Carismatica, sensuale, camaleontica. Non basta una sola biografia per descrivere il grande contributo che Monica Vitti ha donato al cinema italiano. Nel giorno in cui avrebbe compiuto 92 anni celebriamo la grande storia della Diva italiana, diventata nel tempo non solo punto di riferimento per tutta la settima arte ma anche simbolo dell’emancipazione e del femminismo.
Gli inizi nel mondo del teatro
Maria Luisa Ceciarelli, questo il vero nome di Monica Vitti, nasce nel 1931 a Roma da papà Angelo, romano DOC, e da mamma Adele Vittiglia, bolognese. Parte della sua infanzia la trascorre però al sud, a Messina, a causa del trasferimento del padre, un ispettore di commercio estero. Sarà proprio in questo contesto che la futura attrice verrà soprannominata giocosamente “Setti vistini“, un modo per deridere la sua tendenza ad indossare tanti vestiti uno sopra l’altro a causa del freddo.
Trasferitasi a Napoli, scopre, invece, la vocazione verso il teatro in un contesto molto particolare, quello bellico. Un’ancora dodicenne Monica Vitti gioca nei rifugi antiaerei, testando le sue “ancora” infantili doti attoriali utilizzando i burattini. Sono i primi segnali di una passione folgorante che la portano ad iscriversi anni dopo a scuola di recitazione, intraprendendo così un percorso che culmina con il diploma all’Accademia Nazionale d’arte drammatica a Roma diretta da Silvio D’Amico. In poco tempo, sale sul palcoscenico, destreggiandosi in un repertorio molto colto e spaziando tra Shakespeare e Moliere, forgiando la sua esperienza con il Maestro Sergio Tofano, colui che suggerisce all’attrice di scegliere un nome d’arte.
Da Maria Luisa a Monica
Ascoltando il consiglio del suo mentore, opta per il cognome Vitti, prendendo spunto dalla prima parte di quello della madre (Vittiglia). Come primo nome sceglie invece “Monica“, ispirandosi alla lettura di un libro.
Sarà nel 1958 che la sua vita cambierà completamente, dopo l’incontro con uno dei registi più importanti della storia: Michelangelo Antonioni, cineasta che nota il suo carisma nei primissimi ruoli cinematografici, elevandola a sua musa. Tra i due nasce una grande alchimia, professionale e sentimentale che si sviluppa nella cosiddetta “tetralogia dell’incomunicabilità”. L’attrice interpreta infatti la sofferente Claudia ne “L’avventura” (1960), l’ammaliante Valentina ne “La notte” (1961), la malinconica Vittoria ne “L’eclisse” (1962) e l’instabile Giuliana ne “Il deserto rosso” (1964), riscuotendo un successo clamoroso di critica.
La ridefinizione del ruolo
Nonostante l’enorme riscontro, molte sfumature delle doti attoriali dell’artista non erano ancora emerse. Ben presto ci si accorgerà infatti anche di una spiccata vena comica, scoperta da Mario Monicelli, il quale propone a Monica Vitti una serie di ruoli brillanti. L’intuizione fu vincente, come dimostra l’iconico personaggio di Assunta Patanè ne “La ragazza con la pistola”, dove l’attrice interpreta una siciliana verace che parte per la Scozia alla ricerca dell’uomo che l’ha disonorata.
Il film segna un’altra svolta nel percorso di Monica, la quale ottiene grande clamore da parte del pubblico più generalista. Dopo la consacrazione a livello popolare seguono tante produzioni in cui l’attrice spazia con grande naturalezza da un genere all’altro, reggendo e superando il confronto con gli attori uomini più in voga: Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Alberto Sordi e Vittorio Gassman.
Negli anni Settanta il suo volto conquista anche i visionari stranieri,
uno tra tutti il mago del surrealismo Luis Buñuel (che la coinvolge per “Il fantasma della libertà”) oltre che il regista ungherese Miklós Jancsó e il francese André Cayatte. Prosegue poi un altro decennio ricco di soddisfazioni fino ad arrivare al 1990, anno de “Scandalo segreto”, la sua ultima apparizione cinematografica nonché la sua prima avventura dietro la macchina da presa in qualità di regista.
Il ritiro definitivo dalle scene arriva all’inizio degli anni 2000 a causa di una malattia, un morbo neurodegenerativo simile all’Alzheimer. Da quel momento la Diva vive una vita discreta e lontana dai riflettori, fino a spegnersi all’età di 90 anni. In quarant’anni di carriera ha ricevuto diversi riconoscimenti, trai cui si ricordano ben sei David di Donatello, tre nastri d’argento, un Orso d’argento al Festival del Cinema di Berlino, sette Globi d’oro e soprattutto un Leone d’Oro alla carriera consegnatole alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1995.
La donna del 3000
Ma qual è l’elemento che ha reso Monica Vitti un’icona immortale del cinema italiano? Indubbiamente, quello di essere donna all’avanguardia, dagli ideali futuristici, rispetto all’epoca che stava vivendo. Durante un incontro con la stampa organizzato per la presentazione del film la “La ragazza con la pistola”, l’attrice criticò fortemente il sistema patriarcale, in particolare la poca prospettiva offerta alle giovani donne, già culturalmente proiettate verso la ricerca di un marito:
«A una giovane donna viene detto: tu la cosa più importante che devi fare è trovarti un marito e difenderlo, forse anche mentirgli, ma l’importante è che tu abbia qualcuno con cui costruire questo focolare, questa famiglia, da portare avanti che ti mantiene. Invece a 15 anni bisognerebbe dire ad una figlia: tu devi trovarti un bel lavoro, duraturo possibilmente, che ti dia soprattutto un’indipendenza finanziaria. Poi puoi anche trovarti un marito, avere dei figli, ma comunque avere un lavoro, degli interessi».
Ma c’è di più…
E’ importante rimarcare quanto Monica Vitti abbia rivoluzionato il cinema, sdoganando una tipologia di viso inusuale ma ricco di carattere, sagacia, sensualità e personalità. Non a caso lei stessa ha più volte scherzato su questo aspetto, assumendosi la “maternità” del successo di alcune attrici, tutte esplose dopo di lei:
«Le attrici, diciamo bruttine, che oggi hanno successo in Italia lo devono a me. Sono io che ho sfondato la porta».
Una frase che sintetizza in poche parole il carattere roboante e indimenticabile della Regina del grande schermo; un’attrice strepitosa, meravigliosamente capace di dimostrarsi eccelsa mattatrice della commedia all’italiana.
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