Il “Don Carlo” di Giuseppe Verdi apre la nuova stagione 2023-2024 del Teatro Alla Scala. Come da tradizione nel giorno di Sant’Ambrogio il tempio scaligero ha accolto al suo interno la grande bellezza dell’opera lirica, ospitando un dramma di tardo Ottocento ma dal significato, purtroppo, ancora attuale: tredici minuti di applausi a scena aperta per l’opera, il cast ed i costumi.
Quattro ore di spettacolo
Uno spettacolo di quattro ore quello andato in scena nel teatro meneghino, con il pubblico delle grandi occasioni che ha goduto della bacchetta del Maestro Riccardo Chailly e della regia di Lluis Pascal, artista che ha raccolto l’eredità di Davide Livermore, il quale ha curato le rappresentazioni negli anni precedenti.
Seppur smuovendo qualche perplessità tra i puristi, lo spettacolo si è distinto per la grande prova di forza del cast, tra cui spicca la Diva del bel canto Anna Netrebko (Elisabetta di Valois). Più tiepida invece la prestazione del protagonista Francesco Meli, a volte sgraziato in alcune note ma comunque autore di una buona prima uscita, soprattutto se rapportata al grande impegno che richiede la partitura verdiana. Bene il resto del cast, composto dal superlativo Michele Petrusi (Filippo II, Re di Spagna), Luca Salsi (Rodrigo, Marchese di Posa), Jongmin Park (il grande inquisitore) ed Elina Garanca, quest’ultima investita da una vera e propria ovazione da parte del pubblico. Particolarmente apprezzato infine il lavoro di scenografia e dei costumi, affidato a Daniel Bianco e Franca Squarciapino. Si conclude fra applausi e ovazioni, questa Prima, qualche «buuh» è arrivato quando è uscito il regista Lluis Pasqual ma gli applausi finali vanno avanti per 13 minuti. (praticamente lo stesso tempo della Prima dello scorso anno).
Una prima senza il Presidente Mattarella
Contrariamente a quanto avviene di solito, la Prima si è svolta senza la presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, grande assente sul Palco Reale insieme alla Premier Giorgia Meloni. Al posto del Capo dello Stato si è accomodata la Senatrice a vita Lilana Segre, a cui è stato riservato un lungo e sentito applauso; al suo fianco il sindaco di Milano Beppe Sala e il Presidente del Senato Ignazio La Russa. Svariati poi i volti noti provenienti dal mondo dello spettacolo come Pedro Almodovar, Patti Smith, Livia Pomodoro, Louis Garrell, Ornella Vanoni e Roberto Bolle.
Un evento sempre più seguito
La tradizione di inaugurare il primo spettacolo della stagione teatrale il 7 dicembre risale al 1951, anno in cui il Direttore dell’epoca, Victor De Sabata, decise di far coincidere l’apertura del Teatro con la Festa di Sant’Ambrogio, il patrono di Milano. Negli ultimi anni l’attenzione verso la Prima ha avuto un riscontro sempre più crescente, certificato anche dalla programmazione ad ampio raggio dedicata al “Don Carlo“. Ha riscosso poi grande successo anche quest’anno la cosiddetta “Prima diffusa“, con ben 40 centri dislocati per la città che hanno proiettato l’evento, a cui si aggiunge il maxi schermo allestito nella Galleria Vittorio Emanuele.
La storia del “Don Carlo”
Non tutti sanno che l’Opera presentata alla Scala, chiamata appunto “Don Carlo“, altro non è che un riadattamento in italiano del “Don Carlos” composto dallo stesso compositore nel 1867 su libretto di Camille du Locle e Joseph Méry. Anni dopo, nel 1884, il musicista commissionò ad Achille De Lauzières l’incarico di tradurre in italiano i testi, arrivando dopo alcune modifiche alla versione che conosciamo oggi.
Il titolo è uno degli esempi più lampanti del “Grand Opera”, genere di spettacolo noto per rispettare canoni fissi e ben riconoscibili: in primis, la trama doveva seguire una tematica puramente storica, così come la messa in scena doveva prestarsi a scene epiche e dal grande effetto. Fondamentale, la presenza del balletto e la suddivisione in cinque atti.
L’attualità verdiana: il canto lirico tra i segni distintivi della nostra Nazione
Importante rimarcare infine la profonda attualità dell’opera verdiana, focalizzata sui contrasti tra famiglia, potere e politica. La storia parla infatti di Elisabetta di Valois, figlia del Re Di Francia Enrico II, la quale viene promessa in sposa a Don Carlo, figlio di Filippo II. I due sono innamorati, ma alla fine incredibilmente sarà Filippo a sposare Elisabetta. Un matrimonio forzato che il Re non riesce a gestire, venendo inghiottito dalla gelosia, fino a compiere il gesto più cruento condannando a morte la moglie.
Il finale tragico riporta quindi alla memoria il femminicidio, vera piaga del nostro tempo. Non è un caso che, nei tanti look apparsi nel foyer, si sia vista un’abbondanza di rosso, coloro simbolo nella lotta contro la violenza sulle donne. Ancora una volta dunque un testo ottocentesco racconta il presente, sintomo di una società che deve ancora fare grandi passi per evolversi davvero.
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