La poltrona Sacco, simbolo della seduta destrutturata, nasce nel 1968, epoca di rivoluzione e creatività esplosiva; il celebre arredo Zanotta che permette di assumere qualsiasi posizione si voglia, fa parte della storia del design italiano.
Potete rilassarvi su una poltrona Sacco nel modo che preferite, questo è il bello; è la poltrona per tutti, il Maggiolino Volkswagen delle poltrone. E’ un design di cui tutti si sono appropriati senza alcun tipo di filtro. Non ha la pretesa di essere un pezzo di design, anche se lo è. E’ solo accomodante e avvolgente. Elimina in modo elegante e pop l’idea di poltrona; la decostruisce formalmente e anche intellettualmente. Nata per essere una seduta ribelle, destinata al rilassato anticonformista, rappresenta qualcosa di rivoluzionario e anche la massima espressione della capacità creativa italiana.
Come nasce la poltrona Sacco Zanotta, uno degli arredi più innovativi e imitati della storia del design?
I suoi genitori sono i designer torinesi Piero Gatti, Cesare Paolini e Franco Teodoro; tre amici intenti a lavorare su un esperimento di ergonomia: una seduta flessibile che risponda ai movimenti del corpo. Pur considerando il comfort e la praticità, i designer sono motivati a produrre un pezzo di “anti-design” radicale che si adatti alla politica dell’epoca che oggi chiamiamo “Italian Radical Design”; in contrasto con i classici modernisti degli anni ’20 e architetti come Le Corbusier e Mies van de Rohe che all’epoca venivano reintrodotti.
Il motivo di tanto successo va ricercato proprio in quel che Sacco simboleggia: un’idea di libertà che non ha precedenti, in perfetta sintonia con i tempi in cui è nata; provocazione di una generazione tentata dall’utopia. Il processo di creazione dell’iconica poltrona parte proprio dalla ricerca di un materiale che consenta la massima adattabilità, sia per il corpo che per le sue posizioni e una forma che sia il risultato del fruitore e non il contrario.
Un oggetto senza alcun connotato ripetitivo.
L’ispirazione arriva dai vecchi materassi contadini, realizzati con sacchi di iuta imbottiti con foglie di castagno e altri materiali morbidi che possono conformarsi e modellarsi al corpo. Come imbottitura pensano quindi a piccole sferette di polistirolo espanso, morbide, confortevoli, adattabili; solitamente utilizzate come isolante o protettivo proprio per il loro potere avvolgente. Prendono quindi un sacco di vinile trasparente, lo colmano per due terzi con palline di polistirolo espanso e lo mostrano ad Aurelio Zanotta che, comprendendone immediatamente la forza, ne vuole immediatamente realizzare 10 pezzi. Nasce così uno degli arredi più innovativi e imitati della storia del design: la poltrona Sacco di Zanotta.
Una volta iniziata la produzione in serie, il successo è globale. A meno di un anno dalla sua creazione, la sedia “Sacco” è presentata al Salone del Mobile di Parigi del 1969. Nel 1970 la Sacco conquista il Compasso d’Oro ADI, due anni dopo viene esposta al MoMa di NewYork e oggi fa parte di numerose collezioni permanenti come il Triennale Design Museum di Milano, il Musée des Arts Décoratifs di Parigi o il Victoria & Albert Museum di Londra. Nell’ultimo mezzo secolo, la poltrona Sacco è riproposta in una varietà di dimensioni, colori e materiali. Il suo design banale e confortevole la rende uno dei modelli preferiti di tutte le generazioni e uno degli oggetti più popolari e copiati nella storia dell’arredamento.
Oggi la conosciamo anche come un’alternativa giocosa alla tua seduta di tutti i giorni.
Grazie anche alle gag senza tempo, entrate nella memoria collettiva, di Paolo Villaggio nei panni di Giandomenico Fracchia; vessato e timido impiegato, intento in contorsioni e acrobazie nel tentativo di mantenere una posizione su una poltrona Sacco. Ma nella storia la poltrona Sacco di Zanotta è stata anche protagonista di molte strisce dei Peanuts di Schulz, varcando i confini internazionali con il nome confidenziale di “beanbag chair”; eletta dalla scorbutica Lucy come rifugio nei frequenti momenti di isteria.
Dopo oltre 50 anni la poltrona si rinnova pur rimanendo sempre la stessa e senza perdere il suo spirito rivoluzionario.
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