Corrono gli anni ’70 e, ancora nel pieno della ribellione sessantottina, Jesus jeans diventa uno dei capi cult di tutto il decennio; grazie al talento dissacratorio di Oliviero Toscani e alla creatività ironica di Emanuele Pirella, si trasforma anche in uno degli spot più importanti della storia italiana della pubblicità. Un fenomeno mediatico e provocatorio, tanto da scomodare una vera campagna di boicottaggio, una denuncia e l’intervento di Pierpaolo Pasolini.
È difficile trovare un capo tanto indossato e amato in tutto il mondo quanto i jeans
Da baluardo dell’abbigliamento da lavoro dei portuali genovesi a simbolo del sogno americano, i jeans incanalano da sempre i desideri di intere generazioni. Durante i decenni il denim si è evoluto sia nelle vestibilità che nei valori incarnati; oggi è un tessuto fluido, trasversale alle classi sociali, al genere e alle fasce di età; ma c’è stato un tempo in cui indossare un paio di jeans aveva un significato simbolico e anche politico, tanto da essere una sorta di bandiera delle giovani generazioni. La prima collezione di denim italiano nasce nel 1971 grazie all’imprenditore Maurizio Vitale – titolare dell’allora sconosciuto Maglificio Torinese – in un momento in cui i jeans sono sinonimo di rivoluzione del costume e liberazione dai vincoli morali. Sono anche gli anni segnati dall’inizio dell’era del computer e da personaggi come Steve e Bill che, mentre programmano il cambiamento tecnologico epocale, indossano semplicemente jeans.
Perché il nome Jesus?
La storia della nascita del nome Jesus jeans in realtà e casuale. Maurizio Vitale è con l’amico Oliviero Toscani a New York mentre studiano insieme la strategia della neonata linea di jeans, proprio nel momento in cui trionfa il musical Jesus Christ Superstar. Passando sotto un enorme cartellone pubblicitario, Oliviero Toscani trova l’ispirazione che cerca: “ Jesus – esclama- li chiamiamo Jesus Jeans“. Un abbinamento foneticamente forte, con un alto potere evocativo che viene subito colto dagli slogan affidati a Michael Goettsche ed Emanuele Pirella e accompagnati dalle foto irriverenti e provocatorie di Oliviero Toscani.
La campagna si compone inizialmente da un’immagine che immortala il busto androgino di una modella con i pantaloni sbottonati, con il claim che recita ”Non avrai altro jeans all’infuori di me”. E una seconda immagine del fondoschiena di Donna Jordan – modella di Andy Warhol e l’allora compagna di Oliviero Toscani – meravigliosamente incorniciato da un paio di hot pants, accompagnata dallo slogan ”Chi mi ama, mi segua”.
Dice Toscani:
“Quando io ho iniziato non ero sicuro che avrebbe funzionato. Non puoi essere sicuro quando fai una cosa che è veramente creativa. La creatività non ha sicurezze. […] Solamente dal rischio puoi ottenere qualcosa di interessante, devi rischiare per avere un risultato nuovo e che abbia veramente un valore”.
La miscela tra sacro e profano: un potere deflagrante
La pubblicità Jesus jeans, che nasce come un gioco irriverente e provocatorio, fa scoppiare un vero e proprio scandalo e la storia si tinge di censura da parte di Magistratura, politica, cultura e ovviamente Chiesa. L’accostamento e il contrasto di frasi, apparentemente appartenenti all’area semantica “sacra” e le fotografie chiaramente provocatorie, appartenenti all’area “profana”, hanno un effetto esplosivo. Giusto per chiarezza, vale la pena ricordare che la frase “Chi mi ama mi segua”, non è una citazione dal Vangelo, come molti credono, ma una frase pronunciata, durante una battaglia, dal re francese Filippo il Bello.
17 maggio 1973, l’Osservatore Romano taccia tutta la campagna e i suoi ideatori di blasfemia. Il giorno seguente vengono sequestrati i manifesti e le fotografie relative a Jesus Jeans. Anche Pier Paolo Pasolini, sul Corriere della Sera, pubblica un commento intitolato “Il folle slogan dei jeans Jesus “; definisce profeticamente questa pubblicità come «il nuovo spirito della seconda rivoluzione industriale» anticipatore dei valori che andavano mutando.
La pubblicità non crea bisogni artificiali, ma sfrutta i desideri reali e umani
L’ironia, abilmente mescolata alla bellezza femminile e provocatoria di Donna Jordan, riesce ad emergere dal contesto, colpendo efficacemente nel segno. Tutta la vicenda innesca un inatteso e crescente interesse nei confronti dei jeans. Lo strascico polemico, il parlare, bene o male, trasforma Jesus jeans in un simbolo di ribellione; l’incarnazione dello spirito giovanile, delle lotte studentesche, della rivoluzione sessuale in corso durante quegli anni. Il jeans diventa sempre più oggetto di culto, un simbolo, una sorta di divisa pacifista per i giovani che combattono per la loro indipendenza e la loro emancipazione.
La storia consacra la campagna Jesus jeans come uno dei colpi più riusciti della pubblicità del periodo; ancora oggi è studiata come uno dei momenti di svolta che ha aperto la strada verso nuovi linguaggi come strumento d’impatto nella comunicazione. L’intuizione visionaria di Oliviero Toscani, l’ironica creatività di Emanuele Pirella e la bellezza di Donna Jordan, hanno coniato un mix geniale che ha reso Jesus jeans un capo cult nella storia del denim.
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