Quarant’anni di storia della moda, quarant’anni di autentica follia, quarant’anni di Moschino. La maison fondata da Franco ha celebrato il suo anniversario oggi con la sfilata che presenta la collezione moda Primavera Estate 2024 in occasione della Milano Fashion Week donna. Un viaggio all’interno degli archivi della maison, condotto da quattro donne in un trionfo di celebrazione andato in scena senza un vero e proprio Direttore Creativo.
40 anni di creatività: i look ispirati alle creazioni del designer
Quello consumatosi in Via Moncucco è stato a tutti gli effetti uno spettacolo in quattro atti. Quattro come le stylist coinvolte per un progetto allestito senza una mente creativa stabile dopo l’inaspettato addio di Jeremy Scott, designer rimasto in carica dieci anni. La festa, perché di festa si è trattata, si è svolta in pieno stile Moschino, con tutta l’enfasi e l’eccentricità del caso riversata in una passerella capace di accogliere, oltre alle classiche silhouette, anche ballerini, performer e artisti, tra cui anche Laura Marzadori, primo Violino del Teatro Alla Scala che ha eseguito un brano di Gloria Gaynor, “I am what i am”, uno dei pezzi preferiti dal fondatore.
Una scelta non banale ed estremamente significativa. Lo spirito di Franco Moschino, – scomparso il 18 settembre del 1994 -, è stato il protagonista unico del defilé. Al centro dello show infatti sono riemerse le sue collezioni più grandi realizzate dal 1983 al 1993 in una rilettura orchestrata da Carlyne Cerf de Dudzeele, Gabriella Karefa-Johnson, Lucia Liu e Katie Grand, le quali hanno proposto dieci look ciascuna.
Un valore generazionale diverso per ogni stylist
Ma l’aspetto che salta all’occhio maggiormente guardando la sfilata-omaggio a Moschino è strettamente legato al tipo di eredità lasciata da Franco nel corso del tempo, testimoniata da una sfaccettatura diversa presentata dalle quattro stylist: nel primo segmento, firmato da Cerf, si è affrontato il concetto di abito classico, coniugandolo alla contemporaneità. Il risultato? Un tailleur con pantaloni interamente in bianco o in nero, una giacca nera, dei jeans e un top di cristalli.
Nel “secondo tempo” di Karefa Johnson invece è la famosa “Nowstalgia” a salire in cattedra, facendosi spazio tra voglia di ribellione e libertà esaltata dall’uso di cappelli da cowboy, occhiali Persol e maxi orecchini a cerchio. Impossibile non amare la gonna con le balze (tratta dall’incredibile collezione con cui Franco aveva omaggiato la Carmen di Bizet), i top e i giubbotti chiodo in un tripudio di borchie ed anelli dorati.
Lunga vita ai claim
Moschino, non è però soltanto tecnica, ma anche grande forza comunicativa. Motivo per il quale Lucia Liu nel suo terzo atto ha voluto puntare forte proprio sulla potenza degli slogan, sciorinando i punti concentrici dell’archivio della casa di moda, compreso quel “Protect me from te Fashion System” riversato in una t-shirt.
Ma quello che sembrava un semplice divertissement o una classica variazione sul tema si è rivelato invece ponte per il segmento finale guidato da Katie Grand che, in modo audace, ha inventato proprio un nuovo slogan, guardando dritto verso il futuro: “Loud Luxory”, due parole che indicano la strada di domani; una moda chiassosa e cacofonica, ma proprio per questo irresistibile. D’altronde, il fashion è soprattutto una questione di attitude. E forse è proprio questa la lezione più importante che Moschino ha lasciato.
Leggi anche: Prada SS 2024: una collezione che non lancia messaggi ma spiega vestiti