“Candy came from out on the island in the backroom she was everybody’s darling”… Così cantava Lou Reed in The Walk of the Wild Side, nel 1972. Sedici anni prima Nelson Algren aveva scritto un romanzo che portava questo titolo di cui Andy Warhol voleva fare un musical proprio con l’aiuto di Reed: non se ne fece più nulla e a Lou rimase solo la canzone. Omosessualità, uso di droghe, travestitismo, rapporti sessuali, prostituzione, questi erano i temi del suo ultimo album. Ma se negli Stati Uniti The Walk of the Wild Side venne censurata proprio per la strofa in cui Candy Darling compie una fellatio, in Inghilterra la BBC, poco avvezza al termine giving head, non se ne rese conto e la fece passare in radio.

Ma chi era Candy Darling per essere censurata in una canzone di Lou Reed?

Nata nel Queens (New York) il 24 novembre 1944 con il nome di James Lawrence Slattary, la madre la porta ben presto a Long Island divorziando dal marito violento e alcolista. Si rifugia per la maggior parte del tempo a guardare i grandi film di Hollywood e a imitare, di nascosto, le sue attrici preferite. Nel 1961 si iscrive all’università ed è proprio in quegli anni che scopre l’amore omosessuale, raccontando di aver avuto il suo primo incontro con il mondo del sesso grazie a un commesso di un negozio di scarpe.

Candy Darling chi era | Life&People Magazine

Photo ©JACK MITCHELL

Nell’estate 1966 incontra Jeremiah Newton, personaggio destinato a stringere con lei un’amicizia indissolubile. New York, fine anni ’60: le grandi lotte popolari e la fermente agitazione di piazza scuotono la città su emulazione del ’68 europeo; il soprannome di Candy Darling, che diventerà ben presto un simbolo, le è già stato affibbiato dai suoi amici. Candy, la “dolce”, comincia a frequentare i locali gay di Manhattan e a recarsi da un medico della Fifth Avenue per l’iniezione di ormoni femminili: la sua trasformazione ha così inizio, come anche il suo cammino di icona mondiale per i diritti della comunità LGBTQI+.

L’incontro che cambiò il suo destino

Nel 1967, in un club di New York, il The Tenth of Always, Candy incontra per la prima volta Andy Warhol, grazie al quale iniziò la sua carriera nel mondo del cinema: Flesh (1968), Women in Revolt (1971) e Una squillo per l’ispettore Klute (1971) sono i film che la portano sul grande schermo. Entra così a far parte della Factory di Warhol,  famosa anche per le feste che l’artista organizza tra il 1963 e il 1987 (anno della sua morte). In questo periodo scopre la passione per il travestitismo, fenomeno che la renderà simbolo internazionale della libertà sessuale e della lotta per i diritti civili. Lou Reed rimane talmente affascinato da lei da dedicarle un brano, Candy Says, e da citarla anche in The Walk of the Wild Side, appartenente al suo primo album da solista (1972).

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Photo ©JACK MITCHELL

Nel 1971, arriva la consacrazione definitiva quale musa ispiratrice dello stesso Warhol

un ritratto, un solo e unico scatto concesso al grande artista, che la fotografa con l’inseparabile polaroid. Truccata, occhi grandi e sguardo perso, quasi impaurito. Le luci e le ombre di quella foto rappresentano perfettamente la personalità e l’animo di Candy, rendendosi metafora di una vita di chiaro-scuri. Prima donna transgender a rivendicare riconoscimenti e diritti – in un mondo, quello del cinema – che spesso fa solo finta di essere all’avanguardia. Lavora a fianco di Jane Fonda, Robert De Niro, Sophia Loren, che ne ammirano il coraggio e il forte carisma. Diventa la superstar di Andy Warhol ma senza diventare mai veramente star di se stessa. Il 21 marzo 1974 muore a causa di un linfoma, senza aver compiuto trent’anni ma avendo dedicato la sua vita intera all’espressione più libera di se stessa e ai diritti della comunità LGBTQI+. Nei suoi diari, editi da Jeremiah Newton, scrive:

“Bisogna sempre essere se stessi, non importa quale sia il prezzo. È la più alta forma di etica”.

Cremata e seppellita a New York, la città che l’aveva vista alla ricerca quasi spirituale della sua identità

Criticata, idolatrata, odiata, censurata: con la sua morte viene meno un’indiscutibile pioniera, ma le sue idee e il suo desiderio di uguaglianza rimbalzano tra le generazioni degli anni ’80 e ’90, che si rendono portavoce di quella libertà di vivere e di costumi da lei portata avanti. Per questo, e per il suo talento eclettico, è in arrivo un biopic sulla sua vita scritto da Stephanie Kornick.

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Photo © PASCAL LE SEGRETAIN

A interpretare la musa di Andy Warhol sarà Hari Nef, non a caso giovane icona della comunità LGBTQI+ e prima modella transgender. Nota all’opinione pubblica dalla New York Fashion Week 2015 e resa famosa dal film Transparent, l’attrice ammette di guardare a Candy Darling come fonte di ispirazione da tutta la vita: candidata ai Sag Awards 2016 per aver interpretato una donna trans nella Berlino nazista, saprà certamente restituire al pubblico la poliedrica ed eccentrica Candy.

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