Proiettata nel grande schermo la storia di una delle artiste più impattanti della musica black, Whitney Houston. Una sfida ardua quello del regista Kasi Lemmons, il quale ha realizzato “Whitney Houston – una voce diventata leggenda” (titolo originale: “I Wanna dance with somebody”), biopic uscito nelle sale italiane ieri ed incentrato sulla delicatissima vita dell’artista (interpretata dalla britannica Naomi Ackie), morta dopo un annegamento accidentale nella vasca da bagno dovuto a un’eccessiva assunzione di droghe combinate con l’arteriosclerosi.
Le ragioni
La scelta di girare un film sulla vita di Whitney è arrivata direttamente dal novantenne Clive Davis, ovvero colui che ha scoperto la cantante sostenendola per la durata di tutta la sua carriera. Secondo Davis infatti nessun prodotto audiovisivo rilasciato dal momento della morte a oggi (compreso il celebre documentario curato dal Premio Oscar Kevin Mc Donald), è stato davvero oculato nella ricostruzione della storia di Houston, fattore che ha spinto lo stesso producer ad entrare nella rosa dei mecenati che hanno contribuito alla realizzazione della pellicola.
L’obiettivo di partenza è stato quindi quello di fornire un quadro reale ma soprattutto completo del percorso della cantante, dall’exploit alla sua tragica scomparsa, con il completo benestare della famiglia di Houston. Nel farlo, regia e sceneggiatura toccano dei temi controversi, affrontati con tutta la delicatezza possibile: dall’inizio della dipendenza fino ai tormenti d’amore con il compagno infedele Bobby Brown (interpretato da Ashton Sanders) e il complicato rapporto dalle mille sfumature con Robyn Crawford (Nafessa Williams). Il tutto ovviamente, accompagnato dalla musica e dalle canzoni che hanno portato la Diva nell’Olimpo della pop music.
Gli abusi
Elemento cardine del film è certamente quello legato agli abusi famigliari che la cantante ha subito sin da bambina. La Regina del pop infatti, figlia della corista di Elvis Presley Cessy Houston, è cresciuta nel quartiere nero di Newark (Essex, New Jersey) all’interno di una famiglia molto numerosa. Secondo quanto trapelato da uno dei fratelli, sembra che Whitney sia stata abusata sessualmente dalla zia, un trauma che ha segnato in modo indelebile tutta la sua esistenza.
A mettere il carico da novanta ci penserà poi però la famiglia stessa, assolutamente respingente riguardo la sessualità fluida della cantante, complicata in modo indelebile anche dal rapporto amoroso con l’appena citata Robyn Crawford, considerata a tutti gli effetti dai fratelli come “Un demone”. La stessa Crawford – profilo fondamentale per il successo di Houston – verrà poi allontanata da Bobby Brown, altro personaggio asfissiante che abuserà in modo irreversibile sulla mente dell’artista.
Un obiettivo raggiunto a metà?
Eppure, malgrado i nobili intenti, sembra che la critica non abbia accolto nel migliore dei modi l’Opera di Lemmons. Su un noto portale statunitense noto per raggruppare e calcolare le recensioni di film, album musicali e videogiochi, il film è valutato con un rating di 55, piuttosto basso rispetto alle aspettative. Tra gli elementi più problematici messi in risalto dagli addetti ai lavori ci sarebbe la scenografia, affidata a Anthony McCarten (noto per il suo lavoro con “Bohemian Rhapsody”) e considerata eccessivamente convenzionale (per una storia che nella realtà ha scardinato molti codici in un periodo molto complicato) e più mirata a spingere l’acceleratore sul melodramma e sul pathos.
Un altro fattore, decisamente delicato, riguarda la scelta della protagonista Naomi Ackie che (per quanto risulti davvero convincente e credibile in una prestazione attoriale d’alto profilo) secondo alcuni non rispetta a pieno l’incarnato della vera Houston, vicina all’etnia caucasica e proprio per questo in prima battuta non vista di buon occhio da una parte di comunità black, soprattutto per il genere musicale proposto. Ma proprio sul versante musicale ha colpito in positivo la scelta della colonna sonora dove, a fianco dei capolavori che hanno segnato la storia della musica di Whitney, fanno capolino anche delle versioni inedite rilette da artisti contemporanei, come Kygo (presente in “Higher Love”), i Clan Bandit (“How will i know”) e SG Lews (“I’m every woman”): un bellissimo ponte tra vintage e modernità di un’artista davvero immortale.
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