Non c’è dubbio che nel corso degli ultimi anni, – complice la pandemia -, il mondo del lavoro sia cambiato profondamente. Sotto molti punti di vista, si potrebbe persino dire che abbia quasi completamente cambiato faccia. L’emergere di condizioni di lavoro nuove e per molti versi impensabili fino a pochi anni fa, – vedi lo smartworking- , ha tuttavia spinto molti manager ad una necessità di controllo ancor più capillare sui loro dipendenti. In questo contesto, dunque, pare che stia emergendo sempre più spesso un inquietante fenomeno che gli esperti chiamano productivity paranoia: cos’è e come si presenta?

Un sentimento quasi persecutorio

La situazione in cui ci troviamo è, in particolare, quella in cui i lavoratori si trovano ad operare in modo ibrido. Il mondo del lavoro oggi, soprattutto nel settore dei servizi, permette di completare gran parte delle attività direttamente da casa: di norma basta un computer e un’ottima connessione a internet, e l’ufficio diventa solo un lontano ricordo. Ad ogni modo, la distanza fisica fra datore di lavoro e dipendente può creare un corto circuito nella classica gerarchia aziendale, dove i responsabili sono sempre stati abituati ad un controllo vis-a-vis dei loro sottoposti. La semplice idea che un lavoratore possa svolgere lo stesso tipo di compito anche al di fuori delle mura aziendali può portare al fenomeno che oggi definiamo productivity paranoia.

Lavoro e productivity paranoia Life&People Magazine

Come si manifesta la paranoia dei manager sul posto di lavoro?

Esistono vari strumenti per tenere d’occhio i dipendenti, come le continue telefonate (a volte minatorie) o la richiesta di rispondere a e-mail di lavoro nel più breve tempo possibile. C’è inoltre, con lo smart working, il rischio che i responsabili si convincano che i lavoratori debbano sempre essere disponibili, anche dopo cena, o magari nei weekend. In un ambiente simile, ancor più di prima, il lavoratore fatica a capire quali siano i limiti da rispettare rispetto alla linea di demarcazione fra vita lavorativa e vita personale. Spesso capita persino che un lavoratore accetti straordinari non pagati pur di soddisfare le folli richieste dall’alto.

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Il rischio esaurimento

Le continue pressioni psicologiche dei capi affetti da productivity paranoia possono avere risultati psicologici devastanti sui sottoposti. Si tratta infatti di un atteggiamento che può provocare burnout nei lavoratori, che si sentono costretti a lavorare persino più a lungo di quanto non facessero in ufficio, creando aspettative su loro stessi completamente fuori da ogni logica. In questi casi il rischio di soffrire di ansia è altissimo, motivo per cui è necessario parlare con il proprio management, cercando di trovare una quadra per evitare di dover vivere il proprio lavoro con un senso di angoscia e costrizione. Una soluzione parallela può essere affidarsi ad uno specialista psicoterapeuta, che potrà aiutare l’individuo a compiere un percorso per eliminare frustrazioni e paure.

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Un’ossessione senza senso

I dati, inoltre, dovrebbero tranquillizzare le aziende ossessionate a livelli patologici dalla produttività dei loro dipendenti. Con lo sdoganamento dello smart working, infatti, abbiamo assistito ad un generale miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori che si sono dimostrati più motivati e più attivi che mai. Per mantenere questo livello di positività sarà dunque necessario che il management accetti questo nuovo assetto e comprenda che assecondare le richieste dei dipendenti non potrà che sortire risultati straordinari. La fiducia reciproca, in questo contesto, risulterà sempre essere un fattore essenziale da non sottovalutare.

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