Un avvenimento destinato a rimanere nella storia; Anna May Wong è la prima donna americana di origini asiatiche a comparire sulle monete statunitensi. Una decisione voluta nell’ambito dell’American Women Quarters Program, piano della Zecca di Stato che punta a valorizzare le personalità femminili che più si sono distinte in vari settori negli Stati Uniti. L’attrice – presente sulle monete da 25 centesimi – è in tal senso il quarto profilo selezionato dopo l’attivista, scrittrice afroamericana Maya Angelou, la prima americana nello spazio Sally Ride, la leder dei Cherokee Wilma Mankiller e la suffragetta Nina Otero-Warren. Ma come mai la scelta è ricaduta proprio nell’asiatica? Ripercorriamo in breve la storia di Anna May Wong.
La prima asiatica a conquistare Hollywood
Stiamo parlando della prima vera star americana con origini cinesi dello star system hollywoodiano, rappresentazione della bellezza orientale degli anni venti per cui l’attrice rimarrà vittima anche del razzismo dilagante dell’epoca, motivo per cui è accolta con non poche polemiche la scelta di usare il volto della diva nelle monete da 25 cent, considerate un taglio troppo piccolo per il tipo di discriminazioni subite.
Nata nel 1904 a Los Angeles, Wong comincia la carriera di attrice a quattordici anni, debuttando con il primo ruolo di rilevo nel 1922 prendendo parte a “The Toll of the Sea” di Chester M. Franklin. Il suo volto magnetico e impattante, soprattutto nell’epoca del cinema muto, le consente di ottenere diverse parti. Tuttavia, spesso è discriminata, in quanto i registi del tempo preferivano chiamare per le parti da protagoniste donne statunitensi caucasiche (anche per interpretare personaggi orientali) relegando l’asiatica a parti minori ed estremamente macchiettistiche.
La fortuna in Europa e il ritorno negli Stati Uniti
Sarà proprio per questo motivo che l’attrice decide di trasferirsi temporaneamente in Europa, come dichiarato da lei stessa in occasione di un’intervista:
«Ero così stanca delle parti che dovevo interpretare perché il cinese sullo schermo è quasi sempre il ‘villain’, e che cattivo: assassino, infido, un serpente che striscia nell’erba. Noi non siamo così».
Nel vecchio continente Wong trova fortuna in pellicole di grande rilievo come Come “Piccadilly” Di Andrè Dupunt (1929) o il suo primo film parlato, “The flame of love”, girato magistralmente addirittura in tre versioni diverse (inglese, francese, tedesco) ricevendo però un’accoglienza decisamente fredda.
All’inizio degli anni trenta la statunitense tornerà in Patria, sperando di trovare una situazione diversa rispetto a quella che aveva lasciato. Una pura illusione: i copioni che arrivavano infatti erano sempre di un determinato tipo e, cosa ancora peggiore, le paghe erano decisamente inferiori rispetto a quelle delle colleghe bianche. Tuttavia è proprio di questo periodo una delle pellicole più apprezzate della sua filmografia, “Shanghai Express” di Josef von Sternberg, dove Anna recita di fianco all’icona Marlene Dietrich.
Il ritiro, la morte e l’eredità
Svilita da tutto, l’asiatica annuncia il ritiro dalle scene già nel 1942, all’età di 37 anni, tornando poi davanti alle telecamere sporadicamente, salvo spegnersi improvvisamente nel 1961 a causa di un infarto. Ma proprio l’anno prima della scomparsa, per uno strano scherzo del destino, il nome di Anna May Wong è inserito nella gloriosa Walk Of Fame.
Malgrado le tante apparizioni minori, l’eredità lasciata da Anna è importante e preziosa su più fronti, compreso quello dello stile e della moda: l’attrice infatti, celebre per la sua frangetta corta e le sue sopracciglia finissime, era solita abbinare abiti della tradizione cinese con alcuni pezzi della modernità dei tempi, pensiamo per esempio alle frange tipiche degli anni Trenta, impreziosendo i suoi outfit con accessori eccentrici come il collo di volpe bianca e pendenti maxi. La vita e la storia Di Anna May Wong sarà raccontata prossimamente in un biopic interpretato da gemma Chan, britannica di origine cinese nota per alcune produzioni seriali e per la partecipazione a “Crazy Rich Asians”.
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