Libertà, anarchia e amore, ma anche poesia, perdono e pietà: il legame tra Fabrizio De André e Dori Ghezzi è stato questo e molto altro. Il rapporto tra i due artisti, nato quasi per caso in uno studio di registrazione, è raccontato principalmente in due opere, il libro “Lui, io, noi” scritto da Giordano Meacci e Francesca Serafini insieme alla cantante di origine brianzola ed edito da Einaudi, e la serie tv Principe libero nella quale Luca Marinelli interpreta il cantautore genovese, acclamata da pubblico e critica. In entrambi i casi, tra le pagine del volume come nelle scene della fiction, emerge chiara la forza tenera e allo stesso tempo prepotente che è stata in grado di tenere uniti due esseri umani abbandonati teneramente l’uno all’altro e capaci di coltivare ogni giorno una corrispondenza affettiva e intellettuale con pochi precedenti nel mondo dello spettacolo.
Valzer per un amore
Dori e Fabrizio si conoscono nel 1974 mentre lui sta registrando l’album Canzoni e lei, nello studio di fianco della casa discografica Fonorama, il suo nuovo disco solista. Faber – soprannome affibbiatogli dall’amico Paolo Villaggio con riferimento alla sua predilezione per i pastelli e le matite della Faber-Castell oltre che per l’assonanza con il suo nome – avvicina la collega durante una pausa e la invita ad ascoltare il brano che ha appena inciso, Valzer per un amore.
“Il testo invita una donna a non attendere la vecchiaia per donarsi all’amore, ad un invito elegante e nello stesso tempo esplicito – ha raccontato molti anni dopo Dori Ghezzi – e con me ha funzionato“.
Tra i due l’intesa è spontanea e irresistibile:
“Fabrizio non mi ha mai corteggiata nel vero senso della parola, è come se ci fossimo conosciuti da sempre e continuassimo un discorso. E io mi sono trovata subito a mio agio con lui”.
La nuova passione stravolge la vita di De André, che decide di divorziare dalla prima moglie, Enrica “Puni” Rignon (più grande di dieci anni e mamma di suo figlio Cristiano), e ufficializza l’unione con Dori. Nel 1977 nasce la loro unica figlia, Luisa Vittoria detta Luvi. L’anno successivo arriva anche la prima collaborazione artistica tra i due: il disco è Rimini, in cui il cantautore si avvicina per la prima volta al folk e al pop, lasciando sullo sfondo l’impegno politico che aveva contraddistinto l’intera produzione precedente. L‘amore totalizzante ma mai opprimente che lega i due artisti si espande dal privato alla vita pubblica e lavorativa, Dori e Faber sembrano aver trovato il loro posto nel mondo, uno accanto all’altro.
Il dramma del rapimento
Nel ’79 la quotidianità della coppia è però stravolta da un evento destinato a segnare per sempre la vita di entrambi: un gruppo di banditi fa irruzione nella loro casa di Tempio Pausania, in Sardegna, e li rapiscono sperando in un riscatto milionario. L’esperienza della prigionia è devastante ma nelle notte più fredde i due fanno l’amore per scaldarsi e rincuorarsi a vicenda: hanno paura, ma il pensiero va continuamente alle persone che attendono il loro rilascio, i genitori e i figli e trovano la forza per resistere, insieme. La maggior parte del tempo indossano cappucci che i rapitori gli tolgono solo di tanto in tanto. Per alimentarli senza slegargli le mani, li imboccano con pezzetti di salsiccia e pane.
“Nessuno si era preso così tanta cura di me da quando ero bambino”, racconterà poi Faber ironico.
Fabrizio De André e Dori Ghezzi vengono liberati il 20 dicembre e da quell’esperienza nascerà la canzone Hotel Supramonte.
“La notte peggiore fu quella in cui liberarono me. Ci separavano, ma né io né Fabrizio avevamo la certezza che gli accordi fossero andati a buon fine. Le informazioni che ci davano erano che il padre di Fabrizio non volesse pagare il riscatto. Ci proponevano di liberare Fabrizio per pagare il mio riscatto o viceversa”,
avrebbe raccontato lei anni dopo.
Un legame eterno
Nel 1989, dopo quindici anni di convivenza, i due artisti decidono di sposarsi; l’anno successivo, Dori è costretta a interrompere la sua carriera per un problema alle corde vocali. Poi, nel 1998, la scoperta della malattia di Faber poco prima di un concerto che si sarebbe dovuto svolgere a Saint Vincent. L’11 gennaio 1999 le conseguenze di un carcinoma polmonare strappano alla vita uno degli intellettuali italiani più brillanti della seconda metà del secolo scorso, un artista il cui lascito è ritenuto all’unanimità di incommensurabile valore. Con De André se n’è andato il racconto poetico degli ultimi e dei diversi, oltre che una personalità complessa e immensamente talentuosa.
L’eredità di un genio
Rimasta vedova, Dori Ghezzi decide di dedicarsi anima e corpo alla Fondazione che porta il nome del marito e al Centro Interdipartimentale di Studi Fabrizio De André all’Università degli Studi di Siena, con l’obiettivo di tramandare la memoria del cantautore genovese, l’unico vero amore di un’intera vita.
“Per me quella con Fabrizio è una convivenza ancora quotidiana e questo mi rincuora molto, mi aiuta. È sempre molto bello e piacevole occuparsi di lui e continuare questa storia senza vederla nostalgica e passata. Grazie a lui io sono ancora in grado di guardare avanti”.