Sempre più spesso si assiste a convegni sull’inquinamento dell’ambiente causato dall’uso della plastica. Ma, nell’ascoltare professori, luminari e uomini di scienza che invitano a ridurre al minimo il ricorso a tale pericoloso materiale, sorge spontanea una domanda: siamo sicuri che quelle stesse menti illuminate abbiano letto le etichette presente sui vestiti che indossano per l’occasione? Con buona probabilità non lo avranno fatto perché si sarebbero resi conto di essere, – seppur inconsciamente – , ricoperti da piccole quantità di plastica. Un bel paradosso per chi conduce una lotta contro l’inquinamento, un paradosso difficile, tuttavia da evitare a meno che non si voglia ridurre il proprio guardaroba a pochissimi capi selezionati.
Il poliestere è la fibra più utilizzata al mondo
Pare, infatti, che l’abbigliamento contemporaneo sia realizzato prevalentemente a base di tessuti sintetici, ovvero poliestere, nylon, elastane, econyl, per citare solo alcuni dei nomi che abitualmente leggiamo sulle etichette di abiti e accessori. Protagonista indiscusso è il primo di essi, il poliestere che risulta essere oggi la fibra più utilizzata al mondo.
Dopo aver fatto il suo ingresso nel mondo della moda negli anni ’50, ha pian piano, nel corso dei decenni preso il sopravvento invadendo, silenziosamente, ogni capo. La produzione di poliestere è aumentata del 900% tra il 1980 e il 2014 e non è andata meglio neanche negli anni successivi se si pensa che, nel 2020, sono stati registrati ben 57 milioni di tonnellate di produzione della ‘temibile’ fibra sintetica.
Le altre fibre sintetiche che appaiono sulle etichette
Non sempre, però, leggere le etichette dei vestiti aiuta a ridurre l’inquinamento poiché vi sono dei brand che utilizzano nomi diversi per identificare derivati della plastica. Così, capita di imbattersi in termini sconosciuti come Spandex ed elastane, accanto ai più noti, acrilico, nylon, Lycra, poliammide, poliuretano, PVC (polivinilcloruro), PET (polietilene tereftalato). Tutti materiali da tenere alla larga se si vuol essere portavoce di una moda ecosostenibile che rispetti l’ambiente. Un’impresa tutt’altro che facile poiché, spesso, anche i capi più inaspettati contengono fibre sintetiche. Dunque, diventa davvero complesso, se non impossibile, indossare abiti totalmente plastic free.
Le parti degli indumenti in cui c’è maggiore quantità di plastica
Acerrima nemica dei mari, la plastica, si annida, talvolta, in imbottiture, tasche, fodere degli indumenti. Proprio queste ultime sono realizzate sempre più frequentemente in poliestere al fine da riprodurre la texture liscia della seta ad un costo molto più basso. Come evitare di avere simili capi nel proprio armadio? Accertandosi che sull’etichetta appaiano materiali come seta, cotone o derivati naturali della cellulosa, quali viscosa, cupro, modal, lyocell. Ma tasche e fodere non sono le uniche in cui la plastica tende a nascondersi. Tra i suoi ‘bersagli’ preferiti ci sono quei piccoli elementi strutturali, un tempo realizzati in metallo, come ganci, cerniere e bottoni, in cui oggi si riscontrano abbondanti tracce di fibre sintetiche.
Le fibre sintetiche meno tossiche
Un elenco in continua crescita che, di recente, ha accolto anche materiali meno nocivi che tentano di strizzare l’occhio all’ambiente. Tra questi si distingue l’Econyl, un nylon sintetico riciclato, composto da reti da pesca, tappeti, scarti dell’industria tessile, accanto al cui nome compare quello del NewLife, prodotto senza l’utilizzo di sostanze chimico tossiche e attraverso una lavorazione meccanica. Dunque, un’attenta lettura delle etichette consentirebbe di scoprire le grandi quantità di plastica che invadono i nostri guardaroba.
Ci sono però, situazioni in cui neanche scrutare cosa è scritto all’interno degli abiti potrà aiutare: è il caso degli abiti riciclati le cui etichette sono state staccate nel tempo o riportano informazioni sbiadite ed illeggibili. A risolvere il problema ci ha pensato un gruppo di ricercatori che hanno proposto di inserire nel tessuto stesso le informazioni sulla sua composizione. Grazie all’utilizzo di fibre che reagiscono alla luce esse saranno visibili all’occorrenza. Un’ottima intuizione per il corretto riciclo degli abiti ma anche un’arma a doppio taglio: se la plastica ha già il ‘vizio’ di intrufolarsi fra i vestiti, il suo nome rimarrebbe ora addirittura nascosto divenendo un vero e proprio nemico invisibile.