Nella Hall of Fame delle donne meglio vestite, dal 96’ fino 2019, c’è stato un nome che non ha mai smesso di brillare. Era quello di Lee Radzwill, che nel 2013 fu inserita da “The Guardian” nella lista delle over 50 più eleganti al mondo. Un primato che Caroline Lee Bouvier, questo il suo nome di battesimo, ha mantenuto fino ad ottantacinque anni, età in cui, – con grande stile -, si è spenta. Eppure Lee sembrava aver ricevuto alla nascita, quattro anni dopo quella della primogenita Jacqueline, il triste compito di dover essere seconda in tutto. D’altra parte rimanere nell’ombra sarebbe stato un destino comune per chiunque si fosse ritrovato ad avere come sorella una First Lady. Nelle vene di Lee Radziwill e di Jackie Kennedy scorreva, infatti, lo stesso sangue, ma non, tuttavia, lo stesso animo ribelle; in questo Caroline era e sarebbe rimasta per sempre la prima. Ad accomunare le due sorelle era, invece, il progetto di vita che la madre Janet Lee Anchincloss aveva in serbo per entrambe. Un progetto che aveva al centro due parole ben precise, ricchezza e potere, e che, se da un lato Jacqueline si impegnò a realizzare alla perfezione con il suo matrimonio, la più piccola delle Bouvier sembrava voler mandare all’aria in tutti i modi. La storia che si racconta, dunque, nella biografia di Lee Radzwill è costellata da scelte forti e passionali, a partire dal nome che la donna scelse.
Il rapporto con la madre
Un nome che affonda la sua origine nel tormentato rapporto che la giovane Caroline aveva con sua madre, tanto impegnata ad esaltare i successi, tra studi e corse a cavallo, della sua primogenita, quanto impeccabile nel puntare il dito contro Lee. Essere grassa, senza amici e poco dedita alla scuola era ciò che le rimproverava costantemente finchè un giorno la Radzwill, all’età di soli undici anni, pensò di dare una lezione a sua madre. Dopo aver trovato, sull’elenco telefonico, l’indirizzo di un orfanotrofio, lo raggiunse in taxi e, una volta lì, chiese di poter ‘adottare’ una bambina della sua età affinchè diventasse sua amica.
Episodio che la dice lunga sul caratterino di colei che viene ricordata per essere stata la sorella di Jackie Kennedy ma che fu in realtà molto più di quello. Fu animo ribelle e anticonformista, innanzitutto, così come testimonia il nome Lee, scelto da Caroline in quanto era il cognome da nubile di sua madre. Voleva ricordarle ogni giorno, nella speranza che fosse meno dura nei suoi confronti, che anche lei era stata bambina. Ma certamente Janet Lee Anchincloss era stata una bambina ben diversa dalla sua figlia minore della quale continuò a non approvare, né apprezzare, alcun traguardo raggiunto o decisione presa.
La passione per la moda
A permettere a Lee Radzwill di venir fuori dall’ombra della sorella, furono l’innato gusto ed una straordinaria eleganza che la resero musa ispiratrice di Andy Warhol, Armani e Marc Jacobs. Tra i tanti stilisti di cui indossava capi selezionati vi erano, oltre Re Giorgio, Givenchy, Halston, Courrèges, Yves Saint Laurent. Pare, addirittura, sia stata proprio lei a curare il look di Jackie e portarla ad indossare la moda europea. Era l’haute couture il suo habitat naturale, un mondo a cui si affacciò giovanissima dopo una delle sue numerose fughe di casa. Diretta a Parigi, la sua meta erano gli uffici di Vogue, dove approdò successivamente ad uno stage come assistente di Diana Vreeland da Harper’s Bazaar. D’altra parte, per una donna innamorata dei Ballets russes e dei racconti di Cechov, come Lee, cresciuta con eroi quali Byron, Mowgli, Robin Hood e Scarlett O’Hara, inseguire con passione un sogno era più che un dovere, una missione.
L’amore per Onassis
E bellissima, brillante e passionale la definì, infatti, Onassis di cui la Radzwill fu amante ben prima che il magnate greco sposasse Jaqueline in seguito alla morte di Kennedy. Rivali in tutto, dunque, le due sorelle, condivisero finanche sbocciò l’amore per uno degli uomini più ricchi della storia. D’altronde erano state entrambe istruite a sposare uomini facoltosi, sebbene Lee abbia mantenuto per tutta la vita il cognome di un principe senza mai ereditarne un soldo.
Si racconta che uno dei suoi cari amici, Truman Capote, l’avesse soprannominata ‘Principessa’ dopo le nozze con il Principe polacco Radziwill. Un matrimonio che Caroline volle non per denaro e potere, come avrebbe sperato sua madre, bensì nato in quella vita mondana e popolata di artisti che lei amava tanto. Pare che i due coniugi, infatti, avessero una vita libera, godendosi l’idea di coppia aperta tra feste e splendide case arredate dalla stessa Lee che trovò in Renzo Mongiardino un grande maestro di stile.
L’amicizia con stilisti e artisti
Ma prima di raggiungere questo equilibrio, seppur labile, la sorella minore della first lady, aveva spostato il pubblicitario Michael Canfield che si rivelò essere un alcolizzato portando Lee a rifugiarsi nell’amicizia di numerosi artisti e stilisti. Fashion designer di tutto il mondo vedevano in lei una vera icona al punto da dedicarle loro creazioni come fece Tory Burch un modello di borsetta denominata Radziwill. E, secondo voci indiscrete, a lei va anche un merito cinematografico, ovvero la realizzazione di un cult indipendente del Cinema americano. Era il 1972 e Lee Radziwill chiese ai registi Albert e David Maysles di girare un film sulla famiglia Bouvier che finì per raccontare la vita di Edith Ewing Bouvier Beale e della figlia Edith Bouvier Beale, zia e cugina di Lee e Jackie. Sono loro le protagoniste del celebre “Grey Gardens”.
L’ultimo marito: un regista
Non si può dire, dunque, che Lee Radzwill non abbia amato l’arte in tutte le sue forme e da ogni punto di vista. Basti pensare che il suo ultimo grande amore fu l’artista Peter Beard, conosciuto tramite Andy Wharol, mentre il suo ultimo marito il regista e coreografo Herbert Ross. Arte e moda, un binomio a cui è legata fino alla morte, avvenuta ad ottantacinque anni non senza aver esaudito il suo ultimo desiderio: bere una coppa di champagne. E ancora oggi le acque della Costiera Amalfitana, in cui Lee ha voluto che fossero sparse le sue ceneri, conservano il suo spirito, ribelle verso la vita, e sempre fedele alla ‘moda’.