L’IA si è ormai diffusa a macchia d’olio in qualsiasi ramo sociale e professionale. A poco più di un paio d’anni dall’irruzione di ChatGPT a fare i conti con i supercomputer di ultima generazione vi è qualunque industria, settore produttivo e lavorativo. Persino giornalisti ed editori, quotidianamente alle prese con percentuali più o meno affidabili di GPT rilevata, articoli generati dai tool più avveniristici, in balia degli algoritmi automatizzati dei motori di ricerca che pontificano sulle sorti di moltissime imprese sul web. Non sorprende affatto, dunque, che l’intelligenza artificiale abbia contaminato anche e soprattutto il settore moda.
Una rivoluzione culturale eccitante e pregna di potenzialità per molti; l’ennesima metastasi di un tumore per la razza umana, quello della iper-tecnologicizzazione del nostro pianeta, sorretto sempre più dalle macchine e non dagli esseri viventi. In questo pericoloso gioco delle parti tra padroni e gregari, con i ruoli sempre pronti ad invertirsi, la razza umana si sta circondando di robot super intelligenti assemblati con il preciso scopo di rendere la nostra vita meno faticosa. L’Intelligenza artificiale arriva laddove il cervello mortale non potrebbe mai neppure avvicinarsi: questo è sorprendentemente vero persino nei settori “creativi”, in cui l’immaginazione e l’estro sono stati sinora considerati centrali, proprio come il mondo della moda.
Una tecnologia in grado di replicare il pensiero creativo umano,
un’immagine storicamente relegata nei libri sci-fi e nella cinematografia hollywoodiana, ma che è divenuta ex abrupto il nostro pane quotidiano. Pane duro, difficile da masticare per chi vive del frutto della sua proprietà intellettuale. Tra la paura di una rivoluzione apocalittica in stile Asimov, – con il dubbio che potremmo essere tutti rimpiazzati da un giorno all’altro – continuiamo a condurre le nostre vite sull’orlo di un baratro sempre più incombente. Le certezze vacillano, ciò che abbiamo studiato sull’haute couture non vale più: il mondo sta cambiando a velocità elevata. Con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, i designer possono ora spingersi oltre i confini della creatività. Gli algoritmi di apprendimento automatico analizzano vasti set di dati per comprendere mode, preferenze e richieste dei consumatori: una strategia scientifica per comprendere e prevedere le tendenze future con precisione straordinaria.
Il designer giapponese Yuima Nakazato è un vero e proprio pioniere nel campo di intelligenza artificiale e moda: attraverso AI e tecnologia 3D, come dimostrato con la sua collezione bio-couture presentata alla settimana della moda di Parigi, Nakazato riesce a cucire capi unici grazie ad uno scanner 3D che rileva le misure del cliente, inviando poi i dati ad una macchina che ritaglia il tessuto con velocità e precisione assoluta per assemblare l’abito senza sprechi di materiale. Questo approccio personalizzato e “sostenibile” potrebbe rivoluzionare la moda tradizionale, limitando scarti e promuovendo una produzione più responsabile. Parallelamente, il progetto Algorithmic Couture di Synflux, nato dalla collaborazione tra lo stilista Kazuya Kawasaki, il designer Kotaro Sano e l’ingegnere Yusuke Fujihira, si serve del temutissimo machine learning per generare modelli di abiti ottimizzati creati con software CAD per garantire comfort e sostenibilità ai propri clienti.
La creatività è una testimonianza tangibile del progresso dell’umanità nel corso della storia
ciò che ci distingue, insieme alle emozioni e alla coscienza di sé. Un primato che abbiamo custodito gelosamente per millenni che adesso stiamo volontariamente affidando alle macchine. Grazie alla realtà aumentata e agli algoritmi IA, il mercato subirà cambiamenti drastici e imminenti: gli acquirenti potranno presto indossare virtualmente gli abiti, individuando la vestibilità e lo stile senza neppure uscire di casa. Come se non bastasse, sempre più piattaforme di vendita al dettaglio basate sull’IA verranno incaricate di analizzare il comportamento dell’utente e le preferenze di acquisto, curando una esperienza personalizzata (in barba ai pur tanto bistrattati personal shopper).
Il futuro è già qui: quello freddo dei robot e dei computer, quello pericoloso (forse) delle macchine che decideranno che degli esseri umani, infinitamente più limitati e meno efficienti, se ne può fare anche a meno. Ciò che presto sarà indispensabile, per noi creature, sarà invece il supporto della tecnologia per compiere ogni singolo gesto; una deriva che ci renderà ancora più viziati e pigri, scoprendo il fianco ad una rivoluzione dalla quale l’homo sapiens potrebbe una volta per tutte uscire sconfitto battuto da sé stesso, ormai orfano persino della creatività, in questo caso sartoriale. E chissà che, in fondo, tutto questo scenario apocalittico, per la terra non sia in realtà una buonissima notizia.