Misurarsi con l’oblio è uno sport mentale complesso. Ci vuole molto coraggio, tempra, e, forse, quel pizzico di sana follia che solitamente differenzia i grandi artisti da quelli “da quattro soldi”. Toscani è un artista, – termine molto abusato – di primissimo livello, annoverato tra i fotografi italiani ed europei più rivoluzionari della sua epoca. Non a caso la notizia della malattia di Oliviero Toscani ha scosso moltissime persone: ritrovarlo vulnerabile, emaciato, canuto, affetto da amiloidosi e con pochi mesi di vita residui è stato a dir poco scioccante per i suoi seguaci più fedeli, abituati a vederlo sempre vivace, seppur irriverente e comunque un po’ burbero.
Quella di Amiloidosi è una diagnosi terribile: una condizione che causa un accumulo anomalo di proteine, detto “amiloide“, che va a depositarsi in tessuti ed organi compromettendone il corretto funzionamento. Una malattia degenerativa – per la quale non esiste cura – da affrontare alla veneranda età di 82 anni. Neppure più la fotografia a fare da palliativo e a tenergli compagnia in queste lunghe giornate trascorse nella Maremma Toscana, fatte di fisioterapia, stampelle e medicinali, così tanti che non riesce neppure più a mangiare; ha già perso 40 chili in un anno.
La carriera di Oliviero
è stata costellata di successi, scatti e campagne pubblicitarie rivoluzionarie. La celeberrima collaborazione con United Colors of Benetton, marchio da sempre naturalmente accostato ai lavori dell’artista. Il manifesto della sua arte è probabilmente la scandalosa campagna “Chi mi ama mi segua” realizzata per l’amico Maurizio Vitale, all’epoca proprietario di un maglificio che sarebbe in seguito divenuto Robe di Kappa. Uno scatto del 73‘ che ritrae in primissimo piano il fondoschiena della modella Donna Jordan (all’epoca compagna del fotografo) come una ideale e moderna Giovanna D’Arco, sul quale campeggia la frase da sempre attribuita all’eroina francese.
Uno spot che ha contribuito sensibilmente alla diffusione dei Jeans nel nostro paese e che ne ha lanciato la carriera a livelli esponenziali, attirando altresì numerose critiche ecclesiastiche. Una vita professionale “privilegiata“, come lui stesso la definisce, trascorsa senza mai dover obbedire ad un capo o dover dare conto a nessuno. Arte libera, spensierata, mossa dall’urgenza creativa e non dalle logiche del mercato. Una vita a dettare tendenze, piuttosto che seguirle, giunta ormai tristemente agli sgoccioli dal giorno della diagnosi della malattia. Le giornate, tutte uguali, trascorse soprattutto a guardare lo sport in TV: Toscani apprezza in particolar modo le gesta di Jannik Sinner, campione definito “non italiano”; Secondo lui, l’italianità è “imbrogliona e mafiosa, come Fabrizio Corona“.
Nonostante la malattia che avanza
Toscani non lesina dunque frecciatine che hanno contraddistinto molte delle sue interviste, guadagnandosi anche una piccata risposta su instagram da Corona, Re dei Paparazzi, che sommessamente ha voluto replicare al Re dei Fotografi. Infine, la riflessione sull’eutanasia e l’amicizia con Marco Cappato:
“Bisogna che chiami il mio amico Cappato, lo conosco da quando era un ragazzo. Ogni tanto mi vien voglia. Gliel’ho detto già una volta e lui mi ha chiesto se sono scemo.”
La malattia di Oliviero Toscani non ne cancella dunque lo spirito ribelle: per lui che ha la stessa età di Paul McCartney e Mick Jagger, sentirsi schiavo di qualcosa è una condizione intollerabile. Meglio morire come si è sempre vissuto, dunque, secondo i propri principi e le proprie regole, senza mai dover dare retta neppure al male che lo sta lentamente uccidendo. Nessuna paura della morte ma solo dignità, gratitudine per le esperienze vissute senza alcun rimorso e l’unico rimpianto “per le cose che non ho mai fatto”: insegnamenti che ci giungono da un maestro di vita e di fotografia, tra gli artisti italiani più influenti del secolo scorso e tra i pochi che, con la propria arte, filosofia e stile di vita, sopravvivranno nell’immaginario collettivo e verranno studiati per tanti anni a venire.