“Il problema numero uno per gli italiani è la salvezza dell’industria nazionale: il Turismo” scriveva l”avveduto Jean-Paul Sartre nel 1951. Oggi, ai tempi dell’ overtourism, del cambiamento climatico, della crisi idrica ed energetica, del rinnovo delle concessioni balneari, delle mucillaggini il problema è diventato emergenza, da risolvere assolutamente in fretta alla luce dell’evoluzione dei tanti macroscenari collegati ai fenomeni turistici. In autunno poi, periodo di bilanci turistici, l’indice è sempre puntato sul sovraffollamento delle destinazioni, sulla coolcation e sull’eccessivo grado di esposizione mediatica o turistificazione di certe località, fenomeni che generano allarmismo nelle amministrazioni locali, malcontento nella popolazione residente e influenzano le tendenze di viaggio dei futuri viaggiatori.
Non è colpa del turismo di massa, ma del turismo della ressa
L’overtourism è associato alla perdita di vivibilità urbana, alla disgregazione del tessuto commerciale, all’incremento di inquinamento acustico e ambientale, al dispendio di consumi elettrici, all’ingestibilità dei rifiuti urbani prodotti, all’aumento degli affitti per i cittadini e alla mancanza di servizi basilari per i residenti: tutti fattori che hanno evidenziato come l’eccessiva presenza turistica, concentrata in determinati periodi dell’anno, possa compromettere l’equilibrio tra qualità della vita locale e successo dell’esperienza di viaggio.
“Il tema non sono i grandi numeri di persone che si muovono, piuttosto i grandi affollamenti, è il turismo della ressa non il turismo di massa a minacciare il futuro delle destinazioni. Il fatto che grandi numeri di persone vadano in vacanza è una grande conquista, occorre ricordarlo, ma la sfida è diluirli nel tempo e nello spazio così da non creare cortocircuito nell’accoglienza turistica di una città”.
In Italia, ad esempio, assistiamo a due fenomeni concomitanti:
Overtourism e città al collasso, borghi a rischio spopolamento e territori abbandonati
“La quantità ha preso il sopravvento sulla qualità se consideriamo che in Italia il 70% dei turisti si concentra nell’1% del territorio nazionale”. Esistono infatti tante piccole destinazioni, borghi dimenticati, scrigni di cultura che cercano di trovare la propria visibilità per emergere in maniera sostenibile. Sviluppare un progetto turistico nazionale che funziona, capace di veicolare flussi turistici verso destinazioni meno conosciute, nel rispetto del territorio e della comunità che lo abita, può essere una soluzione contro l’ultra-turismo che colpisce indistintamente capoluoghi regionali e capitali europee, piccoli borghi instagrammati e località balneari alla moda.
Diverse città in tutto il mondo hanno già adottato in maniera indipendente delle contromisure
per governare le presenze turistiche e bilanciare costi/benefici per la comunità locale: Venezia ha sperimentato il ticket d’ingresso da cinque euro, Barcellona ha annunciato la sospensione degli affitti brevi entro il 2029, Amsterdam ha negato l’ingresso alle navi da crociera dal 2035, Copenaghen ha indetto premi per i turisti che si distinguono per buone azioni a favore dell’ambiente, mentre Siviglia promette l’interruzione della fornitura idrica alle case vacanza non a norma. Il villaggio austriaco di Hallstatt, con poco più di 800 abitanti, è perfino arrivato a ridurre il numero di autobus in direzione del paese per disincentivare l’arrivo dei visitatori, che raggiunge ogni anno un milione di persone. Anche la splendida città costiera di Ragusa, in Croazia, in seguito alla popolarità ottenuta dalla serie TV Game of Thrones ha adottato dei piani di contenimento all’afflusso turistico a causa della sua difficile gestione.
Una soluzione: le cosiddette dupes destinations
Sono solo esperimenti volti in genere a responsabilizzare i turisti e a sensibilizzare l’opinione pubblica verso questo fenomeno che non è legato unicamente al numero di turisti in entrata e in uscita ma coinvolge aspetti più ampi che riguardano l’aumento dei costi, gli squilibri ambientali o la crisi abitativa delle aree interessate. In generale, bisognerebbe promuovere i viaggi fuori stagione, diversificare le attrazioni, coinvolgere i residenti in un progetto di esperienza di vacanza diffusa, puntare sul turismo lento e sostenibile. Il fenomeno del turismo di massa ha palesemente mostrato i suoi limiti e i viaggiatori, in risposta, hanno cominciato a preferire alle destinazioni turistiche più iconiche, quelle un tempo celebrate per la loro esclusività e fascino, le dupes destinations, ovvero le “destinazioni copia”.
Così nell’estate 2024 Palermo è stata preferita a Lisbona, Perth a Sydney, la futuristica Taipei è stata scelta dai vacanzieri al posto di Seoul. Le dupes destinations non solo si rivelano funzionali a limitare l’overtourism, ma consentono di allargare i propri orizzonti e di scoprire destinazioni che non si pensava valesse la pena di esplorare. Il senso del viaggio, d’altronde, dovrebbe essere anche questo, se lo si vive come dei veri Marco Polo e non come un Instagrammer.
Coolcations: dal caldo eccessivo al Nord Europa
Altra controtendenza della stagione appena conclusa è la coolcation: la scelta di città nordeuropee, fresche, anzi, freschissime dove trascorrere le vacanze estive. L’Islanda con i suoi paesaggi selvaggi e il sorprendente solstizio d’estate col sole che tramonta a mezzanotte, la Norvegia e i suoi fiordi pittoreschi, la Svezia e la sua filosofia hygge, sono alcune delle mete individuate dai turisti sudeuropei per sfuggire all’afa estiva e godersi un viaggio all’insegna del relax, immersi in scenari dove lo stretto contatto con la natura permette davvero di “staccare la spina” e rigenerarsi dopo un anno di lavoro e routine quotidiana. Basti osservare, per l’appunto, che la Norvegia ha assistito a un incremento di viaggiatori del 22% e la Svezia dell’11%.
La vacanza “fuga dal caldo”, riguarda anche i nostri borghi dolomitici, custodi di storia, architettura e natura
Tour tra antichi castelli medievali, outdoor in compagnia di un kayak o di un paio di scarpe da trekking, sessioni gourmet alla scoperta della storia sudtirolese, sono esperienze oggi sempre più gettonate per chi proviene dal bacino mediterraneo, rispetto alla classica Piña Colada vista mare. Non c’è molto da biasimare: una pinta di birra artigianale da assaporare ammollo in un laghetto alpino naturale, non è che sia poi così male come cartolina.