Ci sono oggetti che entrano nell’immaginario comune e nella storia come se fossero sempre esistiti; ne è l’esempio un piccolo oggetto tascabile, spesso compagno di viaggio fisico e mentale che custodisce appunti, storie e suggestioni: il taccuino icona Moleskine. I taccuini accompagnano “viaggi” che sono ricerche a cavallo fra l’intima necessità di scoprire e l’urgenza di fissare riflessioni, ispirazioni, ricordi, intuizioni alternative e altre volte semplici passatempi. Quasi tutti gli artisti e progettisti prendono “appunti”, prima di lavorare sull’opera vera e propria; perché si sa, l’ispirazione è sempre in agguato. Il taccuino è un oggetto perfetto nella sua essenzialità; è pensato per un approccio romantico alla scrittura o al disegno e contiene annotazioni creative eseguite in momenti di produttività.
Nell’arco della storia, grandi artisti, e non solo, hanno fatto del proprio taccuino un’arte: da Oscar Wilde a Vincent Van Gogh, da Hemingway a Frida Kahlo, solo per citarne alcuni.
“Porto sempre con me il mio diario: bisogna avere sempre qualcosa di sensazionale da leggere in treno”.(Oscar Wilde)
Uno dei più antichi taccuini è quello dell’architetto francese Villard de Honnecourt che in età medievale vi raffigura edifici, particolari costruttivi, attrezzi da cantiere e luoghi visitati. Nel Rinascimento diventa una raccolta di idee come per Leonardo da Vinci che essendo un grande osservatore della realtà, disegna qualunque cosa e appunta informazioni o idee raccolte da molteplici fonti di studio quindi, i suoi taccuini, sono veri e propri scrigni dove è raccolta tutta la cultura scientifica e figurativa dell’epoca.
Nel XVII secolo nasce un nuovo tipo di quaderno d’artista, il taccuino di schizzi ed acquerelli dei luoghi visitati.
A tal proposito, i viaggiatori più illustri sono senz’altro Johann Wolfgang von Goethe, autore di un poderoso saggio in tre volumi dal titolo Viaggio in Italia, contenente il resoconto completo dei suoi itinerari lungo la penisola; Eugène Delacroix con i suoi 7 taccuini che racchiudono le esperienze più folgoranti del suo viaggio in Marocco.
Nemmeno il perfezionamento delle macchine fotografiche avvenuto nella seconda metà dell’Ottocento è riuscito a mettere in disparte questo piccolo oggetto dal fascino irresistibile. I taccuini di Van Gogh sono come quadernetti di scuola, con tanto di fogli a quadretti, sui quali Vincent annota in continuazione pensieri oltre ad abbozzare idee per le sue opere. In generale, a prescindere dal marchio e dal design, questo oggetto è tutt’oggi molto amato; come un piccolo ma prezioso custode di getti di creatività improvvisa poiché viaggio, memoria, immaginazione e identità personale ci seguono dappertutto.
Il taccuino ha segnato la storia perché è un diario con una potenza espressiva notevole, unico vincolo di libertà creativa.
Da un lato è una registrazione di informazioni, dall’altra parte è uno spazio dove sperimentare e associare liberamente. Questa dicotomia tra studio e creatività può essere vista nei vari usi storici dei taccuini come mezzi di espressione di sé. Sono oggetti intimi che custodiscono le idee, il metodo di lavoro, i segreti e le manie del loro possessore e dai quali a volte è possibile riconoscere la scintilla che magari più tardi si è concretizzata in un romanzo famoso, come nel caso di Hemingway e del suo iconico taccuino nero.
Il taccuino icona Moleskine è una storia che attende di essere raccontata
Pochi conoscono la storia della Moleskine, l’agenda – taccuino più bella di sempre.
“Perdere il passaporto era l’ultima delle mie preoccupazioni, perdere un taccuino era una catastrofe”
scrive Bruce Chatwin ne ”Le vie dei canti” a proposito dei Moleskine. Taccuini cuciti a mano in una legatoria francese all’inizio del XX secolo che nel 1986 interrompe la produzione in seguito alla morte del proprietario. Ed è proprio Chatwin involontariamente a dargli un nome, chiama i suoi taccuini “mole skin” perché il materiale della copertina gli ricorda la pelle della talpa. Chatwin compra dunque tutti i taccuini che riesce a trovare prima di partire per l’Australia.
Un taccuino dalle caratteristiche ben precise: copertina rigida o semi-rigida nera, bordi arrotondati, chiusura ad elastico, tasca interna e una carta quasi vellutata. Contemporaneamente anonimo e ricco di personalità; perfetto nella sua essenzialità. La leggenda è presto servita: un taccuino compagno di avventura di artisti di fama mondiale come Van Gogh, Picasso, Ernest Hemingway, Oscar Wilde. Ma alla fine degli anni ’80 diventa introvabile e, anche grazie all’opera di Chatwin, la Modo & Modo S.p.a. decide nel 1997 di produrre e distribuire il taccuino nero, tanto apprezzato da artisti ed intellettuali, sotto il nome di Moleskine.
Come si spiega il successo planetario di un block notes di carta in un mondo dominato dal digitale?
Ci sono oggetti come per esempio i dischi in vinile e le macchine da scrivere Olivetti che, come i taccuini Moleskine, sono capaci di regalare, con il loro utilizzo, esperienze emotive e sensoriali che il digitale non potrà mai offrire. Non tutto il virtuale o tecnologico può soppiantare l’oggetto analogico e fisico che ha ragione di essere; le due dimensioni, analogica e digitale, possono convivere brillantemente. Il Financial Times poco tempo fa, in una recensione su un libro dedicato alla rivincita dell’analogico ha osservato:
«I-Phone e Moleskine rappresentano oggi, per i moderni lavoratori della conoscenza, ciò che lo scudo e la lancia erano per i guerrieri spartani».
Un taccuino-agenda è un regalo perfetto per il Natale, un oggetto minimale e unico, di una bellezza senza tempo; con una storia incredibile alle spalle, sotto il profilo simbolico e identitario ma con ancora una storia tutta personale da raccontare.
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