Pompei continua a stupire il mondo e a svelare nuovi tesori. Nei nuovi scavi ripresi grazie al progetto di manutenzione e restauro della regio V è riaffiorato un Termopolio perfettamente conservato, con l’immagine di una ninfa marina a cavallo.
Alla scoperta del termopolio riaffiorato negli scavi di Pompei
A sbalordirci, ancora una volta, è il ritrovamento di alimenti che venivano venduti in strada.
Le pentole in coccio con i resti delle pietanze più prelibate: dal capretto alle lumache e persino una sorta di “paella” con pesce e carne insieme.
Anche il vino corretto con le fave la fa da padrone e un grande bancone a “elle” decorato con immagini così realistiche da apparire quasi in 3d.
Non mancano i decori: una coppia di oche germane, uno strepitoso gallo, un grande cane al guinzaglio sopra al quale qualcuno, nell’antica città romana, aveva inciso con un graffito, un insulto omofobo.
Ed è proprio al di sopra dell’immagine del cane al guinzaglio che si legge l’iscrizione graffita nicia cinaede cacator a probabile sbeffeggiamento del proprietario che doveva forse essere un liberto di origine greca.
Grazie a questa scoperta viene così ad arricchirsi il corpus di graffiti parietali con cui a Pompei si mettevano alla berlina atteggiamenti omofobi.
Il futuere è una delle parole chiave delle 143 iscrizioni graffite pompeiane a carattere amoroso e sessuale, di cui il più celebre è il quintio ic futuit ceventes et vidit qui doluit.
Un antico street food
Il Thermopolium parola che deriva dal greco e chiamato anche Termopolio è formato dalle parole termos (caldo) e poleo (vendo).
Era un luogo di ristoro in uso nell’antica Roma dov’era possibile acquistare e consumare bevande e cibo caldo.
Si tratta di fatto di uno degli “street food” più antichi del mondo.
I più famosi si possono ammirare a Pompei, Ercolano e Ostia antica.
Le strutture sono di dimensioni variabili: hanno un lungo e largo bancone rivestito di lastre di marmo nel quale sono incassate grosse anfore di terracotta.
Bevande e cibi caldi sono conservati in grandi dolia (giare) incassate nel bancone in muratura.
Rinvenuti diversi materiali da asporto: nove anfore, una patera di bronzo, due fiasche, un’olla di ceramica comune da mensa.
Il piano pavimentale di tutto l’ambiente è costituito da uno strato di cocciopesto (rivestimento impermeabile composto da frammenti in terracotta) in cui in alcuni punti sono inseriti frammenti di marmo policromi (alabastro, portasanta, brecciaverde e bardiglio).
I termopoli erano molto diffusi nel mondo romano dove era abitudine consumare il “prandium”, il pasto, fuori casa.
La presenza di un locale era annunciata da un grande e vistoso affresco sull’esterno, come racconta Valeria Moretti, funzionario antropologo del PAP:
“Le prime analisi confermano come le pitture sul bancone rappresentino, almeno in parte, i cibi e le bevande effettivamente vendute all’interno del termopolio. Le prime analisi archeobotaniche hanno permesso di individuare frammenti di quercia caducifoglie probabilmente pertinente a elementi strutturali del bancone.”
Di fronte al termopolio, nella piazzetta antistante, erano già emersi: una cisterna, una fontana e una torre piezometrica per la distribuzione dell’acqua, dislocata a poca distanza dalla bottega già nota per l’affresco dei gladiatori in combattimento.
Con un lavoro di squadra, che ha richiesto norme legislative, oggi Pompei è riconosciuta nel mondo come un esempio di tutela e gestione del territorio.
Uno dei luoghi più visitati in Italia in cui si fanno ancora scoperte straordinarie.
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