I retroscena dell’alta moda parigina svelati in esclusiva nel film francese, Haute Couture. Una pellicola cinematografica celebrativa della sartorialità e della magistrale artigianalità che opera dietro le quinte dei meravigliosi abiti su misura. Creazioni da sogno forgiate dalla maestria delle sarte che confezionano e danno forma al genio stilistico. Un’arte rara che trasforma le idee del designer in opere che fondono sogno e poesia. Il “saper fare” manifatturiero rende materiale e viva quell’immagine pensata dallo stilista, attraverso cuciture, tagli, riprese.
Sotto l’occhio benevolo della cinepresa della regista francese Anissa Bonnefont,
il film Haute Couture affida un importante ruolo alla Maison Dior.
Per l’occasione, è chiamata in causa Justine Vivien, la costumista che si occupa dell’archivio Dior Hèritage. In particolare, viene presa in analisi e raccontata, – come una sorta di docu-film -, la storia che si cela dietro l’ultima creazione realizzata dalla caposarta Esther, interpretata da Nathalie Baye. L’ultimo racconto immaginato dalla modellista dall’eccelsa perizia, prima che si ritiri definitivamente dal mondo della confezione. La vita della donna si mescola, durante la narrazione, con quella di Jade. Quest’ultima, personaggio interpretato da Lyna Khoudri, è la ragazza che dopo averle rubato una borsa, turbata da rimorsi e pentimento, restituisce l’oggetto del furto a Esther; un gesto che segna l’occasione di riscatto per la vita di Jade. Una “nobile ladra” che intravede così l’inizio della sua carriera e di un tenero affetto. Le due donne intrecciano così i propri cammini, tessendo una fitta trama di legami, tra lavoro, amicizia e bellezza.
Il filo rosso che funge da collante dell’intera trama è rappresentato proprio dai retroscena che si celano dietro alla passerella.
Allontanandosi per la prima dal palcoscenico, per raccontare la storia dietro le quinte, la cinepresa immortala tutti i momenti e gli accadimenti all’interno dell’atelier. Protagoniste del film Haute Couture sono proprio quelle petites mains, con la loro sofisticata movenza nel muovere un ago e un filo, e nell’applicare un prezioso dettaglio con magistrale abilità. L’esperienza del tempo e la poetica della passione rendono quelle mani capaci di dare naturale forma ad un tessuto. Esperte di ricamo e di passamanerie, trasformano un pezzo di stoffa in incantevoli abiti che calzano a pennello. Gli stessi abiti che vengono esibiti dapprima dei dèfilè, e poi sul red carpet. La sceneggiatura di Sylvie Ohayon proietta sullo schermo il sogno della Maison Dior, rendendo il copione un vero e proprio racconto incantato che, come ogni favola che si rispetti, esordisce la narrazione con “c’era una volta”.
Viene scelta la celebrità francese Nathalie Baye come voce narrante della casa di moda parigina.
Le due attrici, Nathalie Baye e Lyna Khoudri, danno vita ad una commedia drammatica che avvalora e fa riaffiorare alle menti l’importanza dell’arte del couturier, al giorno d’oggi sempre più rara. Secondo la critica, rispetto all’uscita imminente della pellicola di House of Gucci, sarà maggiore il successo previsto per Haute Couture, un prodotto cinematografico molto francese e nettamente orientato, socialmente parlando. I laboratori della maison Dior sono i labirinti entro cui la cinepresa si muove, spostandosi tra una macchina da cucire ed un telaio da ricamo. La storia di Dior Haute Couture, maison attualmente sotto il timone creativo di Maria Grazie Chiuri, parla di una ragazza del popolo, una pseudo Cenerentola. Una ragazza, però, che vive nei sobborghi di Parigi e che, per vivere, non lavora bensì è solita rubare borse alle signore in metropolitana. Il suo rimorso, però, viene comunque ricompensato con l’ingresso nell’atelier della Dior House.
Sylvie Ohayon, nel film, si propone l’obiettivo di mostrare le diverse realtà sociali, del tutto comuni, da cui possono provenire le donne dalle magiche mani.
Entrambe le protagoniste, creatrici di magnifici abiti, provengono da ceti sociali disagiati. Le sarte, quando sono al lavoro, vengono filmate mentre si esprimono in espressioni e slang suburbani, nella tangibile concretezza della loro spontaneità. Un background non propriamente affine alla ricercatezza della maison Dior, ma, d’altronde, l’alta moda rappresenta soltanto lo sfondo della pellicola, non il personaggio protagonista. La storia si incentra sui rapporti umani e lavorativi che uniscono la strada delle due donne. Mentre, però, Esther è al termine della sua carriera di caposarta presso il Dior Avenue Montaigne, Jade ha solo vent’anni.
Dopo il “nobile furto”, Esther è arrabbiata ma scorge subito il potenziale talento e la bellezza delle mani della ragazza. Il fatale incontro, che pare essere cucito dallo stesso destino, lascia aperte numerose domande, senza una risposta. Una signora che decide di fidarsi di una giovane donna sconosciuta vede in lei l’opportunità di conservare e di trasmettere il sapere e l’esperienza, l’abilità e la passione, lo straordinario e prezioso mestiere sartoriale.
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