Il suono del french touch all’interno di uno dei Musei d’arte contemporanea più famosi del mondo. Rimarrà sicuramente negli annali l’evento speciale dei Daft Punk che, oltre due anni dopo l’annuncio del loro scioglimento, oggi 11 maggio faranno risuonare un loro inedito al Centre Pompidou di Parigi, “Infinity reapiting”.Un brano del 2013 scartato dall’album cult della band “Random Access Memory” pronto ad essere rilasciato nuovamente in una versione speciale per festeggiare il decimo anniversario.
Un’esperienza d’ascolto immersiva
Il prestigiosissimo centro museale parigino proporrà quindi a tutti i visitatori un’esperienza immersiva unica nel proprio genere, consentendo loro di ascoltare il pezzo del duo elettronico con l’ausilio di più di trenta altoparlanti allestiti nella galleria. Ma non finisce qui, perché presso il cinema del Pompidou si potrà anche vedere il videoclip del brano che, per far capire la maestosità dell‘evento, verrà anche proiettato nello schermo gigante posto proprio nel cuore del museo.
Come normale che sia niente si sa dell’inedito se non che è stato realizzato in collaborazione con Julian Casablancas e i Voidz e che durerà quattro minuti e quindici secondi. Sconosciuti, almeno fino a questo momento, anche i motivi che spinsero all’epoca i musicisti col casco a lasciarlo fuori da un disco che, ricordiamo, è tutt’ora ricordato come un vero e proprio capolavoro, trainato da una delle hit più rappresentative degli artisti, ovvero “Get lucky”. Per stuzzicare i fan e potenziali visitatori sia i Daft Punk che i canali social del Centre Pompidou hanno pubblicato nei giorni scorsi dei post molto esemplificativi ritraenti delle animazioni raffiguranti degli uomini, simili all’uomo vitruviano di Leonardo Da Vinci, che camminano in loop, accompagnati dall’hashtag #infinitewalking e da dei frammenti di un’intervista a Casablancas.
Un ritorno a casa
La location non è certamente casuale. Il percorso dei Daft Punk infatti è cominciato non a caso proprio tra le mura del Beaubourg. Era il 1992 quando Guy-Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter scoprirono nel corso di una serata rave praticamente clandestina denominata Armistice il grande fascino della musica elettronica ed house. Un periodo decisamente proficuo (esauritosi poi nell’estate del 1993) in cui grazie alla forza del passaparola e all’enorme vitalità di tutto il movimento a Parigi si crea una vera e propria sottocultura che strega Bangalter e lo spinge ad acquistare gli strumenti funzionali per cominciare a produrre musica. Cinque anni dopo sarà rivoluzione. Nel corso della loro carriera infatti i musicisti hanno conquistato la bellezza di otto Grammy Awards, guadagnandosi un consenso unanime di critica e pubblico, testimoniato da un riscontro di vendite impressionante.
Perché i Daft Punk si sono sciolti?
Malgrado la fine del progetto Daft Punk a febbraio 2021, le reale motivazioni dello scioglimento sono note soltanto in tempi recenti, precisamente lo scorso aprile, grazie a un’intervista esclusiva rilasciata ad una emittente televisiva britannica. Le ragioni dello stop pare siano dettate non da dissidi interni, né tanto meno da fantomatiche crisi creative bensì dallo sviluppo della tecnologia e dell’avanzare dell’intelligenza artificiale.
I musicisti infatti si sono sempre presentati al pubblico in vesti robotiche. Una scelta estetica ideale per giocare con il confine tra realtà e finzione. Oggi però è tutto diverso:
«Le mie preoccupazioni sull’ascesa dell’intelligenza artificiale – ha detto Bangalter – vanno oltre il suo utilizzo nella creazione di musica. Noi abbiamo cercato di usare queste macchine per esprimere qualcosa di commovente che una macchina non può provare ma un essere umano sì. Siamo sempre stati dalla parte dell’umanità e non dalla parte della tecnologia. Per quanto ami questo personaggio, l’ultima cosa che vorrei essere oggi nel 2023, è un robot».
Per questo motivo dunque i lavori dei Daft Punk rimarranno probabilmente per sempre incastonati nel periodo 1993 – 2021, in quanto fotografa un momento storico ben preciso. Occasioni come quella del Centre Pompidou restano però di fondamentale importanza proprio per scavare a fondo e cogliere altre sfumature di quasi trent’anni di sperimentazioni, cultura e bellezza.
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