C’era un tempo in cui la moda non si limitava a vestire il corpo, ma osava accarezzare l’inconscio, intrecciando visioni e simboli come in una pellicola di Buñuel o tra le nuvole sospese di un quadro di Magritte. Un tempo in cui la sartoria sfidava la realtà, trasformandosi in narrativa visiva, sospesa tra haute couture e l’immaginazione più sfrenata. Quel tempo non è mai scomparso del tutto: ha solo atteso, silenzioso, il momento giusto per riaffiorare, ed è proprio ora, tra le passerelle e i set cinematografici, che moda e surrealismo tornano a fondersi, dando vita ad un linguaggio estetico che trasporta lo spettatore in un universo parallelo, dove ogni abito è forma d’arte visiva e ogni dettaglio racconta un sogno. È una corrente che osa, che sperimenta, che mette in discussione i codici visivi e sociali per proporre nuove chiavi di lettura della realtà.

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Il sogno che non ha mai smesso di abitare la moda

Basta osservare l’ultima sfilata di Schiaparelli: corsetti che evocano armature d’oro, occhi che emergono da giacche nere come guardiani dell’anima. Non è solo moda che veste: è provocazione, è narrazione. Un linguaggio visivo che riprende la lezione del surrealismo, quella volontà di scomporre il reale per ricomporlo in poesia. E proprio come il surrealismo storico voleva rompere con le convenzioni per liberare l’inconscio, oggi la moda ne raccoglie l’eredità per stimolare una riflessione collettiva sul senso dell’apparenza, del desiderio, della trasformazione.

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Quando Schiaparelli sogna ad occhi aperti

Il surrealismo di Schiaparelli è teatrale, barocco, potente. Non resta confinato alla passerella: lascia tracce nella mente, come quei sogni che non riesci a scrollarti di dosso. Loewe segue lo stesso filo, con borse che sono sculture mobili. Margiela incolla su giacche frammenti di memoria, mentre Coperni intreccia tecnologia e fantasia in scenografie che sembrano set cinematografici. Comme des Garçons scolpisce silhouette irreali, trasformando il corpo in scultura. Tutto diventa storytelling senza parole, un racconto visivo che stimola l’immaginazione più del linguaggio verbale. Questi brand ci ricordano che la moda può essere installazione, esperienza, concetto.

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Borse, abiti, sculture: quando la moda diventa installazione

La passerella si trasforma in un teatro dell’assurdo: ogni look è un personaggio, ogni capo è una storia. La mente cuce prima del tessuto e in questa tensione tra visibile e immaginato nasce il fascino autentico della moda surrealista. Non si tratta solo di stupire, ma di aprire finestre sull’invisibile, di evocare mondi interiori attraverso l’estetica. L’oggetto di moda si carica di significati plurimi: è simbolo, è provocazione, è riflessione.

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Il corpo come tela, il dettaglio come messaggio

Simbolismo e desiderio di dichiarazione tornano protagonisti. L’abito non è bizzarria: è reazione al conformismo. I cappotti di Undercover parlano con i tarocchi, le scarpe di Iris van Herpen sembrano fluttuare in una mitologia liquida. Moschino gioca con l’ironia, trasformando i cappelli in sculture teatrali. Il dettaglio diventa manifesto: ogni elemento è studiato per evocare, suggerire, raccontare una storia che va oltre la superficie del capo stesso. È il trionfo della moda come linguaggio, come forma espressiva personale e collettiva.

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Le scarpe sembrano onde: Iris van Herpen

Non sono semplici accessori: sono micro-universi; indossarli è come entrare in un sogno acquatico. La moda surrealista guarda negli occhi e dichiara: non sono qui per piacere, ma per emozionare. E in un tempo che dimentica tutto con un clic, questo è un lusso raro. Iris van Herpen non crea solo moda: plasma oggetti-simbolo che vivono tra il corpo e lo spazio, tra la terra e l’acqua, tra sogno e materia. Le sue scarpe, scolpite con tecnologie 3D e materiali innovativi, sembrano pulsare di vita propria, rompendo i confini tra artigianato e avanguardia.

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Perché oggi?

Forse perché abbiamo bisogno di immaginazione, di poesia, perché la realtà ci va stretta e perché l’abito può raccontare chi siamo, o chi sogniamo di essere. L’identità oggi è fluida, mutevole e nulla è più personale di un sogno. Vestirsi di surrealismo è libertà. È anche un atto di resistenza: contro l’omologazione, contro la velocità della moda usa-e-getta, contro la perdita del senso. In un mondo saturo di immagini, la moda surrealista ci invita a guardare davvero, a sentire, a pensare, e, forse, a cambiare. La moda più bella è quella che ci fa sognare.

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