La musicista Barbara Eramo si racconta a Life&People Magazine a pochi giorni dall’uscita del nuovo album “Emisferi”.
Un album pubblicato in tutte le piattaforme digitali lo scorso 26 giugno da MBC Musica/Pirames.
In questo nuovo progetto si respira l’indole cantautorale italiana dell’artista (vicina a Battiato), così come sottili incursioni verso l’avanguardia scandinava da lei tanto amata.
Una cultura mediterranea e del medio oriente suggerita dagli ascolti di cantanti arabe come Oum Kalthoum e Fairouz.
Le suggestioni sono cinematografiche grazie all’importante presenza degli archi negli arrangiamenti del disco.
Del resto la biografia di Barbara parla chiaro; troverete però anche uno spirito pop e world figlio delle esperienze di vita errante dell’artista.
Barbara Eramo quale messaggio vorresti arrivasse a chi ascolta “Emisferi”?
Mi piacerebbe dare la sensazione di un percorso dove ogni canzone è qualcosa di diverso.
Vorrei dare la sorpresa, la voglia di continuare ad andare avanti, di non skippare al prossimo brano.
Di sicuro vorrei che ciò che viene ascoltato non scorra via senza lasciare traccia.
Poi tutto quello che c’è dentro, gli spazi sonori, le parole o i suoni del mio canto, sono il risultato di tanta energia dedicata e che vorrei divenisse motore, una specie di dinamo ad energia perpetua che dà e riceve chi ascolta.
Vorrei che ognuno sentisse il proprio ruolo fondamentale per creare valore e bellezza intorno, senza mistificazioni, con apertura.
Il video de “La grande onda” è abbastanza singolare: come è stato girato?
C’è stata una commistione di arti… Per me questo brano ha le caratteristiche di una tela pittorica viva ed è con questo spirito curioso ed affascinato che ci sono entrata.
Una sindrome di Stendhal senza però cadere negli effetti talvolta negativi, anzi piuttosto rigeneranti.
Anche il video quindi ha seguito queste direttive, animandosi attraverso il mio sguardo e quello degli osservatori, grazie alle animazioni realizzate da Sergio D’innocenzo e le riprese e montaggio di Artigiani Digitali.
È stato girato presso la Galleria Sonora, ovvero lo studio dell’artista persiano Pejman Tadayon – che è anche musicista – tra l’altro singolare la sua collezione di quadri sonori ovvero opere che si possono suonare.
Era il posto perfetto per La Grande Onda anche perché il titolo s’ispira al celebre quadro dal titolo omonimo, dell’artista Katsushika Hokusai.
Come nasce la tua musica? Quali sono le tue fonti d’ispirazione?
La musica nasce davvero in così tanti modi… Posso seguire l’ispirazione di un momento mentre sono intenta a fare altro o cercare idee mentre suono sino a che non si delinea quella che trovo più interessante e da lì esploro, perfeziono, cesello come un’artigiana.
Non si può sempre attendere che le idee piovano dal cielo per pura ispirazione, come magia.
Sarebbe bellissimo ma spesso la composizione dopo un primo momento ispirato richiede elaborazione fino a che non si raggiunge un risultato che ci soddisfa.
Cosa non dovrebbe mancare in un brano che ascolti e in uno che scrivi?
Impatto emotivo. Se ho scelto di fare musica nella vita è perché vivo dell’emozione che mi dà, se la perdo o non la trovo è solo routine.
Cosa pensi dei social come strumento per farsi conoscere?
Hanno molte sfaccettature. D’altro canto Barbara Eramo con Emisferi si pone proprio il quesito di notare le contraddizioni, le differenze e l’opzione della scelta che ci viene puntualmente richiesta nella vita.
Trovo i social eccezionali per il raggio d’azione che permettono alle comunicazioni, alla possibilità che danno di conoscere altri progetti che i media ufficiali spesso trascurano.
Ma è altrettanto vero che il flusso d’informazioni è così grande, disomogeneo, dispersivo che anche i social possono discriminarti per mancanza di conoscenza o competenza del mezzo.
Bisognerebbe specializzarsi in tutto o avere consulenti specifici ma lo trovo personalmente poco fattibile.
Io ne faccio un uso standard ed è comunque funzionale. Devo stare attenta a non perdermi per non togliere tempo prezioso alla vita fuori dal monitor!
Come suoneranno le tue tracce live?
Bella domanda… In effetti il disco ha una presenza piuttosto corposa di archi, cosa difficile da riproporre dal vivo se non in rarissimi casi.
Sono in fase di elaborazione; per la presentazione, quando ci sarà.
Vorrei potermi concedere un ensemble coerente al disco, ma nei concerti successivi dovrò per forza di cose rimodulare in base alla formazione anche perché sempre più spesso per suonare in giro siamo costretti, ahimè, a ridurre l’organico.
Mi conforta sapere che le persone con le quali collaboro sono musicisti talmente sensibili e dediti alla bellezza. Anche nel riproporre gli arrangiamenti più complessi in formazioni ridotte riusciamo a rendere l’atmosfera del brano.
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