo, si cela un universo di percezioni sensoriali con cui la moda scuote l’anima e il corpo regalando esperienze irripetibili. Un paradosso, – se si vuole – perché il mondo del fashion si presenta spesso sotto false spoglie di superficialità e vuotezza, nascondendo il suo segreto più intimo dietro una maschera di effimera leggerezza. Una sensibilità raffinata muove oggi il nostro sguardo, spingendo a scavare nel profondo e ad arrivare al nucleo embrionale di questo mondo. Al di là delle copertine patinate e dei trucchi di Adobe, emerge un ingrediente essenziale, il nocciolo intorno al quale la moda riesce ad evocare i cinque sensi con forza esorbitante. Eccola lì, al centro di tutto, l’empatia.
Il fascino memorabile di Alexander McQueen
Ero appena arrivata a Londra dove a breve avrei iniziato un master in Fashion Journalism. Precisamente, era il mio secondo giorno in città, quando varcavo la soglia del V&A – il museo sinonimo di arte, design e performance della capitale britannica – per immergermi in quella che sarebbe stata l’esperienza sensoriale più toccante della mia vita. In mostra era lui, Alexander McQueen, con l’esibizione McQueen: Savage Beauty, e il mio cuore batteva forte. Brividi accarezzavano la mia pelle, accompagnandomi attraverso un tunnel in pietra nera e camere echeggianti di versi animali e suoni tropicali.
Di quell’esperienza non ricordo i 240 abiti firmati dal creativo più eclettico della storia. A dire il vero, non me ne viene in mente nemmeno uno. Impressa nella memoria è, invece, la sensazione di disperazione che ho provato di fronte alla proiezione di Rape, la sfilata del 1999, e quell’incedere brutale delle modelle dai capelli bagnati che si trascinavano in passerella, spaventate. Ancora rimembro quella stanza buia e l’apparizione divina di una Kate Moss fluttuante in ologramma, eterea immagine di una purezza sola, indifesa ed intoccabile. Mi avrebbe accompagnata per tutto il giorno, quel sentore di triste bellezza, ed è quello che ancora oggi lega la mia persona alle creazioni del brand sinonimo di moda mentale, scioccante e sovversiva.
Madre di emozioni contrastanti, la moda riesce a sfiorare le corde più sensibili del nostro essere dove l’empatia cattura le intenzioni dell’artista, ne comprende la storia e se ne appropria. È questa la magia che suggella l’unione tra fashion e follower, la scintilla che fa affezionare a questo mondo materico, caratterizzato di abiti sensazionali ed eventi strabilianti, sono le esperienze vissute attraverso gli occhi dell’artista nei quali possiamo ritrovarci.
Maison Margiela Artisanal by John Galliano
Le percezioni evocate dal genio di persone a noi estranee ci catapultano nel loro mondo attraverso creazioni nate da un’esigenza. Un esempio è John Galliano che, in occasione della collezione Primavera/Estate 2024, monopolizza internet con la sua sfilata Maison Margiela Artisanal. Un film-noir nato in complicità con il regista Baz Luhrmann, attraverso cui l’enfant terrible della moda dimostra come la couture “sa raccontare la vita di chi affascina coloro che poi la comprano”. Un furto di gioielli, un ladro che scappa lungo la Senna, spari, inseguimenti, malavita e tango: una storia di bad girls, è una storia di perdizione e di redenzione che entra nel vivo del nostro nostro immaginario e lo stravolge.
È questo il potere della moda: la capacità di farci dimenticare dove siamo, chi siamo e che cosa stiamo facendo. La possibilità di immergerci in una nuova galassia, di viaggiare su un pianeta alieno allestito da un artista che ne disegna la silhouette, ne definisce il colore e ne studia la texture. A noi non resta che l’abbandono, l’assorbimento delle intuizioni, la resa alle sensazioni e alle idee figlie di un’esperienza che fino a quel momento era estranea e che ora ci appartiene. Lo sconosciuto entra dentro con un’eleganza arrogante, affascinante e imperdonabilmente disarmante. E noi lo accogliamo.