Il leggendario Martin Margiela, dopo dodici anni, torna alla ribalta con una mostra che lo immortala nelle vesti di artista e di scultore. Dopo l’allontanamento nel 2009 dal mondo della moda, lo stilista belga torna a Parigi con un’esposizione personale, in scena fino al 2 Gennaio presso la fondazione Lafayette Anticipations. All’età di 64 anni, Margiela debutta sulla scena dell’arte contemporanea attraverso un dialogo sempre vivo e suggestivo con la moda.
Una nuova vita da artista per Martin Margiela che espone un’imperdibile mostra esplorativa della sua creatività e del suo passato.
Un nuovo mezzo espressivo adoperato dal designer che, nell’intero corso della sua carriera, fa dell’anonimato e della riservatezza un mantra di vita. Dopo la cessione del suo omonimo marchio al gruppo Otb di Renzo Rosso, rompe il silenzio con la prima exhibition che prende luogo in concomitanza con la fiera d’arte Fiac. Un susseguirsi di quaranta poliedriche opere costituisce un viaggio artistico sui generis, curato da Rebecca Lamarche-Vadel in collaborazione con Zeno X. La mescolanza di creazioni multiformi e variegate, tra installazioni, collages, sculture e video, rivendica e sottoscrive un profondo animo artistico che si cela dietro agli abiti firmati da Martin Margiela. Nonostante lo stilista voglia nascondere la propria immagine dietro ad immacolate etichette vuote, lo stile singolare del padre della decostruzione è immediatamente identificabile.
La visione iconoclastica e avanguardista dell’artista è sin da subito riconoscibile nella stessa disposizione degli spazi.
Il visitatore accede alla mostra d’arte tramite un’uscita di emergenza, dopo il cui varco si trova all’interno di un labirinto. L’assetto labirintico e intricato del set si configura come la metafora della ricerca esistenziale del senso della vita. Martin Margiela si sveste dei panni di couturier per esplorare una creatività estremamente pura, concettuale e libera. Questo approccio mette in gioco contenuti che rimandano alla corporeità e al passato da direttore creativo della celebre casa di moda. L’intento di Margiela è la rappresentazione del vuoto, un assordante silenzio che delinea una costante permanente all’interno del percorso espositivo. Il disegno della scenografia prevede momenti intrisi di “tantissima vita” e altrettanti spazi sterili e asettici, in cui non c’è nulla da vedere ed è tangibile lo smarrimento.
Un’esperienza sensoriale in cui Martin Margiela si approccia in modo provocatorio all’arte, generando un inevitabile e vivace dibattito.
Emerge, tra le opere presentate, “Vanitas”, composta da sfere di silicone ricoperte di capelli umani. Il senso della creazione affonda le sue radici in un tempo lontano, nell’infanzia dell’artista. Nato in una famiglia di parrucchieri, osserva nel salone di bellezza donne dalle chiome leggerissime fare la permanente. Il modo innaturale di trattare i capelli scaturisce nel piccolo Margiela un terrore tale da sortire su di lui un effetto traumatizzante. Per questo motivo, egli predilige hairstyle scomposti e morbidi, convinto dell’idea che gli oggetti che circondano l’uomo sono in grado di plasmare e condizionare la sua esperienza terrena. I temi emergenti della mostra indagano alcune delle ossessioni che il Margiela stilista degli anni ‘90 esorcizza attraverso le sue collezioni moda.
Per l’artista, si rivela di grande interesse la modalità in cui l’uomo resiste allo scorrere del tempo e lo accetta; invita il pubblico, allo stesso tempo, tuttavia, a cercare l’eterna giovinezza. Le cinque teste sono caratterizzate, appunto, da tonalità cromatiche diverse di capelli, evocative delle ineluttabili trasformazioni del corpo umano.
Le opere analizzano le ossessioni dell’uomo, relative all’inesorabile vecchiaia, al passare del tempo che crea e distrugge, alla fuga dalla mondanità.
Un percorso al limite del razionale che catapulta il pubblico, senza alcun risparmio, nei tormenti del designer. Numerose opere sono nascoste sotto tende che vengono rimosse senza criterio dagli addetti della fondazione, comparendo e scomparendo di continuo. La libera interpretazione del singolo spettatore è assecondata dall’impersonale vuoto di alcuni punti, in cui è leggibile fra le righe un tentativo di catarsi. Una fermata dell’autobus a forma di uomo, enormi teloni con stampe trompe l’oeil di edifici, un’immagine in pittura ad olio della confezione di tintura per la barba. Le sue opere nascono dalla convinzione di Margiela per cui la vita di un oggetto o di un essere vivente non finisca mai.
Ritiene che l’idea stessa di una fine sia pura fantasia, perché l’anima è in continua mutazione e si rinnova in un numero illimitato di volte. Secondo una concezione anticonvenzionale, sostiene che l’incompletezza sia uno stato fondamentale. Motivo per il quale celebra la bellezza che si trova nella vulnerabilità, nella fugacità, nella vulnerabilità. Ribaltando le prospettive tradizionali, trasforma il banale in una meravigliosa opportunità di scoperta.
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