Un artificio immaginifico capace di trasformare i pensieri, in storie incredibili. L’espediente magico chec ci permette, da un secolo, di perderci nei sogni degli altri. Un’invenzione divenuta arte, settima, che va oltre i 25 fotogrammi al secondo, per elevarsi a testimonianza eterna e divenire “il modo migliore per entrare in competizione con Dio”.
Il ticchettio costante e febbricitante che caratterizza il conto alla rovescia è iniziato: domani, 28 agosto verrà inaugurata, al Lido, l’81esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia che, alla luce dei suoi 92 anni, si riconferma evento unico, capace di far coesistere anime altrimenti estranee, diverse – autorialità e blockbuster, richiamo internazionale e arte locale -, in un gioco all’ossimoro che esplode in un’arte totale. Tuttavia, dietro alle pellicole proiettate nei templi del cinema, ai divi osannati in sala, alle standing ovation cronometrate a indagare il gradimento, ai Leoni d’oro e all’eterno mito dei grandi, c’è la storia quasi secolare del Festival del Cinema di Venezia, una delle rassegne cinematografiche più antiche di sempre.
Le origini della Mostra del Cinema
È 1932 e il potere dell’invenzione dei fratelli Lumière ha conquistato non solo gli scettici, ma soprattutto i potenti, archiviando la definizione che vedeva il cinema come “un’invenzione senza futuro”. Dal 1895, i film documentano la storia e raccontano eventi che consentono al pubblico di evadere dalla realtà, grazie al buio della sala in contrasto con quel magico fascio di luce, entrando in contatto con mondi lontani, irraggiungibili fisicamente.
In un contesto storico che ha preso coscienza della forza del cinema, il 6 agosto 1932 viene inaugura la prima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, nata come costola della XVIII Biennale di Venezia, fortemente voluta dall’allora Presidente della Biennale, il conte Giuseppe Volpi di Misurata, dallo scultore Antonio Maraini, segretario generale e da Luciano De Feo che, di fatto, ne è il primo direttore. In quel giorno sulla terrazza dell’Hotel Excelsior, c’erano tra gli altri, Greta Garbo e Vittorio De Sica, che avrebbero presenziato alla prima proiezione della Mostra: Il dottor Jekyll di Rouben Mamoulian.
L’esordio dei divi
A partire dal 1935, sotto la direzione di Ottavio Croze, la Mostra d’arte cinematografica diventerà appuntamento fisso – a cadenza annuale -, un punto di riferimento per un’industria cinematografica alla ricerca di una vetrina di respiro internazionale per mostrare i propri prodotti e i propri divi. In quegli anni, iniziano a sbarcare al Lido nomi di spicco della settima arte come John Ford (che partecipa nel 1935 con il film Il traditore), Marlene Dietrich (che debutta alla Mostra con Capriccio spagnolo di Joseph von Sternberg), Greta Garbo, che contribuiscono ad inaugurare l’aura glamour che da sempre caratterizza il Festival.
Tuttavia, tra la fine degli anni trenta e i primi anni quaranta, alcuni avvenimenti storici influiscono sullo svolgimento del Festival di Venezia: le pressioni politiche del governo fascista, le tensioni internazionali e il successivo scoppio della Seconda Guerra Mondiale impongono una battuta d’arresto alla manifestazione cinematografica nel 1938. Nel 1941, la nona e ultima edizione della Mostra (prima dello stop forzato dovuto al conflitto mondiale) è permeata di propaganda politica e, a farla da padrona, c’è un cinema votato all’esaltazione della grandeur del regime.
La rinascita della Mostra
Dopo la complessa fase del dopoguerra, la Mostra del Cinema di Venezia ritrova, all’inizio degli anni Cinquanta, la propria anima fatta di libertà espressiva, riuscendo a ritrovare il sentiero abbandonato nei primi anni quaranta e riportando al Lido quel mix di arte, glamour e nuovi stimoli provenienti dal cinema mondiale, che rende la Mostra unica nel suo genere ancora oggi. Sono gli anni in cui sbarcano al Lido non solo i rappresentanti nel Neorealismo italiano, ma anche i grandi registi Orson Wells, Laurence Olivier, Fritz Lang, Jean Cocteau; insieme ai divi come Rita Hayworth, Joseph Cotten, Anna Magnani (nel 1946 vince la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile nel 1947 con L’Onorevole Angelina di Luigi Zampa).
