Chi non ha mai aperto l’armadio e trovato un sacco di vestiti che non mette da anni? Magari comprati di impulso, perché erano di moda o in saldo. È proprio questo il problema del consumismo sfrenato: compriamo molti capi che non ci serve davvero. Questa scena, familiare a moltissimi di noi, è il sintomo di un problema più ampio: il consumismo sfrenato. Ma c’è una contro-tendenza in atto, un movimento che invita a ripensare il nostro rapporto con i beni materiali: l’Underconsumption Core. Nato sulle piattaforme social, questo movimento invita a riconsiderare il nostro rapporto con i beni materiali, promuovendo uno stile di vita più minimalista, sostenibile e consapevole. L’idea è semplice: meno cose, più spazio per ciò che conta davvero. Ma si tratta di una semplice moda passeggera, come ne abbiamo viste tante altre, o di una vera e propria rivoluzione culturale?
Moda sostenibile: dal 2025 svolta decisiva
Ogni anno nel mondo vengono prodotti circa 150 miliardi di capi di abbigliamento, ma solo una percentuale che oscilla tra il 70 e l’80% viene venduta. Circa 40 miliardi di abiti, accessori, scarpe, vengono distrutti, senza mai essere stati indossati da nessuno. Il modello economico lineare, basato sulla produzione di massa e sul consumo immediato, sta mostrando i suoi limiti. A partire dal 2025, l’industria della moda si trova a un bivio. La frenesia del ‘fast fashion’, con i suoi capi economici e usa e getta, è destinata a scontrarsi con una nuova era di sostenibilità. Le prime misure normative europee, parte di una strategia più ampia per rendere l’industria tessile circolare e rispettosa dell’ambiente, segnano l’inizio di una profonda trasformazione. Un cambiamento che coinvolgerà oltre 160.000 imprese e che l’Italia, con le sue storiche tradizioni tessili, è pronta ad accogliere. La moda, da sempre specchio di mutamenti sociali, si appresta a vivere una rivoluzione che toccherà non solo le passerelle, ma anche le nostre abitudini di consumo e il nostro rapporto con l’ambiente.
Dalla passerella virtuale alla realtà
L’idea di ridurre i consumi non è di certo nuova. Dalle filosofie minimaliste del passato alle più recenti campagne per la sostenibilità ambientale, l’essere umano (almeno i più illuminati) ha sempre cercato di trovare un equilibrio tra i propri desideri e le necessità del pianeta. Tuttavia, è con l’avvento dei social media che il concetto di “meno è meglio” ha assunto una nuova veste, trasformandosi in una vera e propria tendenza. Sulle piattaforme TikTok e Instagram, dove l’ostentazione dei beni di consumo è all’ordine del giorno, l’Underconsumption Core si presenta come una provocazione. Influencer e creator invitano a riparare piuttosto che sostituire, a riutilizzare piuttosto che acquistare, a valorizzare la qualità piuttosto che la quantità. Un messaggio che, seppur semplice, è profondamente radicale in un mondo dove il nuovo è spesso sinonimo di valore.
Underconsumption core: un’evoluzione inattesa
Quello che inizialmente sembrava un semplice trend online si è rapidamente tramutato in un movimento che sta influenzando le scelte di consumo di molte persone. Dai guardaroba “capsule” (pochi capi ma buoni, e soprattutto che durino nel tempo) ai mercatini dell’usato, sempre più persone stanno abbracciando uno stile di vita più sostenibile e consapevole. Ma cosa spinge le persone a compiere questo cambiamento? Certamente, la crescente consapevolezza degli impatti ambientali del consumismo sfrenato gioca un ruolo fondamentale. Tuttavia, ci sono anche motivazioni più personali, come la ricerca di una maggiore serenità, e di un senso di controllo sulla propria vita e sull’impatto che quelle scelte hanno sull’intero pianeta e sulle future generazioni.
Chi non si è mai sentito sopraffatto dalla quantità di oggetti che possiede?
Questa nuova tendenza va oltre la semplice scelta di acquistare meno. È un invito a ripensare i nostri valori, a ridefinire il concetto di successo e a dare priorità a esperienze autentiche piuttosto che all’accumulo di vestiti e beni materiali a tutti i costi. Questo movimento si manifesta in diversi modi: dalla riparazione degli oggetti alla riscoperta dell’artigianato locale, dal noleggio alla condivisione. Ma al di là delle pratiche specifiche, ciò che unisce tutti coloro che aderiscono all’Underconsumption Core è la volontà di vivere in modo più autentico e rispettoso dell’ambiente. Inoltre, ridurre il consumo può avere anche effetti positivi sulla nostra salute mentale. Numerosi studi dimostrano che il minimalismo può contribuire a ridurre lo stress, l’ansia e la depressione; possedendo meno cose, ci sentiamo più liberi e concentrati sugli aspetti veramente importanti della vita
Verso un futuro davvero sostenibile?
Nonostante i numerosi vantaggi, questo trend non è esente da critiche. Certo, c’è chi dice che questa è solo un’altra moda e che non tutti possono permettersi di vivere in modo minimalista. È vero, non tutti hanno le stesse possibilità economiche, ma anche piccoli cambiamenti possono fare una grande differenza. Tuttavia, è innegabile che questo movimento stia contribuendo a un cambiamento culturale profondo perché invita a pensare in modo diverso. Quello che è importante sottolineare è che l’Underconsumption Core rappresenta una sfida al sistema economico e sociale esistente, un invito a ripensare il nostro modo di vivere e di relazionarci con il mondo che ci circonda, esseri umani compresi. Se riusciremo a trasformare questa tendenza in un vero e proprio cambiamento culturale, potremo costruire un futuro più equo, sostenibile e felice per tutti. Siete pronti a fare la vostra parte?