La nuova pellicola di Luca Guadagnino si intitola Queer ed è figlia dell’omonimo romanzo di William S. Burroughs. Il film sarà presentato alla Mostra del cinema di Venezia il 3 settembre ed è atteso nelle sale italiane entro la fine dell’anno. Un romanzo che stravolge, inquieta e costringe a una riflessione tutt’altro che comoda: sconvolgente per l’epoca e difficile da digerire ancora oggi. Non a caso, il manoscritto è realizzato tra il 1951 e il 1953 ma, causa la censura dell’epoca, ha visto la luce solo nel 1985.

Storia, personaggio e contesto sono autobiografici

non risulta complicato intravedere un filo tra gli eventi vissuti dallo scrittore e quelli a cui va incontro Lee, il protagonista del romanzo. In primo luogo, le vicende di entrambi si collocano a Città del Messico: all’epoca, una città colonizzata dagli expat americani e luogo di rifugio per tutti coloro che, per svariati motivi, fuggivano dagli USA. L’autore emigra dal Texas intorno al 1950 con la seconda moglie Joan Vollmer a causa di un rapporto complicato con la propria salute mentale, la dipendenza dalle droghe e il possesso di armi (motivo per cui era ricercato negli Stati Uniti).

La narrazione si sviluppa attorno al protagonista,

un uomo maturo, debole di fronte ai vizi e schiavo dei suoi impulsi sessuali. A fargli da spalla è Allerton, un altro figlio della notte che passa il suo tempo rimbalzando da un locale all’altro, scegliendo sempre i peggiori sobborghi di Città del Messico. A differenza di Lee, però, è giovane e descritto come slegato da qualsivoglia legame affettivo, caratterizzato dal disinteresse totale verso ogni aspetto della vita.

“Non aveva amici intimi. Non gli piaceva avere impegni fissi. Non gli piaceva avere l’impressione che qualcuno si aspettasse qualcosa da lui” .

Il romanzo osserva il degradarsi di ogni cosa: così come il protagonista è dilaniato dal tentativo di resistere a impulsi sessuali e astinenza da droghe, anche la narrazione si degrada gradualmente, passando da una carrellata descrittiva di scene, personaggi e aneddoti, fino all’intricato scenario della foresta Amazzonica. È proprio in questo luogo che Lee e Allerton intraprendono un viaggio il cui obiettivo primario è trovare l’antica radice yagé (o ayahuasca), le cui proprietà psicoattive darebbero il potere di controllare la mente degli altri. Il significato metaforico è probabilmente la volontà dello scrittore stesso, l’immagine del suo desiderio più profondo: avere maggior controllo su sé stesso, sulle dipendenze da droghe e sui suoi istinti omosessuali (con cui Burroughs aveva un rapporto controverso).

Guadagnino aveva 17 anni

quando ha letto per la prima volta il romanzo, e da allora ne rimase folgorato. Qualche anno e pellicola dopo ha finalmente deciso di trasporre su schermo le pagine di questo classico della letteratura. Queer fa da seguito infatti a “Call me by your name” (premio oscar per miglior sceneggiatura non originale), al macabro “Bones and all” e al più recente “Challengers”. Tra il cast di Queer spiccano Daniel Craig, Drew Starkey e Lesley Manville (già oscar per “Il filo nascosto”), ma anche Ronia Ava, Jason Schartzman, Henry Zaga e, per la prima volta sullo schermo, il cantante statunitense Loewe Omar Apollo.

Sceneggiatura e costumi

Guadagnino ha deciso di giocare in casa, affidando la prima a Justin Kuritzkes e vestendo i suoi protagonisti per mano di Jonathan Anderson, entrambi collaboratori storici del regista palermitano. Il timbro scenico invece è tutto italiano: per l’adattamento all’ambientazione di Città del Messico, Guadagnino si è avvalso degli studi di Cinecittà. Anche l’anteprima del film verrà offerta in uno spazio cinematografico e culturale italiano: quello dell’81esima Mostra del Cinema di Venezia.

Luca Guadagnino Queer film scena Life&People Magazine Ciò che si potrà osservare il 3 settembre è un mix controverso caratterizzato da personaggi anti-etici, vicende amorali e un forte, “bukowskiano” black humor. In fondo, però, Queer ha un messaggio chiaro: mostrare la dura vita della privazione dai desideri. Pagine e scene narrano, infatti, un mondo fatto di istinti, abnegazioni e disperazione, emozioni condivise da addicted e non: non esiste peggior follia e patimento di colui che anela a qualcosa che non può essere ottenuto, sia questa amore o droga.

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