Il resto di niente – aperta fino al 29 luglio – è una delle mostre di moda nata da un’idea di Sabato de Sarno, direttore creativo di Gucci, Eva Fabbris e Giovanna Manzotti, realizzata dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee e ospitata al Museo Madre di Napoli, che mira ad esplorare la relazione intrinseca tra architettura e identità emotiva. Una collettiva che ha come fil rouge l’opera dell’architetto Aldo Loris Rossi e Donatella Mazzoleni, sua compagna di vita e di progetti. Di loro si indagano quelle utopie incomprese, quella voglia di cambiamenti che non smettono mai di offrire spunti di riflessione sull’impatto emotivo del costruito tra distopie e promesse rinnovabili.

Mostre di moda: “Il resto di niente”, l’architettura come ispirazione

Il titolo della mostra, è tratto dal romanzo storico di Enzo Striano del 1986, evoca un’epoca tumultuosa nella storia di Napoli: la rivoluzione del 1799 e la breve esistenza della Repubblica Napoletana. Attraverso questo richiamo storico, l’esposizione non solo celebra l’arte contemporanea, ma intreccia abilmente la narrazione dell’architettura, dell’arte della fotografia e della moda con la storia affascinante e complessa della città partenopea. Per raccontarla circa quaranta disegni storici di Aldo Loris Rossi e Donatella Mazzoleni – che arrivano dalla Facoltà di Architettura dove ha sede l’archivio – affiancati da opere di altri undici artisti di diverse generazioni e ambiti creativi differenti. Un’idea suggestiva che gioca sulle similitudini e sulle divergenze tra le architetture intricate, quasi labirintiche dei due progettisti, per esplorare la dimensione dell’abitare contemporaneo in bilico tra il desiderio di stabilità e un acuto senso di solitudine.

Le loro creazioni: la Casa del Portuale e il complesso residenziale di

Piazza Grande, incarnano un’estetica brutalista che si fonde armoniosamente con forme organiche, passioni espressioniste e influenze futuriste. Questi edifici, spesso paragonati ad enormi astronavi, rappresentano le utopie del secondo dopoguerra e sono divenuti icone del paesaggio urbano di Napoli. Perché rappresentano una metafora della complessità della società, che non riduce lo spazio a semplici assi ortogonali, ma permette simultaneamente una visione trasparente, attraverso la quale la società può essere osservata nella sua totalità o in larga parte.

Loris Rossi, autore di straordinaria forza e raffinatezza, si muove con agilità là dove gli opposti si fondono e si integrano. La sua visione ideale della città è quella di una metropoli, dove la densità favorisce la cultura, gli incontri e le interazioni, proprio come in questa mostra che rappresenta un esempio tangibile della sinergia tra Gucci e il Museo Madre di Napoli. La collaborazione tra un marchio di moda di fama internazionale e un’importante istituzione culturale testimonia l’impegno nel creare sinergie che valorizzano la bellezza e la diversità del mondo contemporaneo.

Tredici artisti coinvolti

Ed è proprio attraverso gli incontri che la mostra “Il resto di niente” acquista maggior forza. Tobias Zielony, fotografo e regista di cortometraggi,  ha arricchito l’esposizione con una serie di scatti delle celebri costruzioni di Rossi e Mazzoleni, ampliando il suo progetto di ricerca fotografica. L’immagine iconica è quella della Casa del Portuale (1968-1980), presente nella serie televisiva Gomorra e nei videoclip di Liberato, che ha contribuito alla fama internazionale di Napoli. Situata nella Zona Est del Porto di Napoli, è un’imponente struttura in cemento, dalle forme organiche e zoomorfe, che si fondono con il paesaggio marino, richiamando allo stesso tempo lo stile delle sculture moderniste.

Nella mostra, opere di artisti come Vincenzo Agnetti,

pittore concettuale (1926 – 1981) e Nanda Vigo designer di luce (1936-2020), esponenti della generazione dell’architettura utopica, creano paralleli concettuali e cosmogonici con il lavoro di Rossi. Jim C. Nedd, RM e Domenico Salierno esplorano le dimensioni emotive dell’abitare contemporaneo, mentre Giulio Delvè e Özgür Kar affrontano il tema del sentirsi esistenzialmente intrappolati. Sara Persico trasforma la ruvida realtà urbana in dimensioni sonore, mentre Angharad Williams ritrae l’impermanenza riflessa su un’automobile. Franco Mazzucchelli, con le sue sculture gonfiabili, occupa e trasforma gli spazi espositivi del MADRE in luoghi vissuti e condivisi. L’effetto ottenuto è una mostra che supera gli stereotipi, alla ricerca di nuove utopie, che testimonia anche la forte volontà di Gucci e del suo direttore creativo di creare una sinergia con istituzioni come il MADRE, condividendo valori estetici e artistici.

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