Se fino a pochi anni fa l’intelligenza artificiale sembrava un termine quasi esotico e relegato a visionari film fantascientifici di Steven Spielberg o Spike Jonze, oggi questo genere di tecnologia è ormai sulla bocca di tutti. E ora, la capacità di ricreare processi mentali più complessi mediante l’uso di un computer si è estesa anche alla musica. Nel corso degli ultimi anni è apparsa una vera e propria schiera di software appositamente progettati per generare canzoni realistiche, in grado di combinare linee vocali e basi strumentali. Usando generatori come Suno o AIVA, qualsiasi persona può infatti creare da zero una melodia e persino un intero brano.
Basta solo selezionare ritmo, genere (rock, pop, rap, ecc.), tono e stile (cupo, allegro, triste, ecc.) e l’AI fa tutto il resto. Una nuova, sorprendente frontiera pseudo-artistica che negli ultimi mesi ha creato episodi tanto spiacevoli quanto assurdi, alzando un gran numero di polemiche soprattutto da chi, con la musica, ci lavora.
Rubare royalties per milioni di dollari grazie all’intelligenza artificiale
E’ proprio il connubio tra musica e intelligenza artificiale il casus belli di una vicenda che, negli ultimi giorni, è balzata agli onori della cronaca negli Stati Uniti e che ha come protagonista Michael Smith, musicista 52enne originario di Cornelius, una cittadina di 30.000 abitanti in North Carolina. L’uomo, tra il 2017 e il 2024, avrebbe guadagnato in maniera fraudolenta ben 10 milioni di dollari in royalties dalle più importanti piattaforme di streaming musicale utilizzando migliaia di canzoni da lui generate proprio con l’AI.
Numeri alquanto sospetti, se si considera che Smith è un artista praticamente sconosciuto, capaci di convincere il procuratore del distretto meridionale di New York, Damian Williams, a ordinarne l’arresto con l’accusa di riciclaggio di denaro, frode telematica e associazione a delinquere finalizzata a commettere frode telematica.
Secondo le ricostruzioni,
il presunto producer avrebbe acquistato 10.000 account e-mail per creare profili falsi su Spotify, Apple Music e Amazon Play con i quali sarebbe riuscito a generare più di 600.000 streaming al giorno. Cifre da capogiro se si pensa che il brano attualmente più ascoltato su Spotify in Italia – TT LE GIRLZ di Anna n.d.r. – è sotto i 500.000 ascolti giornalieri. Smith avrebbe inoltre orchestrato uno schema per aggirare i sistemi di rilevamento delle frodi informatiche presente sulle piattaforme, caricando le canzoni da lui “composte” con nomi di band fasulle e inventate di sana pianta – Calliope Bloom, Calm Innovation, Calvin Mann, ecc. – per poi farle ascoltare dagli account fittizi da lui precedentemente acquistati rubando, di fatto, milioni di dollari dalle varie piattaforme alle quali si era iscritto. In caso di condanna, il 52enne rischia fino a 20 anni di carcere per ogni accusa mossa a suo carico.
Una canzone su Massimo Bossetti nella top 50 viral di Spotify Italia
Anche in Italia una canzone generata con l’AI ha fatto decisamente parlare di sé nelle scorse settimane. Con l’uscita di una serie-documentario pubblicata su Netflix lo scorso luglio, il 2024 ha visto un forte ritorno mediatico sull’omicidio di Yara Gambirasio, avvenuto nel piccolo comune lombardo di Brembate di Sopra nel 2010.
Sull’onda di commenti, discussioni e meme dedicati a questo prodotto seriale, un misterioso musicista di nome Danknote ha deciso di generare un brano con l’AI dedicato a Massimo Bossetti, muratore di Mapello accusato e condannato per l’omicidio della giovane nel 2018. Il brano, dal titolo “Massimo il boss”, ha raccolto un notevole successo, con oltre 140.000 visualizzazioni su YouTube ed entrando nella Top Viral 50 su Spotify Italia, con quasi 240.000 ascolti.
Il testo del brano ironizza sui dubbi in parte sollevati dalla serie sull’effettiva colpevolezza di Bossetti:
“Oh Massimo, Massimo sei tu il vero boss
Non hai ucciso una bambina e questo lo so
Ma il DNA dice di sì
Che sarà di te? Lo vedremo qui”
Strofe al limite del dark humor
che, unite a una melodia estremamente catchy, hanno permesso a Massimo il Boss di diventare un vero e proprio tormentone underground, capace sia di avere un inaspettato successo su Spotify sia di entrare nelle canzoni Top Trend di TikTok. Una nuova frontiera della fruizione musicale o una disonesta scappatoia usata da musicisti troppo pigri per spremersi le meningi? Per ora è troppo presto avere un giudizio preciso. Tuttavia, una cosa è certa. A fronte della sua sempre maggiore vitalità sui social e sulle piattaforme streaming, la musica creata con l’intelligenza artificiale farà sicuramente parlare di sé nei prossimi anni.