“All art has been contemporary”, tutta l’arte è stata contemporanea, recita una famosa opera di Maurizio Nannucci. Una “scrittura di luce” che pontifica una massima eterna valida in particolare per Leandro Erlich, artista argentino classe 1973. E il cui lavoro è senz’altro contemporaneo nel più ampio significato del termine. Il nativo di Buenos Aires infatti propone opere popolari e immediate, che colpiscono e restano nella labilissima soglia di attenzione di una umanità sempre più propensa a stimoli immediati. Le installazioni monumentali di Erlich sono sicuramente virali e social, come ha dimostrato il recente successo dell’antologia “Oltre La Soglia” esposta a Palazzo Reale, a Milano. Creazioni che spiazzano ma non indignano né provocano inquietudine. Insomma, una sorta di esperienza al Museo delle Illusioni, caratterizzata però da una maggiore profondità.
Le illusioni (popolari) di Leandro Erlich
Prendiamo ad esempio l’opera che ha praticamente aperto il percorso espositivo a Palazzo Reale. Gli spettatori si sono ritrovati davanti una riedizione di Bâtiment, ovvero la riproduzione esatta (con tanto di balconi ed elementi architettonici aggettanti e decorativi) di una parete di un palazzo tipico parigino sistemata a terra in modo da far vivere ai visitatori la possibilità di entrare dentro una illusione alla Escher, quest’ultimo attualmente in mostra a Roma sino a maggio. Non a caso, in Infinite Staircase del 2020 l’artista argentino sembra proprio richiamare in maniera esplicita l’incisore olandese surrealista. E l’illusione continua con Changing Rooms (2008) sorta di labirinto degli specchi ma con solo tre di essi posizionati, che tuttavia genera un effetto Droste di camerini infiniti che si perdono a vista d’occhio.
Erlich e lo sguardo dello spettatore
Erlich gioca poi con le nostre percezioni e anche con il nostro lato più voyeurista tramite gli schermi, come avviene con Elevator Pitch (2011), una videoinstallazione su un ascensore che si apre e si chiude a ritmi regolari, svelando ogni volta una varia umanità. Sempre sul tema dell’illusione e dello sguardo dello spettatore si inserisce un’opera come Global Express (2011), dove viene riprodotto il finestrino di un treno che ci rende partecipi di un viaggio, appunto, globale, senza soluzione di continuità. Il visitatore così guarda i paesaggi dal finestrino, così come dagli oblò di un aereo in Night Flight (2015) ed El Aviòn (2011).
L’artista inoltre riesce a coniugare la capacità di sorprendere con una ragguardevole capacità di esecuzione nell’allestire le proprie meraviglie. Come le Nuvole sotto teca, come se fossero una installazione di Damien Hirst ma decisamente meno corrosiva e disturbante. Ma anzi soffice e delicata come le formazioni atmosferiche, ricreate però con un sapiente uso di lastre di vetro, stampe digitali e luci led.
L’equilibrio di Erlich tra ricerca artistica e gusto popolare
Erlich, in buona sostanza, ha fatto un all-in al banco dell’arte contemporanea. Riesce a parlare alle masse in maniera diretta e non elitaria, con un linguaggio comprensibile e, come abbiamo visto, incline alla riproducibilità virale sui social. Tutto con una maestria tecnica da artista tradizionale. Una delle perfette sintesi di tutto ciò è rappresentata dalla Swimming Pool, esposta in maniera permanente al Museo del 21° secolo di Arte Contemporanea di Kanazawa, in Giappone. Parliamo di una vasca d’acqua, una piscina appunto, sotto la cui superficie non c’è tuttavia il liquido, e i visitatori possono quindi camminarci dentro. C’è ovviamente il trucco: l’acqua è presente in un catino profondo dieci centimetri: un diaframma di vetro separa la superficie della piscina dal resto sottostante, calpestabile da tutti senza ovviamente annegare.
Nonostante opere come Traffic jam – Order of importance (2018), che punta a sensibilizzare gli spettatori sul cambiamento climatico in atto, nel lavoro di Erlich non c’è l’urgenza di épater le bourgeois con provocazioni fini a sé stesse, come avviene per altri colleghi. Se vogliamo trovare uno scopo nell’artista di Baires, lo possiamo rintracciare invece in quello di stupire, solo in ultima istanza far riflettere e, forse per una sorta di eterogenesi dei fini, persino divertire. Ma sicuramente provocare meraviglia, anche mettendo in discussione i nostri punti di riferimento percettivi; questa la formula del successo, reale e social, di Erlich.