Il dibattito su Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, non si è mai interrotto. Anzi, ha sempre tenuto vivo nel pubblico e tra gli esperti un interesse che si irradia oltre le tendenze e le epoche. La sua breve vita, segnata da intrighi, scandali, violenza e prigionie, ha segnato la storia dell’arte e ne ha alimentato il mito. Il carattere iracondo e l’anima tormentata si riflettono plasticamente nelle sue opere, che generavano ammirazione e turbamento nei suoi contemporanei. Ed è proprio questo il cuore del mistero caravaggesco:  la capacità quasi sovrannaturale di catapultare lo spettatore nella scena rappresentata è rimasta immutata attraverso i secoli.

mostra caravaggio 2025 roma palazzo barberini - Life&People MagazineMa nell’epoca in cui il pubblico è abituato a fare esperienza dell’arte attraverso pochi pixel sui social, mentre scrolla distrattamente i reel e i meme del momento, cosa può offrirci ancora la pittura di Caravaggio? In che modo il dramma connaturato nella potente rappresentazione della realtà dell’artista dialoga con il nostro presente?

La grande mostra Caravaggio che si è inaugurata a Palazzo Barberini a Roma

il 7 marzo e che proseguirà fino al 6 luglio, sembra voler rispondere a queste e a tante altre domande. E a giudicare dalle oltre sessantamila prenotazioni che si sono registrate a battenti ancora chiusi, pare che anche il pubblico abbia urgenza di conoscere le risposte. Una risposta clamorosa che non diamo per scontata: azzardiamo una lettura. Nel tritacarne della sovraesposizione e dell’iperstimolazione mediatica, dove la realtà viene sbattuta in faccia pornograficamente, Caravaggio è capace di toccare il nervo scoperto della società contemporanea. E questo punto nevralgico, che l’inconscio collettivo si rifiuta di vedere, è proprio l’essenza della pittura dell’artista, ossia la necessità vitale di guardare alla realtà attraverso il filtro delle emozioni più profonde, delle paure, delle nostre sensibilità personali.

mostra caravaggio 2025 roma palazzo barberini - Life&People MagazineQuando il Caravaggio, ne La morte della Vergine, rappresenta la Madonna con l’aspetto di un’umile popolana, mostrandoci spietatamente le ingiurie che la morte imprime sul corpo di una giovane donna, trascina il divino nell’orrore dell’umana esperienza. Naturalmente la committenza ecclesiastica si scatenò contro il pittore, parlando di blasfemia e rifiutando l’opera. Il pallore del viso, il gonfiore dell’addome e la posa scomposta, furono lette come null’altro che una provocazione insultante del pittore alla sacralità del soggetto. Ci fu chi disse che la modella altri non era che Anna Bianchini, prostituta ed amica dell’artista, che aveva già posato per il Riposo nella fuga in Egitto e per la Maddalena penitente, prima di morire gravidanza nel 1604.

Potremmo dire che oggi i committenti de “La morte della Vergine” siamo noi

Il rifiuto delle autorità ecclesiastiche dell’epoca è il nostro rifiuto di accettare la corruttibilità e la caducità della vita, smaniosi di mostrarci sui social ma terrorizzati dall’idea di farlo senza ricorrere ai filtri di bellezza digitali. Ecco quindi il miracolo di Caravaggio, che non bussa alla porta del nostro presente ma vi irrompe con la stessa irruenza e la stessa insofferenza all’ipocrisia del Michelangelo Merisi vivo, per ricordarci ancora una volta che nella rappresentazione del mondo ciò che conta davvero è il coraggio di guardarlo per quello che è, con la sua incommensurabile bellezza e il suo indicibile orrore.

mostra caravaggio 2025 roma palazzo barberini - Life&People MagazineLo stesso approccio, che restituisce magnificamente la portata della rivoluzione artistica del Caravaggio, lo ritroviamo in un altro dipinto, sempre commissionato dalla chiesa: San Matteo e l’angelo. La grande tela, commissionata pochi anni prima de La morte della Vergine, rivela ancora una volta l’insopprimibile esigenza del pittore di portare nell’arte sacra un elemento di umanità sublime e brutale allo stesso tempo. Nel San Matteo, se possibile, con una scelta ancora più radicale e dirompente. L’apostolo non è rappresentato come vigoroso emissario di Dio nell’atto di redigere il suo vangelo, ma piuttosto come un vecchio contadino, goffamente seduto mentre un angelo dalle fattezze efebiche guida meccanicamente la sua mano nella scrittura.

L’espressione del santo, con gli occhi sgranati e la fronte corrucciata per lo stupore e lo sforzo di compiere quell’atto divino,

sfidano le convenzioni del tempo con una ferocia senza precedenti. La grazia e la bellezza dell’angelo, pazientemente proteso verso la figura dell’anziano, creano un insieme dal contrasto dissonante e sensuale. Ma anche in questo caso la committenza, la Congregazione di San Luigi dei Francesi, oppose un insindacabile rifiuto all’opera, che portò ad una seconda versione dopo interminabili discussioni con l’artista ribelle. Insomma, non è possibile comprendere l’arte senza comprenderne il contesto storico, sociale e culturale.

Ma nel caso di Caravaggio, si è chiamati ad un sforzo ulteriore: quello di compenetrarsi nello spirito inappagabile e irrequieto di un uomo che, prima ancora che come artista, aveva fatto della sua personale visione del mondo e dell’arte una missione scomoda e sovversiva. Caravaggio è frutto di un mirabile lavoro concettuale e collezionistico che consente di rivisitare il potere rivoluzionario della pittura caravaggesca, consentendo ad ogni tipo di pubblico la possibilità di un’immersione che ne rigenera il messaggio e la forza dirompente.

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