C’è chi dice che l’amore sia eterno, e chi preferisce che lo siano anche i fiori. Nata tra ricordi familiari e un’irresistibile attrazione per l’unicità imperfetta, EM8 Eco-Bouquet è la realtà artigianale fondata da Enrica Melotto, artista ligure con un passato nel mondo della formazione e una spiccata sensibilità per la bellezza fuori dal tempo. I suoi bouquet non sono composti da fiori freschi, ma da bottoni vintage, tessuti recuperati e dettagli d’altri tempi, che diventano piccole opere da conservare e tramandare. Un’idea poetica, certo, ma anche politica: i suoi eco-bouquet sono manifesti di sostenibilità, memoria e creatività. In questa intervista esclusiva, Enrica racconta com’è nato tutto, quali materiali ama usare e perché un bottone può contenere più storie di quanto immaginiamo.
Come è nato EM8 Eco-Bouquet? C’è stato un momento preciso in cui hai capito che i bottoni potevano diventare fiori?
È nato per caso, direi che sono i bottoni che hanno scelto me. Dopo aver letto un articolo sugli eco-bouquet, realizzati con materiali inusuali, ho pensato alle scatole di bottoni che mia mamma aveva conservato. I primi esperimenti erano sovrapposizioni di bottoni a tema, formavano il centro irregolare di un fiore, attorno al quale creavo una corolla di tessuto. Poi ho pensato che ogni bottone doveva diventare un fiore, così ho iniziato a circondarli con petali astratti di tessuto, volutamente irregolari: volevo raccontare che la bellezza risiede nell’imperfezione trasformata in poesia. È nato il mio fiore.
Come scegli i materiali e che ruolo ha il riciclo nel tuo processo creativo?
Partiamo dai bottoni. Ho iniziato a selezionarli e raccoglierli con un’idea ben precisa: trasformarli in fiori per i miei bouquet. La ricerca mi porta nei mercatini vintage e in alcune storiche mercerie. Immagina di toccare un bottone che ha attraversato decenni. Ridargli vita significa donare un pezzo di storia e renderlo parte di qualcosa di nuovo, unico. Quando apro quei cassettini di legno — che i venditori tengono gelosamente per pochi — mi trovo davanti a piccole opere d’arte artigianali. Provo meraviglia, stupore per l’artigianalità nell’aver creato tanta bellezza in oggetti così piccoli che si esprimono con una varietà di materiali e design a seconda delle varie epoche. Non sono solo oggetti con una funzione. Li desidero.
Ho iniziato anche a contagiare chi mi conosce: la mamma di una mia amica mi ha donato la sua scatola di bottoni e ha coinvolto anche le sue amiche. Queste antiche scatole di latta parlano davvero di vissuti: ritagli di stoffa con bottoncini fasciati che sanno di sartoria, preferenze di colori, stili. Storie che diventano altre storie con i miei bouquet. Anche altri materiali come i tessuti, i pizzi, le passamanerie… arrivano da contesti di recupero: campionari fuori catalogo, scampoli. Ogni elemento è scelto con cura, con l’idea che sia un’opportunità per una nuova creazione.
C’è un bouquet a cui sei particolarmente legata? Raccontacelo
Ogni bouquet ha un valore unico perché contiene storie. Storie di cui entro a far parte. Se devo sceglierne uno, è quello realizzato per Veronica: la prima persona che ha creduto in me e mi ha affidato un suo momento speciale, la sua seconda laurea. Una bella responsabilità, perché era un regalo che faceva a se stessa. Il suo bouquet era blu, ma non freddo. L’ho acceso con un tocco di trasparenza, perché somigliasse alla sua personalità. Ogni bottone raccontava qualcosa di lei. Quando, un anno dopo, lo ha portato con sé alla festa dei 18 anni di suo figlio, ho capito che certe creazioni non sono solo per un giorno: restano.
Il tuo lavoro è un gesto poetico ma anche politico: come racconti la sostenibilità a chi sceglie i tuoi pezzi?
Ogni mio bouquet nasce da materiali che hanno già avuto una vita. Li scelgo con cura, me ne prendo cura. È sostenibile perché valorizzo contenuti di memoria, di preziosità che non scadono. Quando regali un mio bouquet artistico o personalizzato non stai solo acquistando: stai scegliendo di portare con te un racconto e di farlo continuare. Può essere conservato, esposto, donato, tramandato. È unico perché i bottoni non sono sempre gli stessi: alcuni saranno solo nel tuo bouquet. È unico perché fatto a mano e nasce da un’ispirazione. Unico perché può essere anticonvenzionale, creativo, originale, adattabile alla propria occasione e personalità. La possibilità di non rinunciarci se non si vogliono recidere i fiori o se si hanno allergie. È un gesto poetico, certo, ma anche politico: scegliere la bellezza che dura, che rispetta, che parla.
Quali sono le tue principali fonti di ispirazione, visiva o emotiva?
Nella creazione artistica parto dal bottone e/o dagli interessi culturali e artistici che mi rispecchiano. Sono sempre in movimento. Mi piace usare molto il jeans per le mie origini liguri. Questi aspetti prendono forma anche quando s’intrecciano con il bouquet che mi viene richiesto. Emozioni ed intenzioni che diventano materia. In fondo, è questo che mi piace davvero: la possibilità di dare nuova forma alla memoria e alla bellezza imperfetta delle cose.
Instagram per te è una vetrina o anche uno spazio di racconto? Come scegli cosa mostrare?
Instagram è una vetrina. Per me uno spazio di racconto. So cosa voglio comunicare e a chi, ho una direzione chiara e idee precise. Fino ad oggi ho scelto di mostrare soprattutto ciò che creo, lasciandomi guidare da ciò che mi rappresenta di più. Il tempo limitato e il timore di espormi (soprattutto con la voce o nei reel) sono ostacoli che sto affrontando, ma fanno parte di un percorso: non li vivo come limiti, ma come tappe da superare.
Cosa immagini per il futuro di EM8? C’è un sogno che ancora non hai realizzato?
Il mio desiderio è che EM8 ci sia per chi cerca un bouquet alternativo, che parli davvero di sé. Non un bouquet perfetto, ma il proprio. Qualcosa che somigli, che racconti, che resti. Sì, c’è un sogno, ma è uno di quelli che non sono facili da spiegare. È più simile a un gesto: restare. Restare vera. Pronta per chi saprà cercare. Per chi, un giorno, aprendo una scatola o riguardando una foto, potrà dire: “Sono proprio io”.