Vincenzo Callea uno dei dj-producer italiani più stimati per l’house music.

In 27 anni di carriera, Vincenzo Callea non si è mai fermato e dopo i successi raggiunti

Progetti come Ti.pi.cal, Naive e Bamble B, oggi fa proseguire la costruzione della sua storia personale con un pezzo, “My Fault”, che stanno andando molto forte e che scandirà le serate torride della nostra estate.

Un brano, che in due mesi ha già raggiunto le 235.000 visualizzazioni su Youtube.

Ti aspettavi il successo?

«Non cercavo il successo e ancora stento a vederlo come tale. È un brano molto presente che è entrato nelle playlist di molte radio. Non mi sarei mai aspettato di sentirla su: Radio Rai 1 e Radio Rai 2, e anche Rtl 102.5. Fabio Volo è stato sorprendente! Lo ha messo vicino a Joni Mitchell»!

Non c’è solo una versione, giusto?

«Sono due. Quella dance, abbastanza morbida, e il remix super lento di Yoad Nevo, già produttore di Goldfrapp, Moby, Sia e altri nomi spaventosi. Entrare in Rai con il mio brano lento mi fa venire i brividi. Il brano sta uscendo in Grecia, dove sarà disponibile sul mercato prossimamente. In seguito, uscirà anche in Francia e Russia e probabilmente, anche in altri Paesi».

Ti sei ispirato a qualcosa per “My Fault”?

«Il brano nasce dall’incontro di Vincenzo Callea con Ennie Loud a Londra. L’ho sentita cantare e l’ho trovata straordinaria. Ha una voce incredibile e io cerco sempre l’emozione. Il mio intento, con la sua splendida voce soul, era di fare un pezzo che fosse completamente privo di parti sintetiche. Avevo bisogno di quell’atmosfera e l’ho curato in quella direzione».

Come finì la questione della song dei Coldplay “A Sky Full Of Stars”, molto simile alla tua produzione con i Ti.pi.cal “Stars”?

«Nessuna azione legale, ci mancherebbe. Però, ci sono tre dettagli, presenti nel loro disco e nel nostro. Questa vicenda è rimasta avvolta nel mistero su come abbiano fatto a sentire “Stars” e ad ispirarsi».

“Stars” è un pezzo molto particolare. È difficile da credere che a qualcuno possano essere venute le stesse idee.

«Brava, è difficile da credere, ma nessun problema. Solo che resta una cosa avvolta nel mistero. Come sono arrivati al nostro pezzo»?

Oggi, la figura del producer è inscindibile da quella del dj. Tu che sei sempre stato sia dj che producer, trovi differenze in questo connubio oggi e vent’anni fa?

«Sì, oggi i due ruoli sono un connubio indissolubile, con le dovute sfumature. A me piace da morire stare in studio. In passato era tutto diverso! Vincenzo Callea inizia a fare il producer nell’89 tentando di fare qualcosa, nonostante l’assenza di contatti, di internet e il vivere in Sicilia. Eppure ci siamo riusciti, sia in team, sia individualmente. Nasco come dj. A nove anni ero già in radio e a tredici facevo le serate, da allora non mi sono mai fermato».

Cosa sta succedendo nel panorama djing?

«Si è abbassata la figura del professionista. Oggi lavorano le star o i dj a cinquanta euro. Quindi, chi vuole suonare, spesso deve accontentarsi di un cachet che non è assolutamente da dj resident. In ogni caso, mai smettere di lottare».

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Dove troveremo Vincenzo Callea quest’estate?

«Girerò molto, soprattutto, nella mia Sicilia e nelle isole. Suddivido sempre le serate remember house ‘90, da quelle che faccio con la musica house contemporanea e le mie produzioni».

Com’è oggi la scena mondiale della musica da club? 

«È strana. Gli orfani dell’Edm hanno abbassato i bpm. C’è il pop, molti puntano su ritmi lenti, impossibili da ballare in discoteca. La hit conclamata in pista non è semplice da individuare. L’house sta tornando a farla da padrone e sono contento».

L’Edm, non intesa come lo specifico del suo termine Electronic Dance Music, ma come in tanti la identificavano (i pezzi alla Martin Garrix, per intenderci) è realmente un genere finito?

«Il post Swedish House Mafia per me è finito. Quella che erroneamente veniva definita “Edm” non ha più l’appeal di una volta. Non ci sono più nemmeno i numeri nelle uscite.

Solo chi fa i Festival con quel genere continua a fare produzioni di quel tipo. Siamo in transizione e sono contento di questa confusione positiva, perché stanno emergendo tanti micro generi nuovi.

In questi momenti spunta sempre l’house, che non morirà mai. È sempre lì, ferma ad aspettare pazientemente il suo turno».

Quali sono gli artisti italiani che ti piacciono di più?

«Mi piace molto Spada, mentre a livello internazionale Sam Feldt, Robin Schulz»

È recentemente scomparso Avicii. Che emozioni ti ha lasciato la sua musica?

«Una tristezza assoluta, se ne andato un ragazzo di ventotto anni e un artista gigantesco e geniale, assoluto. In un periodo breve Avicii è riuscito a tirar fuori perle che resteranno negli anni, a differenza di molti altri pezzi.

Si è reinventato dieci volte, ed è un dettaglio che determina genialità, oltre a farlo emergere come un artista che pensava alla musica, invece che al mercato. “Levels” è stato un inno, ma anche “Hey Brother”, piuttosto “Wake me up” sono grandissimi pezzi pop. Provo una tristezza infinita».

Quali saranno le tue prossime produzioni?

«Quest’estate uscirà il mio primo disco super pop a 110 bpm. Sarà in collaborazione con gli Human Phat, con i quali sto facendo diverse cose, tra cui, il nuovo singolo da solista di William Naraine (Double You, ndr). Inoltre, da qualche giorno, è uscito “Revolution” che vede tornare il consolidato sodalizio con William.

A maggio uscirà una co-produzione da club con Black Legend, che uscirà sulla label di EDX. Sono contento, in 27 anni che faccio questo lavoro, ciclicamente entro nelle radio e nelle classifiche. Questa cosa mi rende felice, una grande spinta ad andare avanti nel mio lavoro».

Lorenzo Tiezzi

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