Tecnica, precisione, equilibrio e tanto allenamento: potrebbero essere gli elementi fondamentali per la maggior parte delle competizioni sportive, ma non bastano a rendere completa una performance di pattinaggio su ghiaccio. In questa particolare disciplina i costumi e l’estetica sono fondamentali al fine di portare in scena un vero e proprio show. Il legame tra moda e sport dimostra di essere più che mai in primo piano: da fenomeni di tendenza come il balletcore e il tenniscore, fino ai giochi olimpici che si terranno a Parigi dalla fine di luglio.
Proprio nella capitale francese si è da breve conclusa la mostra Fashion and Sports: From one Podium to Another, allestita presso il Musée des Arts Décoratifs, che aveva l’intento di indagare l’evoluzione dell’abbigliamento sportivo e la sua influenza sugli stili di vita nelle varie epoche. Lanvin, Patou, Chanel fino a Schiaparelli, sono numerosi gli stilisti celebri che studiano fogge adatte al movimento. In questo scenario, meritano un capitolo a parte i costumi di pattinaggio artistico.
Breve storia del pattinaggio di figura
Lo sport noto alla maggior parte del pubblico come pattinaggio artistico, dal 2006 è definito – più correttamente – “pattinaggio di figura“. La precedente nomenclatura, infatti, includeva anche il pattinaggio a rotelle, foriero di tendenze soprattutto tra gli anni ’80 e ’90. Prima disciplina invernale ad essere inclusa nelle Olimpiadi, all’inizio del ‘900 si praticava con ampi abiti lunghi – nella sua versione femminile. I costumi per pattinare sul ghiaccio, tuttavia, subiscono notevoli cambiamenti nel corso degli anni: la norvegese Sonja Henie, che è anche una star del cinema, intorno agli anni ’40 adotta look elaborati con frange e grandi piume.
Nel decennio successivo, oltre ad una maggiore attenzione alla vestibilità in relazione al movimento, si realizzano vestiti di raso. L’introduzione di colori brillanti, gonne svasate e vertiginose scollature subisce un arresto tra la fine degli anni ’50 e i primi ’60, quando una ventata conservatrice bandisce dalle gare tutti questi dettagli. Con la diffusione dei tessuti elasticizzati, il problema della fluidità dei movimenti viene definitivamente risolto e gli abiti da pattinaggio diventano monopezzo, decorati da cristalli e strass. Questo sarà anche lo standard estetico dagli anni ’80 in poi, insieme al ritorno dei tagli audaci.
Haute couture e costumi da pattinaggio artistico
L’alta moda non è immune al fascino delle piste da pattinaggio: durante un evento di beneficienza organizzato nel 1994 a Central Park, Linda Evangelista e Cindy Crawford si cimentarono sul ghiaccio indossando mini divise da gara color bianco latte. A metà strada tra ginoidi e pattinatrici con i loro costumi luccicanti sono, invece, le creazioni di Thierry Mugler per la collezione Autunno Inverno 1995. Il candore diffuso che richiama la neve si declina in tute aderenti impreziosite da cristalli e trasparenze, abiti con inserti di pelliccia e accessori stravaganti.
Con il suo formidabile senso per lo spettacolo, nel 1999 Alexander McQueen riesce a portare in scena modelle che sfilano sul pavimento ghiacciato, in uno scenario che simula una boule à neige. Louis Vuitton, nel 2021, unisce alla danza sui pattini musica e poesia, sullo sfondo di un piccolo villaggio montano. Nel 2018, con l’uscita nelle sale del film Tonya – dedicato alla storia vera di riscatto attraverso lo sport di Tonya Harding – torna in auge l’interesse per il pattinaggio su ghiaccio e tutto ciò che ruota intorno alla sua estetica.
I costumi memorabili delle pattinatrici
Tra le atlete che hanno fatto la storia del pattinaggio artistico, negli anni ’80 Linda Fratianne balza agli onori della cronaca per esser stata la prima a esibirsi con una doppietta di salti tripli e per i suoi costumi da fashion icon. Grazie a lei, perline, strass, paillettes e volute di chiffon entrano a far parte dell’abbigliamento da gara. Nel 1985, la stessa Fratianne sperimenta piroettando un corpetto a righe in stile francese.
Nel 1998 Tara Lipinski vince il titolo con indosso un mini abito blu elettrico, decorato da geometrie di cristalli, dal forte impatto visivo e, Shizuka Arakawa, nel 2006, porta in pista la tradizione giapponese grazie ad una mise che richiama il kimono.