Il mondo della musica si divide, spesso, tra i ‘puristi’ di un genere, conservatori che non vedono di buon occhio la contaminazione fra più stili, e coloro che amano sperimentare aprendosi ad infiniti dialoghi fra linguaggi differenti. Serena Brancale, per certo, appartiene a questa seconda categoria. Va detto però che alla cantante, polistrumentista e compositrice dalle origini pugliesi, probabilmente, non piacerebbe essere etichettata. Lei che ha esordito giovanissima spiccando nel panorama Soul, R&B e Jazz, ha recentemente dimostrato che il mondo della musica è bello proprio perché vario. E in questa varietà la Brancale ama ‘pescare’ elementi da mescolare per dar vita ad un pastiche musicale capace di raggiungere pubblici sconfinati. In questa intervista racconta a cuore aperto gli esordi della sua carriera, il dialetto barese che la caratterizza e il duetto con Annalisa.
Gli inizi della carriera
Qual è il primo ricordo che hai legato al mondo della musica?
La scuola di musica di mia madre, è partito tutto di lì. Trascorrevo interi pomeriggi in quel luogo mentre lei lavorava e mi ritrovavo sempre in qualche aula in cui stavano facevano lezioni fino a che ho iniziato a prenderne io. Prima pianoforte e poi violino; quando ero bambina e avevo 6/7 anni trascorrevo praticamente più tempo lì che a casa.
Eri giovanissima quando hai iniziato una carriera nel mondo del jazz, un ambiente poco popolato dai giovani: ti sei sentita subito a tuo agio?
Sì perché fortunatamente ho incontrato belle persone con le quali condividere la mia stessa passione. È vero che mi capitava di incontrare gente troppo ‘purista’ che prediligeva il jazz come swing mostrandosi poco aperte a tutte gli stili. Però, io non ho mai frequentato queste persone ed avendo scelto, invece, amici ed artisti che avevano la mia stessa visione e modo di concepire il jazz, – ovvero come genere aperto e mescolato -, ho sempre vissuto bene lo studio e il conservatorio.
Che musica ascoltava Serena da adolescente e cosa ascolta oggi?
Ricordo tre artisti in particolare che hanno segnato il mio passato. Il primo è Fabio Concato di cui c’era un disco che ascoltava sempre mia madre, in cui c’era il brano “M’innamoro davvero”. Poi mia cugina mi regalò l’album degli Jamiroquai e, infine, mio padre una cassetta dei Kool & the Gang, questi sono i primi ascolti musicali che ricordo senza dimenticare che amavo anche i Festivalbar e tutti gli artisti che salivano su quel palco dagli Eiffel 65 ad Alexia.Insomma, ascoltavo tutta la musica commerciale caratterizzata, però, da armonie particolari. Oggi i miei ascolti sono cambiati tantissimo, soprattutto da un anno a questa parte, forse per le ricerche che ho fatto su Instagram. Ultimamente sto seguendo tanto tutto il mondo del dj set e, lavorando su Tik Tok, mi capita spesso di ascoltare, dj di Miami che mixano la salsa con l’house. Quindi, vado a ricercare e riascoltare questi generi. Ascolto poco il genere soul e jazz però mi capita di soffermarmi su qualcosa di interessante: ho apprezzato, ad esempio, l’ultimo lavoro di Jacob Collier. Ma non sono così fan da andarmi a studiare il solo o l’armonia, mi piace più il sound in generale e per questo sono tornata ad ascoltare la musica latino americana anche perché, in vista del nuovo album, mi serve concentrarmi su questo tipo di ascolti.
Serena Brancale ha portato il dialetto barese nel panorama musicale italiano
Che rapporto hai avuto con il dialetto barese sin da quando eri bambina? E come è nata l’idea di usarlo in Baccalà?
Io non l’ho mai parlato il dialetto, l’ho sempre ascoltato da mio zio, mio padre, mia nonna e l’ho sempre amato. Scrivo in dialetto ma non lo mastico, ripeto frasi semplici ma non sono in grado di tradurre velocemente frasi complesse. Mi risulta facile scriverlo perché mi sempre un po’ come quando si scrive in finto americano, si fa più o meno lo stesso tipo di esercizio. La parola Baccalà aveva un suono che mi piaceva, non è un piatto tipicamente barese, avrei potuto scegliere il polpo che è invece tipico di quella zona. Ma baccalà in quel momento era la rima giusta ed aveva il giusto suono per creare un brano che non immaginavo sarebbe stato amato da chiunque: è nato tutto per gioco.
