Le sculture cinetiche di Theo Jansen

sono creazioni artistiche al confine tra scienza e arte, un non luogo senza tempo, dove le categorie non contano.

Sono le Strandbeest, neologismo traducibile come “animali da spiaggia”, e s’incarnano in grandi assemblaggi di tubi sottili in PVC, nastro adesivo, fasce elastiche e tavole di legno.

Ricordano i grandi animali preistorici, benché se ne discostino per leggerezza e sensibilità al vento e si muovano in modi sorprendenti e poco prevedibili.

Theo Jansen – l’artista

Theodorus Gerardus Jozef Jansen

è nato nel 1948 nei Paesi Bassi, a L’Aja, la città che ospita la Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU e la famiglia reale.

Per giungere alle sue sculture cinetiche, ha seguito percorsi formativi non canonici. Laureatosi in Fisica alla Delft University of Technology, una vera istituzione nel suo paese, ha sperimentato i principi appresi in contesti molto particolari.

Ha creato un disco volante a elio, provandolo, prima sui cieli di Delft e poi di Parigi, e scatenando qualche reazione di panico, quasi déjà-vu della “Guerra dei Mondi” di Orson Wells.

Ha poi invaso pacificamente il territorio dell’arte, creando un’engine per la pittura a parete dei graffitari, funzionante anche di notte, grazie a sensori a infrarossi.

Strandbeest sulla spiaggia di Den Haag Life&People Magazine lifeandpeople.it

Il profilo di una Strandbeest sulla spiaggia di Den Haag – foto di L. de Walick by Flickr

Le sculture cinetiche di Theo Jansen – Strandbeest in azione

Abbiamo parlato di animali preistorici, ma la morfologia delle creature di Jansen richiama, con più immediatezza, scheletri animali o insetti, proiettati su dimensioni giganti.

Le Strandbeest hanno iniziato a camminare sulle spiagge olandesi, soprattutto Den Haag (L’Aja, appunto), fin dai primi anni ’90.

Ai materiali di costruzione già descritti, si sono affiancati, nel tempo, bottiglie riciclate di polietilene e pallet, esaltando  l’attenzione ai progetti ecosostenibili green, tanto diffusa nel Nord Europa.

I tubi telescopici in PVC rimangono gli elementi chiave delle strutture, perché i loro snodi e assetti variabili realizzano flessioni di arti immaginari sotto la forza del vento.

Theo Jansen si avvale di un discreto numero di assistenti, divenuti veri e propri artigiani delle “bestie da spiaggia”. Il lavoro in team gli ha permesso di creare dispositivi che immagazzinano il vento, comprimendolo in bottiglie, per liberarlo in assenza di correnti.

Le affinità con la teoria dell’evoluzione

Chi osserva le Strandbeest ha l’impressione di trovarsi davanti a sistemi iper-tecnologici, mentre, in realtà, le sculture animate sono apparati del tutto analogici.

Non includono elettronica o circuiti capacitivi, ma solo sensori utili a cambiare assetto.

Si sviluppano, per perfezionamenti continui, e acquistano una sorta di “memoria strutturale”, all’origine delle posture e dei movimenti.

In una recente intervista, Theo Jansen ha raccontato che ogni nuova creatura nasce da un’intuizione, che lo porta in laboratorio per creare un prototipo. In circa un’ora, l’artista è in grado di capire se la Strandbeest è davvero realizzabile.

La sua visione non riproduce animali esistenti o esistiti, ma cerca di crearne dei nuovi.

Non tutti i mutanti fatti di tubi sopravvivono, qualcuno collassa in tempi brevi, come “bocciato” da una teoria dell’evoluzione per non viventi.

A qualche scultura cinetica l’artista ha assegnato anche un nome latino, come, per citarne alcuni: Animaris (crasi di animale e mare) Vulgaris, Animaris Proboscis o Bruchus Primus.

Osservarle nelle foto non è sufficiente e, per questo, vi consigliamo una visita del sito del progetto Strandbeest, in cui è possibile visionare i filmati.

Le sculture cinetiche di Theo Jansen e il parallelo con Leonardo

Nel 500° anniversario della scomparsa di Leonardo da Vinci, le Strandbeest sono entrate nell’omonimo Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano.

Era il 2019 e, per la prima volta, arrivavano in Italia le sculture cinetiche di Theo Jansen, già note a livello globale, anche per il seguito virale raccolto da Instagram sul suo account.

Proprio in quell’occasione, l’artista, a cui era stato chiesto se si sentisse più scienziato o artista, ha racchiuso in poche frasi poetiche il suo pensiero:

… quando lavoro in spiaggia, sotto le nuvole, queste categorie diventano irrilevanti. Mi sento come un eschimese all’aperto, che lavora confrontandosi con la natura.

Solo alla fine del processo, quando le vedo muovere, mi sorprendo per la bellezza delle creature …

Theo Jansen e una Strandbeest in Nord America Life&People Magazine lifeandpeople.it

Ritratto in bianco e nero di Theo Jansen e Strandbeest nel tour nordamericano – foto di F. Florin by Flickr

Le sculture cinetiche di Theo Jansen – nuove prospettive

Nonostante l’imprinting ecologico delle sue creazioni e la capacità degli apparati di usare il vento per adattarsi all’ambiente, Theo Jansen non è mai stato preso in considerazione dall’industria “verde”.

Per converso, è stato chiamato, per una conferenza, dalla NASA, l’ente spaziale americano. A Pasadena, davanti a un pubblico di tecnici e scienziati, ha narrato la storia delle Strandbeest, riscuotendo grande interesse.

In vista di una futura missione su Venere, in condizioni proibitive per l’elettronica, le sue idee potrebbero trovare applicazione in dispositivi semoventi per l’esplorazione del pianeta.

Dall’arte contemporanea all’esplorazione dello spazio … come piace a Theo, diventano sempre più labili i confini tra le categorie creative.

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