L’immagine di una donna con il foulard in testa, di solito, rimanda con la memoria agli anni Cinquanta e Sessanta, quando era considerato un accessorio utile al fine di celare un’acconciatura non proprio in perfetto stato o, al contrario, per mantenere i capelli in ordine. In realtà, questo fazzoletto di stoffa contribuisce anche a definire lo stile personale, completando il look mettendone in risalto i tratti somatici.
La maniera più comune di indossarlo è annodarlo sotto il mento, anche se si presta a diverse interpretazioni: quelle più “ribelli” sono la versione “alla pirata” e a mo’ di bandana. Le dive del cinema e le personalità di spicco del dopoguerra lo sfoggiano nella vita di tutti i giorni e nel tempo libero, dalle trasferte alle gite in barca. Se ieri il foulard era amato da Jackie Kennedy, Audrey Hepburn e Grace Kelly, oggi raccoglie consensi tra celebrity come Jennifer Lopez, Eva Mendes e Gigi Hadid. A molti potrebbe sembrare un banale pezzo di stoffa colorato, in realtà la sua storia è affascinante e densa di significato.
Le antiche origini del foulard
Diverse fonti per ricostruiscono la storia del foulard: tra le più accreditate, c’è quella secondo cui il termine “foulard” deriverebbe dal francese provenzale “foulat”, a sua volta discendente dal verbo “foular”. La parola avrebbe il significato letterale di “follare”, riferendosi ad un processo di lavorazione dei tessuti utile a renderli più fitti e resistenti. Altri documenti interpretano l’espressione con la stessa accezione odierna, quindi il suo significato sarebbe “fazzoletto di seta”. Ritrovamenti risalenti già al 1000 a.C., in oriente, testimoniano raffigurazioni del foulard su statue cinesi. In occidente, invece, sono per primi gli uomini a usare quest’accessorio, come accade spesso per molti elementi dell’abbigliamento oggi considerati femminili: la gonna e i tacchi.
Il foulard mezzo di comunicazione
Dal II secolo d.C., durante i conflitti, i soldati indossano il foulard soprattutto per segnalare a colpo d’occhio il grado o l’appartenenza a una fazione piuttosto che a un’altra. Dopotutto, va sempre ricordato che la prima esigenza dell’uomo verso indumenti e accessori non riguarda coprire il corpo, bensì comunicare con i suoi simili. Non a caso, con il passare del tempo, il foulard serve sempre più spesso per definire uno status sociale, in particolare fra chi appartiene alla nobiltà e al clero.
Il fazzoletto nel Novecento: non solo foulard in testa
Nella sua lunga storia, il foulard conosce solo un breve periodo di crisi a cavallo tra Ottocento e Novecento, durante il quale cade in disuso. Dopodiché, tutte le maggiori maison haute couture realizzano i loro pezzi identitari, alcuni dei quali in grado di ritagliarsi un posto di spicco nella storia della moda e del costume.
Nell’uso comune, le mondine sono tra le prime a indossare il foulard in testa, nelle risaie sotto il sole. Con questo velo di stoffa è opportuno coprire la scollatura, specialmente quando si entra in chiesa: se il fazzoletto è di tessuto pregiato, aggiungerà un vezzo elegante al vestito. Un elemento così versatile trova facilmente impieghi diversi e creativi nell’abbigliamento, infatti, si porta legato al collo così come intorno ai manici della borsa.
Il carré di Hermès
Il carré di Hermès non è solo un quadrato di stoffa – 90×90 -, ma il vessillo della stessa maison. La proposta di personalizzare le sciarpe di seta arriva nel 1937 da Robert Dumas, socio e genero di Emile Maurice Hermès. È così che vengono interpellati i maggiori illustratori francesi dell’epoca, Philippe Ledoux e Hugo Grygkar, quest’ultimo considerato il vero padre dei foulard carré, in quanto è lui a disegnare il primo modello.
L’opera ha anche un titolo, Jeau des Ominbus et Dames Blanches, e raffigura un gioco da tavolo famoso nella seconda metà dell’Ottocento. I soggetti prediletti dalla casa di moda per i suoi carré sono quelli della propria heritage: cavalli e mondo equestre, imprese militari, fatti storici e scene di vita tratte direttamente dalle strade di Parigi.
Flora Gucci
Il primo esemplare del foulard Flora Gucci riporta un soggetto che, – al contrario di Hermès -, rappresenta una rottura con la storica iconografia ippica della maison. Nove bouquet in composizione floreale che richiama le rappresentazioni botaniche, dove non mancano bacche e persino insetti, realizzata su fondo bianco utilizzando trentasette colori.
L’opera è realizzata dall’illustratore, pittore e scenografo Vittorio Accornero de Testa in occasione di una visita nobile alla boutique milanese di Via Montenapoleone. Rodolfo Gucci – figlio del fondatore del marchio – decide di far dono a Grace Kelly, sopraggiunta con il principe Ranieri di Monaco, di un fazzoletto di seta creato appositamente per lei. Ispirato a La Primavera e alla Nascita di Venere di Botticelli, il motivo Flora, da qui in poi, diventa il nuovo emblema di Gucci. A proporlo e amarlo, tra i direttori creativi della maison, sono soprattutto Frida Giannini e Alessandro Michele.