Sei stata pioniera nell’aver elevato l’uso del dialetto barese in campo musicale: perché secondo te fino ad ora non era stato fatto? Pensi che il dialetto barese possa avere futuro nel panorama musicale italiano?
Penso che gran parte del successo di “Baccalà” sia legato al fatto che questo sia un momento fantastico per utilizzare il dialetto. Ho avuto la fortuna dalla mia parte grazie al lavoro che si sta facendo a Napoli, ad esempio, con artisti come Geolier che ha portato il dialetto napoletano al di fuori di una nicchia ristretta facendo sì che tutta l’Italia lo cantasse. Secondo me questo contesto di apertura della musica nei confronti degli idiomi locali è stato un ingrediente che ha fatto sì che “Baccalà” arrivasse nelle case di tutti a differenza dei brani scritti in barese, in passato, da altri artisti. Ci sono stati, infatti, rapper, cantanti che lo hanno fatto prima di me, ma probabilmente non era il momento giusto. Tra gli altri aspetti che mi hanno permesso di arrivare con “Baccalà” davvero a chiunque c’è sicuramente il fatto che sto utilizzando i social come nessuno ha mai fatto prima: giocare con Tik tok creando video in cui tutto è curato con attenzione, dal minutaggio, i colori, la musica, la scena, è una delle strategie vincenti che spiegano il successo del mio brano. Questo non nasconde, però, il fatto che altri artisti abbiamo composto brani in dialetto barese prima di me.
Serena Brancale con Annalisa
Come è stato duettare con Annalisa durante la tappa barese del suo tour?
È stato molto bello e tenero perché non è facile che una cantante così famosa si metta in gioco cantando in un dialetto difficile come quello barese e meno conosciuto rispetto a quello napoletano ad esempio. Quindi è stato incredibile vedere Annalisa, che in questo momento si trova all’apice del successo e della sua carriera, mettersi in gioco. Secondo me ha dato un grande insegnamento; pensando ad un duetto, mi piacerebbe farlo con Salmo, sarebbe bello creare questo melange barese-sardo.
Carriera jazzista e fenomeno “Baccalà”: due facce della stessa medaglia o passato e futuro di Serena?
Mi sono sempre rifatta al mondo americano in cui si mescola la recitazione con la musica, il teatro e il ballo. Mi viene in mente Jamie Foxx di cui stavo riguardando recentemente un video nel quale suona dal vivo e canta facendo le imitazioni di tutti i cantanti. Questo vuol dire che rientra nel fare musica essere autoironici e giocare con altri elementi. Non c’è una Serena passata e una futura. Anzi è bello che “Baccalà” mi stia dando la possibilità di farmi conoscere da persone che non verrebbero ad ascoltarmi al Blue Note di Milano o ai Festival Jazz. Ora c’è da divertirsi ma ho anche una grande responsabilità perché non c’ è più solo il cantante del conservatorio che viene ad ascoltarmi ma anche la signora che incontro al supermercato. Quindi “Baccalà” fa da tramite, è un traino che porta avanti tutto quello che c’è stato prima facendolo conoscere ad un pubblico più ampio. È un percorso che continua. Non c’è, dunque, una vecchia Serena c’è solo una Serena più felice!
Così, dopo aver calcato i palcoscenici dei festival e jazz club più rinomati al mondo,
Serena è riuscita a superare le barriere di quello che è considerato il genere di nicchia per eccellenza. Lo ha fatto parlando al pubblico in modo genuino e vero, rispolverando l’uso del dialetto barese in campo musicale. Ma la sua è un’operazione diversa da quella di chi l’ha preceduta in passato perché, questa volta, a cantare il recente successo dell’esplosiva artista pugliese, “Baccalà”, è Annalisa che ha sfoggiato un impeccabile vernacolo barese. È accaduto durante la tappa pugliese del tour della nota cantante e alla Brancale va il merito di aver portato su quel palco la vivacità e la spontaneità di un dialetto che, oggi, è forse pronto a spiccare il volo oltre i confini della terra a cui appartiene. Chissà se presto lo ascolteremo anche in uno contesto come quello dell’Ariston e magari potrebbe essere proprio Serena Brancale ad aprile le danze. Il coraggio di osare di sicuro non le manca!