A distanza di 30 anni dal pieno della cultura e del vestiario britpop, quando Damon Albarn e Liam Gallagher si lanciavano insulti e frecciatine davanti al microfono di turno, spesso coperti da un bellissimo cappello alla pescatora, questo accessorio sta ritornando sempre più in voga e non solo durante i festival e i concerti estivi. Siamo di fronte invece a quello che è divenuto ormai un vero e proprio must per ogni brand, immancabile a colorare ciascuna sfilata di stagione nelle versioni a uncinetto più elaborate.
Da Bella Hadid ad Hailey Bieber, sono diverse le celebrità che negli ultimi mesi hanno indossato questo cappello rivisitato in chiave artisanal. La tendenza estiva ideale da abbinare con costume da bagno e pareo o con camicia larga per la spiaggia. Persino Miu Miu ha lanciato la sua linea di cappelli “a secchiello” realizzati rigorosamente all’uncinetto, caratterizzati da un mix apparentemente caotico di colori che vanno in realtà ad esaltare la complessità della manifattura artigianale e sartoriale impiegata nella sua realizzazione.
Quando i pescatori Irlandesi
inventarono per la prima volta il “bucket hat“ (così viene chiamato oltremanica) nel 1900, lo stile era un lusso che non ci si poteva forse minimamente permettere. La praticità, piuttosto che l’estetica, era il pensiero unico che guidava ogni cucitura e ogni rattoppo sugli indumenti di uso quotidiano. Stesso discorso per i due conflitti mondiali, che videro questo copricapo frequentemente impiegato nei fronti più caldi, non certo per fare tendenza ma bensì per scongiurare le scottature solari su nuca e collo. Osserviamo poi una ulteriore evoluzione di questo indumento, che negli anni 60′ era il principe di ogni scampagnata padre-figlio in riva al fiume, con gilet e canna da pesca, giornate indimenticabili che lo hanno consolidato nell’immaginario collettivo rendendolo negli anni a seguire un vero e proprio elemento glamour presente in quasi tutti gli armadi.
Dopo più di un ventennio di pausa, ammiriamo di nuovo questo meraviglioso copricapo, il preferito degli studenti un po’ ribelli ed un po’ boho chic, abbinato spesso ad occhiali da sole più estrosi e magari alla t-shirt vintage di una squadra di calcio inglese. Aggiungono un inequivocabile elemento cool e chill allo streetwear giovanile: il cappello alla pescatora non teme critiche o rivali e mette davvero tutti d’accordo. Se ne sono accordi i brand, che lo ripropongo spesso in versione elaborata e fantasiosa, squisitamente handmade, sia con tessuti pesanti e invernali, che nelle varianti più fresche ed estive.
Il rap e l’hip hop
hanno fatto da apripista, negli anni 90′, per rendere il cappello alla pescatora realmente di tendenza. Non è un caso, dunque, che la visione di questo indumento riporti alla mente l’estetica di quel decennio. Adesso, lo possiamo osservare pesantemente rivisitato, multicolore, in stile crochet, a cingere il capo di modelle super influenti come Winnie Harlow. C’è chi opta invece per stampe animalier, tie-dye e persino stravaganti grafiche cartoon. Una evoluzione inaspettata, sostanziale con possibili risvolti futuri sorprendenti e insospettabili.
Le ragioni sono molteplici, e riguardano lo stile e la comodità: i bucket hat sono infatti incredibilmente pratici. Pieghevoli, flessibili e modellabili, il cappello da pescatore è l’ennesima testimonianza di un mercato fluido ed in continuo movimento.