Il guardaroba dice davvero tanto della nostra personalità, molto più della raccolta di dischi, libri o oggetti da collezione esposti in salotto. Innanzitutto, perché quasi nessuno legge libri o compra più dischi, ed inoltre perché lo stile è forse il più potente mezzo espressivo e comunicativo che sia mai esistito, nonché l’unico con il quale ci dobbiamo parametrare quotidianamente, per forza di cose. Ogni nostro outfit esprime un sentimento, uno stato d’animo che scegliamo di rappresentare quando apriamo le ante e ci tuffiamo nel mare di capi dispersi nel nostro armadio, e la t-shirt grafica è forse lo strumento più efficace e diretto per riuscire in tale scopo.
Un’immagine, un logo oppure una scritta simpatica e irriverente: sono questi gli elementi che dal secolo scorso caratterizzano le stampe presenti sulle graphic tee (come le chiamano gli americani) e che ci portiamo pressoché immutati anche nella nostra contemporaneità. Dopo qualche anno di pausa, queste magliette stanno tornando a riempire i nostri cassetti in attesa di una giornata di sole, di una occasione giusta per essere indossate.
Se per fare una prova servono tre indizi,
ormai ne abbiamo più che a sufficienza: la t-shirt grafica è di nuovo una tendenza. Non più tardi di un mese fa, la divina Zendaya ha fatto sognare tutti con la scritta “I told ya” sfoggiata durante una scena già iconica tratta dalla sua ultima fatica cinematografica, Challengers di Luca Guadagnino. Ma anche Sydney Sweeney, sua collega in Euphoria, che ha recentemente deciso di esorcizzare il dibattito pubblico sulle sue misure corporee lanciando un messaggio davvero eloquente con una stampa che recitava a caratteri cubitali “Sorry for having great tits“.
Non solo frecciatine e modi di dire spassosi, a volte la grafica di una maglietta può diventare un’arma politica e sociale. Come per Emily Ratajkowski, che si è fatta paparazzare con l’effige iconoclasta di Stormy Daniels stampata sul petto, in una chiara manifestazione di sostegno alla battaglia legale ancora in corso nei confronti dell’ex presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump. Tornando più indietro nel tempo, come non citare anche Naomi Campbell, quando sulla passerella di Katherine Hamnett per la Primavera/Estate del 2004 ha indossato quell’iconico top trasparente caratterizzato dall’invito “Use a condom”, in una importante campagna di sensibilizzazione sul delicato tema dell’Aids.
Le stampe grafiche per come le conosciamo oggi
sono diventate possibili grazie alla sapiente combinazione di serigrafia e inchiostro Plastisol avvenuta nel 1959. L’inchiostro Plastisol è stata la prima sostanza che poteva essere utilizzata nel processo di stampa serigrafica per produrre in serie qualsiasi tipo di disegno su magliette di cotone. Da qui la diffusione in America e nelle botteghe più glamour di Londra negli anni 70′ e 80′, quelle prese d’assalto dalle star più chic dell’epoca. Le stesse star che nel tempo hanno poi reso questo prodotto il fulcro del proprio merchandising (alzi la mano chi non ha mai acquistato la maglietta di una band) e che continuano anche oggi a servirsene sapientemente. Una scorciatoia divulgativa in quest’epoca di comunicazione continua, bulimica ed incessante, utile a trasmettere senza troppi sforzi un potente messaggio o semplicemente a far parlare di sé.
Un ritorno gradito e scevro di polemiche, forse perché una t-shirt grafica è anche un ottimo spunto di conversazione, una scusa per rompere il ghiaccio e per rivelare già un pezzo della propria personalità, prima ancora di presentarsi. Tradire volontariamente una passione, un feticcio oppure soltanto uno spiccato senso dell’umorismo. Ma anche un modo di esprimere senso di appartenenza nei confronti di una determinata fanbase o di un qualsiasi gruppo sociale. Dunque, non solo potente strumento di comunicazione per le star di Hollywood: le graphic tee sono comode e fanno comodo anche ai comuni mortali.