Da tempo immemore “isolato”, circondato dal mare e al riparo dagli influssi provenienti da ovest: l’arcipelago giapponese ha potuto nel corso dei secoli sviluppare una tradizione ed uno stile di vita davvero incontaminati. Canoni unici che attirano la curiosità e l’interesse di moltissime persone, un fascino dirompente che ha scosso ormai anche l’occidente come un forte terremoto, di quelli tipici della terra del Sol Levante: il sushi, gli anime, i manga e i fiori di ciliegio. Da oggi, anche lo stile: i designer della moda made in Giappone si stanno imponendo sempre più nel mercato internazionale grazie alle loro idee rivoluzionarie, la loro eleganza innata e la voglia sempre più forte di osare.
Non è un caso che da qualche anno gli occhi del settore puntino sempre più a oriente, in particolare alla Rakuten Fashion Week di Tokyo, che anche quest’anno ha ribadito tutta la spregiudicatezza degli stilisti più interessanti presenti alla kermesse diventata tra le ricorrenze più attese dell’anno nella capitale, avendo sempre meno da invidiare a Londra, Milano e Parigi.
Le nuove frontiere della moda
vengono progressivamente spostate verso l’Asia: basta fare una passeggiata per le megalopoli di questo continente per rendersi conto fin dove possono spingersi i concetti di evasione e di fantastico applicati allo stile. Sulla passerella sfilano borse adornate da spille, portachiavi e ciondoli raffiguranti i personaggi più amati degli anime. Intarsi di draghi, cerchietti da Gothic Lolita che vengono abbinati a kimono decostruiti e riassemblati, con ritagli denim tinti a mano.
Un vasto arsenale di subculture locali da cui potersi armare, forti anche di quei capisaldi che definiscono la moda Giapponese. l’eterno amore per il vintage, il patchwork, l’arte del layering, il massimalismo pop ma anche gli echi di memoria punk. Tra le tante proposte presenti alla sfilata, non mancano i brand ben noti al di fuori delle isole del mar del Giappone: tra questi citiamo Pillings, la creatura di Ryota Murakami che ha impressionato anche con l’ultima collezione Primavera/Estate milanese di quest’anno. I designer della moda nipponica non vogliono più rimanere confinati nel loro paese di origine, ma piuttosto sconvolgere il pensiero stilistico globale. La rivoluzione sull’onda dell‘hallyu, la wave coreana ha definitivamente aperto le porte per gli stilisti dagli occhi a mandorla.
L’orientalizzazione è reale,
una invasione pacifica di gusti ed usanze che l’occidente sembra accogliere con molto piacere. Un richiamo continuo, quello nei confronti dei designer della moda giapponese, che non riguarda più solamente lo streetwear, ma che si sta facendo largo persino nel luxury branding. Lo testimoniano le collaborazioni di Gucci con Doraemon, di Fendi con i Pokémon, di Dolce & Gabbana con Jujutsu Kaisen. Una unione tra sacro e profano che diverte e solletica la nostra memoria: sono ormai troppe le generazioni cresciute a pane e cartoni animati giapponesi per non sfruttare questa potentissima chiave emotiva anche nella modisteria. Sebbene le proposte finora arrivate nei negozi risentano ancora di una forte influenza occidentale, c’è da aspettarsi che la moda asiatica si ritagli una fetta di mercato sempre più grande.
I sushi all you can eat sono sempre pieni, le sale del cinema si popolano di giovani appassionati ad ogni nuova uscita dello Studio Ghibli. In questo contesto praticamente inevitabile una espansione notevole anche nel campo della moda: dallo stile positivamente naïf di Shinya Kozuka, a quello ricercato, sartoriale e leggermente vintage di Kamiya, la settimana della moda di Tokyo non ha certamente deluso le migliaia di persone accorse. Un faro che si è ormai acceso, quello sullo stile giapponese, e che non vedremo spegnersi presto, ma che continuerà ad illuminare i nostri gusti nel prossimo futuro.