Diversità e inclusione rappresentano le parole chiave del design contemporaneo e della moda inclusiva di Minerva Mariotti. Figlia dell’attrice Iris Peynado, propaga l’idea personale di un’identità diffusa. La scelta dei tessuti si configura come una ricerca di potenziali alternative architettoniche e come metafora di un’inclusione sociale.

Il lavoro di Minerva Mariotti definisce un esempio di diversità e di inclusione nel design,

segno del patrimonio multietnico ereditato dalla famiglia. L’importanza della contaminazione culturale e la ricchezza derivante dal reciproco sostegno costituiscono i valori che la designer eredita dai genitori e trasporta nella sua estetica. La giovane artista riceve la prima lezione di architettura danese da parte di un taxista, quando sbarca in aeroporto tre anni fa a Copenaghen. La città insulare rappresenta ora, per lei, un porto sicuro e un posto in cui potersi muovere ogni giorno in sella alla sua bicicletta è un lusso prezioso. Roma, tuttavia, è la città del cuore che chiama casa.

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Minerva si trasferisce a Copenaghen nel 2018 per un master in Spatial Design, dopo aver già ricevuto una poliedrica formazione in diverse città del globo.

Al ritorno da Londra, dove lavora presso uno studio di architettura, giunge nella capitale danese in visita ad un’amica. Qui si innamora della cultura architettonica di una città intrisa di eleganza, funzionalità e semplicità. La designer rivendica Roma, sua città natale, come il posto che l’ha vista crescere e formarsi professionalmente e in cui ha lasciato il cuore. Minerva, infatti, trova la sua ispirazione proprio nei vicoli, nelle chiese rinascimentali e nei templi della città capitolina; vi si imbatte per esplorarne gli angoli più nascosti e le ricchezze storiche. Qui si sente libera di essere italiana. La capitale inglese, invece, è il luogo in cui, più di tutti, percepisce l’accoglienza più calorosa relativamente alle sue origini.

A Santo Domingo, altresì, risiedono le radici materne della designer, insieme ad aspetti inediti e ancora inesplorati della sua personalità.

Nell’antica metropoli caraibica, avverte la dinamicità e il fervore della gente dominicana che balla per strada, ride liberamente ad alta voce e si abbraccia costantemente. Per Minerva Mariotti, la famiglia rappresenta il luogo in cui sentirsi incondizionatamente protetta e sostenuta. Ogni decisione che prende proviene da un immancabile confronto con i propri genitori. Dal padre, italiano, eredita la disciplina e il metodo meticoloso nel lavoro, oltre che al senso dell’umorismo; per Minerva, il rapporto con la figura paterna costituisce anche una profonda amicizia. La madre, nota attrice dominicana, possiede un forte senso della famiglia, per il quale ha sempre incoraggiato la figlia nell’inseguire il suo sogno.

Diversità e inclusione minerva mariotti Life&People Magazine LifeandPeople.itIl momento che in assoluto preferisce trascorrere insieme a tutta la famiglia, a Roma, è il Natale. Durante questo magico periodo dell’anno, si riscopre la dimensione della famiglia tradizionale italiana, in cui i ruoli di ogni componente sono definiti. In una simile situazione, Minerva ritrova, insieme ai suoi cugini, la libertà di sentirsi al sicuro come bambini spensierati.

Rapporti singolari e speciali sono anche quelli che Minerva coltiva con i fratelli e con gli zii, dominicani e romani.

I legami di parentela nella grande famiglia della designer non conoscono confini geografici o di età. Le poliedriche influenze culturali e la doppia origine aiutano a direzionare la creatività di Minerva, e conferiscono un valore aggiunto alla sua attuale vita. Quella diversità che da piccola viveva come un limite, rappresenta ad oggi un punto di forza. La designer riconosce la sua identità più profonda nel sentirsi italiana; tuttavia, da bambina, le origini miste hanno complicato spesso la sua vita e il rapporto con i suoi coetanei in Italia. Ha subito molte volte la fatica nell’identificarsi con i suoi compagni di scuola, in un contesto ancora limitato da poca diversità.

Intraprende la carriera di modella all’età di 26 anni, in cui la consapevolezza del suo corpo e la maturità le permettono di fare della sua fisicità uno strumento a suo vantaggio.

Il continuo scambio insieme all’entourage, previsto da un servizio di moda, si rivelano un inesauribile stimolo per il suo lavoro da architetto, oltre che per la sua innata e insaziabile curiosità intellettuale. Sin dal suo trasferimento in Inghilterra all’età di diciannove anni, ha sempre vissuto all’estero. La lontananza dalla famiglia la aiuta a riconnettersi con il proprio io. Il contatto con culture diverse e il confronto con differenti mentalità e tradizioni si rivelano una modalità di completa accettazione della sua diversità.

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Una consapevolezza che assume e che la induce a sperimentare ed esplorare diversi mezzi espressivi.

La designer è convinta del fatto che l’inclusione di ogni diversità possa essere influenzata da qualsiasi forma d’arte. Sin dall’adolescenza, gli studi architettonici le hanno insegnato l’amore verso i materiali più disparati e la potenzialità di ciascuno a seconda del diverso contesto d’impiego e del differente stadio di vita. Lo studio dei materiali si configura, così, come una metafora di vita. Ogni essere umano, proprio come ogni texture, possiede un potenziale da cui partire e su cui focalizzarsi, proiettandosi verso un obiettivo comune, ossia la creazione di un ambiente variopinto e accogliente verso ogni possibile sfumatura.

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