Nell’epoca delle campagne social, dove la beneficienza non è forse nient’altro che un calcolo matematico, un astuto investimento per accrescere la propria reputazione, le polemiche e gli oltraggi al pudore sono sempre dietro l’angolo. L’ennesima cartina tornasole di questa ricorrente situazione è lo scandalo che ha coinvolto Naomi Campbell e la sua fondazione benefica, Fashion For Relief, la cui pessima condotta è costata alla supermodella un daspo quinquennale da qualsiasi associazione caritativa. Una scure che si è abbattuta improvvisamente sulla carriera della venere nera, proprio mentre quest’ultima veniva insignita del prestigioso titolo di Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres, una delle più alte onorificenze dello stato francese.

Scandalo Naomi Campbell - Life&People MagazineCoincidenza beffarda per Naomi, non certo l’ultima delle parvenu, ma bensì colei che ha da sempre rivendicato con orgoglio le umilissimi origini. Una scalata ai vertici della moda mondiale partita da lontanissimo, più precisamente da Streatham, sobborgo povero nella periferia sud di Londra. Una condizione familiare complessa, un padre assente, le basi fragili e tristemente comuni in quei contesti che hanno sorretto comunque una carriera lunga, fortunata e ricca di soddisfazioni. La stessa fortuna che Naomi Campbell si era forse ripromessa di restituire al mondo, sotto forma di donazioni verso i più bisognosi.

Hotel di lusso, Spa e persino sigarette:

sarebbero queste le spese contestate a Fashion For Relief, la inadempiente ONG fondata da Naomi nel lontano 2005, che secondo quanto è emerso da una indagine imbastita da Save the Children e finalizzata dalla Charity Commission inglese non avrebbe rispettato molti degli accordi presi con i partner. Soldi mancanti e spese folli: questo il triste quadretto che emergerebbe dai conti dell’associazione, lo stesso disegno dell’orrore che accomuna moltissime no profit. Financo in Italia, dopotutto, le inchieste sul mercato della carità non mancano di certo.

Scandalo Naomi Campbell - Life&People MagazineQuasi 5 milioni di sterline negli ultimi cinque anni, il ricavato della onlus frutto di svariate raccolte fondi e sfilate a scopo benefico. Di questi capitali, solo £389.000 sarebbero condivisi con le altre associazioni partner, contravvenendo agli impegni contrattuali. Fondi sperperati, impiegati per spese futili, con la supermodel che li avrebbe addirittura utilizzati per evadere gli stipendi delle proprie guardie del corpo. Lo scandalo che ha travolto Naomi Campbell e le altre fiduciarie di Fashion For Relief, Veronica Chou e Bianka Hellmich, ha costretto l’ente benefico a versare oltre £400.000 per adempiere agli accordi presi con Save the Children, che non più interessato a collaborare con le tre modelle.

Incalzata dai reporter transalpini

a margine della sopra citata cerimonia, presieduta altresì dal Ministro della Cultura francese, Naomi Campbell si è lasciata andare ad un pianto liberatorio. Le stille hanno solcato il viso angelico della modella proprio mentre questa stava dando la sua versione dei fatti in pasto ai microfoni:

“Sono molto preoccupata e stiamo indagando, voglio sapere cosa è successo e come, perché ogni centesimo che ho raccolto va in beneficenza”. 

Riparare il danno d’immagine, la storia insegna, è una materia diabolica che spesso è costata pesanti scivoloni alle star.

Scandalo Naomi Campbell - Life&People MagazineTra chi ne ha apprezzato le scuse, e chi ha giudicato le sue parole (e le sue lacrime) come affettate e tardive, l’opinione pubblica si sta scatenando sul moda-gate con la stessa ferocia toccata a quello dei pandori pochi mesi fa. La voglia del pubblico di giudicare, abbattere e detronizzare queste figure è spesso direttamente proporzionale al loro “impegno sociale”. Quella fastidiosa e artefatta superiorità morale regolarmente sbandierata in faccia ai followers, a suon di campagne benefiche e fantomatiche donazioni di danaro che in realtà sovente occulta il marciume e la superficialità, nonché lo spietato opportunismo dello show-business.

Condividi sui social