Una decade in cui la Mostra del Cinema di Venezia consolida la propria posizione di rilievo come vetrina per il cinema internazionale. Infatti, l’anno 1947 vede il ritorno del cinema dell’Unione Sovietica e l’arrivo di quello delle nuove “democrazie popolari”, tra cui la Cecoslovacchia. Il cammino della rinascita è ultimato e ora si inaugura un’era florida: nei due anni successivi viene ripristinata la Giuria internazionale, sospesa negli anni del fascismo, e viene istituito il premio Leone San Marco per il miglior film, oggi conosciuto come il Leone d’oro.
Gli anni cinquanta
Gli anni della guerra sono ormai lontani e il cinema degli anni cinquanta cattura l’entusiasmo collettivo, che si esprime in una grande voglia di scoprire il cinema orientale e nella voglia di sperimentare nuovi codici. Tendenze intercettate dalla Mostra, che, proprio in questa decade, consolida la propria posizione di rilievo nel contesto cinematografico mondiale. Infatti è grazie al catalogo di film in concorso che l’Occidente scopre il cinema giapponese dei grandi Akira Kurosawa (doppio Leone d’oro nel 1951 con Rashōmon e nel 1954 con I sette samurai) e Kenji Mizoguchi; quello indiano e dell’est Europa.
Ma lo sguardo non è solo rivolto all’estero, ma anche all’interno dei confini nostrani: questo decennio segna infatti la consacrazione di due massimi registi italiani, Federico Fellini e Michelangelo Antonioni. I programmi di questi anni sono ricchi di nomi passati alla storia: dagli autori come Ingmar Bergman, Claude Chabrol (che nel 1958 con Le beau Serge inaugura la Nouvelle Vague); agli attori come Brigitte Bardot, Gina Lollobrigida e Sophia Loren (Coppa Volpi nel 1958 per l’interpretazione Orchidea nera di Martin Ritt), Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni e molti altri.
Gli anni sessanta delle contestazioni
Negli anni Sessanta, la Mostra del Cinema di Venezia è ormai tappa obbligata per intercettare le nuove correnti espressive internazionali e, ogni anno tra la fine di agosto e gli inizi di settembre, tutti gli occhi sono puntati sul Lido di Venezia, generando non solo conversazione ma anche scandali. L’edizione del 1960 è quella più contestata: il pubblico fischiò l’assegnazione del Leone d’oro a Il passaggio del Reno di André Cayatte, l’ennesima vittoria rubata a Luchino Visconti che ricevette il Leone d’argento per Rocco e i suoi fratelli. Inoltre, anche negli anni delle contestazioni sessantottine, la Mostra si riconfermò pilastro fondamentale, dando voce ad autori come Pier Paolo Pasolini.
Nonostante la presenza di nomi come Kubrick e Malick, il Festival inizia a perdere la propria capacità di far coesistere i grandi maestri del passato con nuovi autori come succedeva un tempo. Non è infatti un caso che nel 1971 e nel 1972 i premi alla carriera andarono a John Ford e Charlie Chaplin: simboli di un cinema fondamentale, ma incapace di parlare al presente.
La Mostra dagli anni ottanta ad oggi
Tuttavia, dopo una grande crisi c’è sempre una rinascita, e il decennio degli anni Ottanta ha visto la Mostra del Cinema tornare ai vecchi splendori. Nel 1980, il Festival torna ad essere competitivo (tra il 1969 erano stati destituiti i premi) e, grazie ad una selezione intelligente e curata nasce il nuovo cinema d’autore, come quello del nuovo cinema tedesco, con i blockbuster di Steven Spielberg e George Lucas, rappresentanti del cinema della New Hollywood.
Una coesione che si rivela vincente e che ancora oggi, tra nuove sezioni come Orizzonti e spazi dedicati ai restauri, fa sì che il Festival riesca ad essere punto di incontro tra autorialità poliedriche come Woody Allen, Pedro Almodovar, Ermanno Olmi, Nanni Moretti e Paolo Virzì. Negli ultimi anni, grazie alla direzione di Alberto Barbera, questa tendenza è diventata virtuosa con programmi ricchi e variegati capaci di raccontare il cinema del presente attraverso voci differenti – da Sofia Coppola a Darren Aronofsky, da Luca Guadagnino (ormai presenza fissa al Lido) a Tim Burton (il suo Beetlejuice Beetlejuice aprirà l’81esima edizione della Mostra), ma anche interpreti che tra red carpet scintillanti e interpretazioni mozzafiato continuano a far sognare il pubblico e a tenere vivo il Festival del Cinema.